La parabola di Gesù sulla zizzania è presente nel Vangelo di Matteo 13,24-30.
Narra di un agricoltore che aveva seminato in un campo dell’ottimo grano danneggiato di notte da un nemico con semi di loglio.
Avvertito dai servi, che al fiorire del grano avevano visto anche la pianta infestante, egli chiese loro di lasciar crescere entrambe, ma di raccogliere il grano nei granai e bruciare la zizzania legata in fastelli.
La spiegazione di Gesù è quella di salvare ciò che rappresenta il bene per l’umanità e cancellare ogni forma di male.
Ho pensato a questo racconto metaforico del Vangelo mentre riflettevo alle tante azioni umanitarie di organizzazioni internazionali che cercano di aiutare con assoluto altruismo chi è nel bisogno e ai molti propagatori di odio funzionale alla difesa degli interessi dei potenti e dei ricchi.
Le prime, che dovrebbero essere al centro dell’attenzione, sono pressoché ignorate dagli organi d’informazione mentre in maniera incomprensibile i secondi occupano sempre i titoli di apertura.
Viviamo in un mondo in cui dopo tanti secoli di storia l’umanità non riesce a eliminare la violenza come sistema di soluzione dei conflitti; anzi sta prevalendo la logica del più forte che ovviamente nega quella dei diritti.
Se riflettiamo con attenzione, le più grandi tragedie della storia sono state sempre create da personaggi o gruppi sociali davvero assai discutibili che hanno pervicacemente mirato a porsi al di là di decisioni democratiche e quindi condivise ergendosi sopra le leggi e il diritto senza tollerare limiti, vincoli e controlli al proprio potere.
Tali sistemi di assunzione del potere, definiti da alcuni “democrazie illiberali” o “postdemocrazie”, si chiamano in realtà dittature anche se esercitate all’interno di strutture apparentemente democratiche!
Non nascono sempre con colpi di Stato, ma talora si originano per volontà popolare con il voto, come è avvenuto con il fascismo e il nazismo e come accade ancora in molti Paesi dove le elezioni sono solo una farsa.
Anche oggi purtroppo ci sono forme di oligarchie o di plutocrazie che con la loro enorme disponibilità finanziaria riescono a influenzare l’opinione pubblica e a determinare indirizzi politici davvero preoccupanti che nulla hanno più in comune con la sovranità popolare.
Capi di governo, eletti con leggi elettorali molto discutibili, sono tornati sempre più a generare tra Stati e gruppi etnici contrasti funzionali alle logiche guerrafondaie di quanti non hanno certo a cuore il bene della collettività locale e mondiale, ma solo il tornaconto economico personale e il modo di incrementare la ricchezza individuale a danno di popolazioni che con i contrasti economici e le guerre pagano un prezzo umano elevatissimo.
Quando guardo gli scenari apocalittici a Gaza o in Ucraina e in tanti altri teatri di conflitti armati, cerco ovviamente d’interrogarmi sulle possibili ragioni che hanno portato a tali massacri e devastazioni.
Le trovo, certo che le trovo; tuttavia continuo a ripetermi che non sono sufficienti a giustificare pulizie etniche e genocidi così disumani!
Sicuramente abbiamo avuto quelli che hanno provato a opporsi ai tanti stermini cui stiamo assistendo, ma dobbiamo purtroppo costatare che la loro forza non è stata capace di coinvolgere le masse in un’opposizione tenace e continua alla violenza devastatrice di chi rincorre le logiche irrazionali della superiorità etnica, dell’imperialismo e dell’eliminazione anche fisica di quanti si oppongono ai principi della competizione e della disuguaglianza.
Per l’Ucraina e Gaza si erano fatti dei passi verso la possibilità di fermare i combattimenti.
Tra Hamas e Israele in particolare si era addirittura giunti al cessate il fuoco con scambi di prigionieri.
Occorreva ora in entrambi i fronti definire le condizioni di una pace vera che non poteva prescindere dal riconoscimento delle ragioni e dei diritti dei contendenti fondati sulla garanzia per i popoli ad avere un proprio Stato e a vedersi riconosciute la libertà e l’autodeterminazione.
La decisa volontà di opporsi a ogni forma d’internazionalismo pacifista, di cooperazione e di equa redistribuzione dei beni della Terra porta alcuni a seminare la zizzania nel campo di grano per riferirmi alla parabola con cui ho aperto queste riflessioni.
Ne sono prova le dichiarazioni di Trump sull’imposizione di nuovi dazi sui prodotti importati negli USA che stanno creando nervosismo nei mercati finanziari e nuove contrapposizioni pericolose negli scambi commerciali.
