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L’Europa e l’Italia sono un po’ come una macchina che stenta a partire: produzione industriale in calo (Area Euro -2%, Italia -7%), competitività in picchiata e un debito pubblico che sembra una montagna da scalare senza ossigeno. In Italia il debito ha superato i 3000 miliardi di euro ed il costo per interessi si avvicina pericolosamente ai 100 miliardi di euro all’anno. Mentre paesi come la Cina corrono con il vento in poppa, noi ci ritroviamo a guardare il serbatoio quasi vuoto. Mario Draghi, l’uomo che ha salvato l’euro con un “whatever it takes”, ha consegnato un report a von der Leyen su “Il futuro della competitività europea”, in cui dice che servono 800 miliardi l’anno per far ripartire l’Europa, equivalenti a più di 100 miliardi all’anno solo per l’Italia. Peccato che il nostro Paese, con un debito pubblico così elevato, non possa certo aumentarlo per finanziare nuovi investimenti. E allora che fare? Si potrebbe introdurre un nuovo strumento di pagamento che chiameremo SIRE, acronimo di “Strumento Integrato di Risparmio Erariale”.
Che cos’è il SIRE
Immaginate una carta prepagata la cui unità di conto è il SIRE, cioè un credito d’imposta cedibile che non scade mai. La particolarità di questa carta è di funzionare altresì come un conto corrente di risparmio fiscale, per cui può essere sempre usata come strumento di pagamento, trasferendo i crediti d’imposta verso tutti, comprese le banche. Inoltre, i crediti possono essere usati per pagare/ridurre le tasse dopo due anni, quando ormai la loro circolazione avrà prodotto un gettito fiscale per lo Stato che compensa le future minori entrate. Insomma, questa carta funziona come un conto corrente bancario ma offre un interesse maggiore di quello che offrono le banche, circa il 3 per cento all’anno, e maggiori garanzie perché non è soggetto al bail-in.
Come funziona il SIRE
La prima funzione di questa carta è, dunque, la possibilità di trasferirci euro tramite bonifici, trasformati in questa nuova unità di conto, che può essere utilizzata per fare pagamenti, come qualsiasi carta di pagamento della tua Banca o delle Poste. Posso anche pagarci le tasse dopo due anni, con il vantaggio che nel frattempo l’incremento annuo determina un vero e proprio “Risparmio Erariale”. Potrebbe produrre nel corso del tempo solo un minore gettito fiscale, quando qualcuno deciderà di usarlo per pagare (o ridurre) le tasse, ma grazie al rendimento annuo previsto del 3% esentasse, molti preferiranno tenerlo come riserva di valore piuttosto che spenderlo.
C’è però un’altra possibile funzione: lo Stato, a sua volta, potrebbe utilizzare questa nuova unità di conto per finanziare la spesa pubblica e fare investimenti produttivi. Se, ad esempio, si volesse costruire un nuovo ospedale da 100 milioni di euro, oggi dovrebbe emettere nuovi BTP a 10 anni, che aumentano il debito e comportano alla fine una spesa totale di 150 milioni di euro a causa degli interessi. Mentre invece pagando con 100 milioni di Sire, non aumenta il debito e potrebbe avere solo un minore gettito fiscale dopo due anni, che però, a causa dell’incentivo del 3%, potrebbe essere minore o non arrivare mai. E c’è di più: lo Stato potrebbe usare questa unità di conto per dare un sostegno a PMI e famiglie in difficoltà, offrendo finanziamenti agevolati attraverso questo strumento Ovviamente il Sire vale solo in Italia, ma può essere sempre ceduto ad una banca per ricevere Euro validi in tutto il mondo.
Vantaggi e svantaggi del SIRE
Il credito d’imposta cedibile non è da considerarsi come debito, perché si tratta di una semplice e futura riduzione del gettito fiscale. Quando lo Stato utilizza questa nuova unità di conto, non sta aumentando il debito pubblico, ma ne trasforma una parte in SIRE, che è uno strumento di scambio che circola nell’economia reale, dando una bella spinta a consumi e investimenti. E grazie all’incremento annuo (quel 3% di tasso di interesse), il potere d’acquisto dei risparmiatori aumenta, proteggendoli dall’inflazione.
Ma non aumenta neanche il deficit, perché grazie all’incremento annuo del 3%, la probabilità che questo strumento diventi un costo per lo Stato è molto bassa, perché è più probabile che venga tesaurizzato o fatto circolare nell’economia, piuttosto che speso per ridurre le tasse. In pratica, lo Stato non ha la certezza di dover “pagare” in termini di minore gettito il Sire, quindi non deve considerarlo neanche nel calcolo del deficit quando viene emesso.
Risultato? Se ad esempio il governo creasse 100 miliardi in questa nuova unità di conto all’anno per finanziare investimenti pubblici, il debito e il deficit non aumenterebbero, ma il PIL sì. Certo, se tutti corressero a spostare i propri euro dai conti bancari su questa nuova carte di credito, le riserve delle banche presso la Banca d’Italia (quelle belle 300-400 miliardi di euro che stanno lì a prendere polvere) potrebbero esaurirsi in un batter d’occhio. È sufficiente tuttavia mettere un tetto ai trasferimenti, ad esempio 10mila euro a testa, per evitare che il sistema bancario vada in tilt. E c’è di più: le banche potrebbero gestire tali nuovo conti, come fossero conti titoli. Così, oltre a fidelizzare i clienti, si intascano commissioni e provvigioni, trasformando un potenziale problema in un’opportunità. Le banche guadagnano, i risparmiatori sono contenti e il sistema resta in equilibrio. Perché non provare?
Paolo Becchi e Fabio Conditi, 16 febbraio 2025
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