Nuovo Giornale Nazionale – IL COSTO UMANO DEI CONFLITTI

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di Cosimo Risi

               Il primo mese alla Casa Bianca è un turbinio di dichiarazioni ansiogene. Un punto le riscatta dal frastuono reboante: l’accento sul costo umano dei conflitti. Della telefonata con Vladimir Putin, Donald Trump riferisce che ambedue sono d’accordo nel porre fine al massacro.

               Quali siano i numeri è difficile da quantificare. Ucraina e Russia li tacciono per non spaventare ulteriormente le opinioni pubbliche e non scoraggiare i coscritti dall’indossare le uniformi. Le diserzioni aumentano mentre scarseggiano le risorse. Trump parla di un milione di vittime far caduti e feriti nei due paesi, per non parlare dei terzi come i nordcoreani che si sono subito ritirati dal fronte.

               In Medio Oriente le cifre sono più precise. Il Ministero della Sanità di Gaza indica circa 50.000 caduti, fra cui molti delle fasce deboli della popolazione. In Israele i caduti sarebbero alcune migliaia, per non contare le salme degli ostaggi ed il racconto di quelli che sono stati rilasciati.

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               Da tre anni a questa parte in Europa e da un anno e mezzo in Medio Oriente, la considerazione generale è volta alla geopolitica, questa algida disciplina poco attenta al fattore umano. Sul terreno non si gioca al risiko, si versano lacrime e sangue, per citare l’apologo di Sir Winston Churchill.

               Trump prende in mano la situazione per trattarla alla sua maniera: da uomo d’affari, aduso a scambiare immobili più che intessere trattative diplomatiche. L’approccio è mercantile. Nessuna considerazione per le organizzazioni internazionali né per i profili giuridici, ma solo per i rapporti di forza. Trattare con un tuo pari e fargli pesare la tua determinazione ad usarla in caso di necessità, gli amici e gli alleati si adeguino.

               Agli Ucraini egli chiede la concessione delle terre rare in cambio dei finanziamenti versati e da versare. Kiev pensava forse che si trattassero di doni a tutela delle libertà occidentali minacciate dall’autocrazia orientale. Niente affatto, era un prestito che la controparte deve onorare: non disponendo di fondi, può cedere i beni di famiglia. Una sorta di baratto. Analogo è l’atteggiamento verso Gaza. I Palestinesi vanno trasferiti, altrove troveranno condizioni migliori, la Striscia va affidata agli Americani e ricostruita a carico dell’Arabia Saudita. Al Principe Mohammed bin Salman si riconosce la statura di leader mondiale: il Regno ospiterà il primo faccia a faccia fra Trump e Putin, l’incontro dell’anno.

              Sulla stessa lunghezza d’onda è la parte russa. Tenere i pezzi di territorio ucraino conquistati sul campo, della Crimea l’integrazione alla madre patria originaria, rinviare sine die l’adesione dell’Ucraina alla NATO, installare a Kiev un governo amico, in prospettiva smilitarizzare il paese perché non abbia i mezzi per difendersi in caso di nuovi attacchi. Quest’ultimo è il punto su più difficilmente gli USA potranno acconsentire, si metterebbe in discussione l’intera architettura europea.

               Siamo alle battute iniziali di una trattativa, probabilmente lunga e irta di ostacoli. Le dichiarazioni di apertura valgono in buona misura per il pubblico: offrire di sé l’immagine dei pacificatori. Dovrebbero essere infondati i timori di una nuova Monaco, dove gli occidentali ed in particolare il Regno Unito accondiscesero alle pretese del Terzo Reich.

              Nel corso del triennio, Londra si è profilata da alfiere delle ragioni ucraine, diffondendo a suffragio le notizie circa la precarietà del potere moscovita. Al pari delle altre capitali europee, deve ora sintonizzarsi sul nuovo pensiero di Washington. La retromarcia imbarazza.

               Immanuel Kant è l’autore delle Critiche, il filosofo di Koenisberg dovrebbe insegnare agli Europei l’esigenza di selezionare le notizie e secernere gli atteggiamenti consoni ai loro interessi. La Russia è parte d’Europa e va tenuta agganciata al nostro carro perché non scivoli verso l’Asia. Verso la Cina che gli USA considerano il vero rivale strategico. Riacciuffare Mosca, addirittura invitandola al G7, significa allontanarla da Pechino e introdurre una nota critica in seno ai BRICS.

               L’Unione rileva che non può esservi pace senza l’Ucraina e senza gli Europei, specie se questi dovranno farsi carico del grosso del contingente di interposizione. Non può prescindere dalla riflessione autocritica: il lasciarsi trainare dagli altri, anche se questi perseguono strategie cui siamo chiamati a contribuire in posizione ancillare. Mancare dell’autonomia intellettuale prima ancora dell’autonomia strategica.

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