Assistiamo poi alle affermazioni purtroppo ancora guerrafondaie di Putin, di Netanyahu o di Trump che con interventi davvero deliranti e perciò stesso pericolosi rischiano di cancellare quel poco di luce che cominciava a scorgersi in questo orizzonte così fosco.
Il primo attraverso Dmitry Peskov, il portavoce del Cremlino, dichiara: “Il fatto che una parte significativa dell’Ucraina voglia diventare Russia, e lo abbia già fatto, è un dato di fatto”.
A ciò Trump aggiunge in un’intervista a Fox News che avrebbe chiesto a Volodymyr Zelensky “l’equivalente di 500 miliardi di dollari di terre rare dell’Ucraina in cambio degli aiuti militari messi a disposizione dagli Stati Unirti d’America”.
Lo stesso lascia aperta la possibilità che l’Ucraina “possa essere russa un giorno”.
Tra l’altro nessuno dei due fa alcun accenno ai criteri di un possibile tavolo per la pace e agli interlocutori che dovrebbero sedervi.
Sul disastro di Gaza Netanyahu e Trump in un incontro a Washington hanno messo in piedi una proposta di soluzione che è davvero fuori da ogni logica razionale del rispetto della dignità di un popolo come quello palestinese che da anni viene umiliato pressoché da tutti.
L’idea balzana di Trump che gli Stati Uniti d’America possano acquistare la striscia di Gaza per trasformarla in un resort con la sostanziale deportazione del popolo palestinese in alcuni Paesi arabi come Giordania, Arabia Saudita e Egitto sta suscitando ovunque indignazione e ha determinato una dichiarazione di Hamas per un rinvio dei nuovi rilasci di ostaggi determinato secondo l’ala militare terroristica da un venir meno di Israele agli accordi che prevedevano più convogli umanitari, più carburantima ancheduecentomila tende e sessantamila unità abitative mobili temporanee.
Israele ribalta le accuse sul braccio armato palestinese, ma intanto continua ad aprire il fuoco contro ogni palestinese che prova ad avvicinarsi alla fascia di sicurezza di un chilometro creata tra lo stato ebraico e la striscia di Gaza.
Alle posizioni di Hamas sono seguite le minacce del presidente statunitense di creare testualmente “un inferno” con nuova invasione della striscia di Gaza da parte di Israele.
Siamo davanti a casi estremi di bullismo politico che irresponsabilmente giocano con il fuoco e alimentano tensioni pericolosissime che stanno esponendo a rischi enormi non solo gli Stati Uniti d’America ma l’intera comunità internazionale.
Di fronte a queste esposizioni compiaciute di proposte politiche davvero irricevibili da parte di Trump il popolo americano credo abbia bisogno con responsabilità di assumere coscienza del fatto che il proprio presidente vada posto sotto controllo dagli altri poteri dello Stato nella sua volontà di assumere su di sé tutte le leve del potere e nell’ostentato disprezzo per il diritto.
Trump, Putin, Netanyahu come altri discutibili personaggi, sempre più prigionieri delle proprie concezioni nazionalistiche e imperialiste, dimenticano che le trattative di pace si possono fare coinvolgendo non solo i Paesi interessati ma anche l’Unione Europea e lo stesso ONU.
Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU, ha sostenuto con chiarezza che le soluzioni possibili ai conflitti aperti devono essere fedeli ai principi del diritto internazionale evitando ogni forma di pulizia etnica; preoccupa al contrario la consonanza con le posizioni di Trump di alcuni governi tra cui anche quello italiano che, a parte qualche distinguo, sono purtroppo a rimorchio del governo statunitense.
Ancora una volta nella direzione della giustizia sociale e della pace si muove papa Francesco che in una lettera ai vescovi USA critica senza riserve la politica di Trump sul fenomeno delle migrazioni ed esorta i prelati a stare sempre con i più poveri e i diseredati.
Ancora più radicale il pontefice appare in questo invito a un’operatività concreta sul piano sociale e politico quando scrive “Con carità e chiarezza siamo tutti chiamati a vivere in solidarietà e fraternità, a costruire ponti che ci avvicinino sempre di più, a evitare muri di ignominia e a imparare a dare la nostra vita come Gesù Cristo ha dato la sua per la salvezza di tutti“.
È un appello a tutti noi nel mettere da parte silenzio e indifferenza opponendoci in maniera chiara a posizioni politiche disumane per difendere i diritti di tutti ma in particolare delle persone cui essi vengono negati.
Cerchiamo allora di ricordare che nella storia dell’umanità i diritti si sono affermati solo quando i popoli hanno smesso di assuefarsi al potere per rivendicare con forza il rispetto della dignità della persona.
A questo compito, difficile ma necessario, siamo chiamati anche noi oggi.
(Umberto Berardo)
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