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La parola Gigafactory e il relativo progetto riferito allo stabilimento Stellantis di Termoli sono la cartina di tornasole della politica di transizione energetica nell’industria manifatturiera. Si rinviene anche nella nota sulla strategia di politica industriale in Italia, memoria scritta della Campagna Sbilanciamoci! Una iniziativa del Mimit per la realizzazione del Libro Verde. «Occorre pensare a sistemi di mobilità integrata con un impatto ambientale ridotto – sul modello dei piani di sviluppo auto-mobilità-ambiente in Germania e in Francia – e con l’obiettivo di eliminare la produzione di motori a combustione interna entro la data prevista del 2035, senza slittamenti, creando sistemi a zero congestione, oltre che a zero emissioni, nelle grandi città. Tutto ciò avendo in mente – come si è detto sopra nel paragrafo 1.2.4 – che il futuro della mobilità sostenibile appartiene all’elettrificazione del trasporto, missione chiave sulla politica industriale è chiamata a concentrare risorse e ad assicurare un quadro normativo stabile e certo. A tal fine serve il coinvolgimento di numerosi settori, la creazione di sistemi efficienti di trasporto pubblico, reti infrastrutturali coerenti con la mobilità sostenibile (a partire dall’infrastrutturazione elettrica e la costruzione di una capillare rete nazionale di distribuzione delle colonnine per la ricarica, ancora debole e mal distribuita sul territorio), un piano massiccio di investimenti da destinare alla riconversione produttiva e politiche della ricerca coerenti sul piano ambientale e sulle fonti rinnovabili, una tassazione che favorisca il consumo e la produzione di beni e servizi verdi e riveda in chiave ambientalmente favorevole i sussidi pubblici – i SAD – che danneggiano l’ambiente e che riguardano i trasporti, pari a oltre 13 miliardi di euro l’anno. Lo sviluppo della mobilità elettrica e sostenibile richiede un approccio integrato con misure che comprendono, dal lato dell’offerta, la creazione di stabilimenti di rilevanti dimensioni per la produzione di batterie elettriche (mentre ad oggi la realizzazione dell’unico impianto previsto in Italia, ovvero la Gigafactory di Termoli, è ancora in sospeso), lo sviluppo di capacità produttive e di assemblaggio di auto e furgoni elettrici in Italia (in assenza delle quali si crea solo domanda per nuove importazioni dall’estero), lo sviluppo di produzioni di autobus elettrici (ma la recente privatizzazione di Industria Italiana Autobus, con la dismissione delle quote di partecipazione statale di Leonardo e Invitalia, va esattamente nella direzione opposta) e il rinnovo del vecchio parco veicoli esistenti, il completamento della cablatura digitale del Paese. Servono al contempo politiche complementari e integrate sulla tutela del territorio, insieme a una migliore pianificazione dei centri urbani e un programma di “piccole opere” diffuse sul territorio, in particolare al Sud: investendo sulle ferrovie al servizio dei pendolari, le tramvie e le metropolitane nelle aree urbane, sulla costruzione di infrastrutture per la mobilità dolce e la realizzazione della logistica per favorire l’interscambio modale. Per il trasporto su rotaia occorre inoltre sviluppare le capacità produttive nazionali in campo ferroviario, senza limitarsi solo all’alta velocità; per il settore navale, occorre favorire la produzione di navi per il trasporto merci (le “autostrade del mare”) riducendo la dipendenza di Fincantieri dalle produzioni militari. Dal lato dell’offerta, occorre ripristinare il piano di incentivi per l’acquisto di autovetture – focalizzandolo però sui veicoli a zero emissioni e sulle flotte aziendali – che è stato azzerato dal definanziamento in Legge di Bilancio 2025-2027 del Fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti (il cosiddetto “Fondo automotive”), istituito dal governo Draghi nel 2022 con una dotazione di 8,7 miliardi fino al 2030. Al fine di favorire il rinnovo e la decarbonizzazione del parco circolante è prioritario anche il varo – sul modello di successo della sperimentazione francese – di un piano di leasing sociale rivolto ai meno abbienti per il noleggio a lungo termine, con eventuale opzione di acquisto, di un’auto elettrica tramite il versamento di una rata mensile di importo contenuto. A tal proposito, una sistematizzazione e una verifica empirica sono contenute in un recente rapporto dell’Alleanza Clima Lavoro dal titolo Un Piano per il lavoro verde e la mobilità sostenibile. Sulla base dell’utilizzo di un modello di macro-simulazione dinamica e dell’elaborazione di un’analisi di scenario per il periodo 2021-2050, il report mostra che riallocando i 13,5 miliardi di euro dei Sad per il trasporto su linee di intervento strategico consistenti con quanto sopra auspicato – promozione della mobilità elettrica con incentivi per famiglie e imprese, riduzione della mobilità privata attraverso una forte estensione del trasporto pubblico, investimento sull’infrastruttura di rete e di ricarica al fine di rendere tecnicamente possibile la transizione alla mobilità elettrica – si otterrebbe una decisa decarbonizzazione del settore trasporti e un netto miglioramento degli indicatori socio-economici chiave (dal Pilalle disuguaglianze salariali e di reddito) rispetto a uno scenario di riferimento a politiche invariate. In particolare, sul fronte della creazione di posti di lavoro “verde”, alla fine del periodo di simulazione l’aumento degli occupati corrisponde a circa 700mila unità: un incremento che non si concentra tanto sull’automotive in sé quanto sui settori dell’energia elettrica, del trasporto pubblico e a seguire, per via della dinamica dei consumi, del commercio e dei servizi. Particolarmente significativo è anche l’impatto dell’implementazione di queste misure di politica industriale sulle emissioni di gas a effetto serra, per le quali nel 2050 si stima una riduzione di circa il 70% rispetto al 2021, con una diminuzione di circa 30 milioni di tonnellate nel 2030 e di 55 milioni di tonnellate nel 2050».



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