“Alexei Navalny ha dato la sua vita per una Russia libera e democratica”, ha dichiarato l’Alta rappresentante del’Unione europea per gli Affari esteri Kaja Kallas in occasione dell’anniversario della sua morte
La notizia giungeva un anno fa in uno scarno comunicato del servizio penitenziario russo: Il leader dell’opposizione Alexei Navalny era morto in una colonia penale del Circolo polare artico dove stava scontando una condanna. Aveva 47 anni. Da allora, l’opposizione russa ha faticato a trovare il proprio spazio contro il presidente Vladimir Putin. Posta fuori legge in patria e operante dall’esilio all’estero, non è riuscita a formare un fronte unito e un chiaro piano d’azione contro il Cremlino. Al contrario, i gruppi rivali si sono scambiati accuse che alcuni vedono come sforzi per screditarsi a vicenda e contendersi la leadership dell’opposizione.
I leader europei accusano la Russia per la morte di Navalny
Domenica, l’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri Kaja Kallas ha ricordato che “Alexei Navalny ha dato la sua vita per una Russia libera e democratica. “Oggi i suoi avvocati restano ingiustamente in carcere, insieme a centinaia di prigionieri politici. La Russia deve rilasciare immediatamente e senza condizioni i legali di Navalny e tutti i prigionieri politici”.
“Dal 2020 – ha aggiunto Kallas – l’Ue ha imposto sanzioni contro i responsabili dell’avvelenamento di Navalny, del suo arresto arbitrario, dell’ingiusto processo a cui è stato sottoposto e della condanna motivata politicamente. L’Europa invita la Russia a porre fine alla brutale repressione della società civile, dei media e dei membri dell’opposizione e a rispettare il diritto internazionale”.
Il cancelliere tedesco Olaf Scolz ha scritto allo stesso modo su X che Navalny è morto “perché ha combattuto per la libertà e la democrazia in Russia”.
La morte di Navalny è stata un colpo alla speranza
La morte di Navalny è stata “un punto di non ritorno” e ha lasciato un vuoto impossibile da colmare, ha dichiarato Oleg Ivanov, un sostenitore dell’attivista che ha lasciato la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022 e oggi vive a Los Angeles. “Alexei era l’unica speranza che la Russia avesse, almeno potenzialmente e ipoteticamente, un leader che potesse unire tutte le persone disposte a cambiare qualcosa nel nostro Paese, nelle nostre vite”, ha aggiunto in un’intervista concessa all’Associated Press.
Ivanov, che si è unito alle proteste che esplosero in Russia nel 2017, ha spiegato poi che dopo la morte di Navalny “temo che non sia rimasto nessuno che possa in qualche modo resistere” di fronte al Cremlino. Navalny è il secondo leader dell’opposizione la cui morte improvvisa ha sconvolto la Russia e il mondo. Nel febbraio 2015, l’importante politico Boris Nemtsov era stato ucciso con un colpo di pistola su un ponte vicino al Cremlino, pochi giorni prima di una manifestazione contro Putin che lui stesso, Navalny e altri avevano organizzato.
Milioni di persone avevano visto i suoi video contro la corruzione
La visione di Navalny di una “bella Russia del futuro”, in cui i leader fossero eletti liberamente e in modo imparziale, la corruzione sia soffocata e le istituzioni democratiche funzionino, gli è valsa un ampio sostegno nel proprio vasto Paese. Il suo carisma e il suo umorismo hanno attirato al suo fianco molti giovani attivisti – una squadra che assomigliava a “una startup di lusso” piuttosto che a un’operazione rivoluzionaria clandestina, secondo il suo libro di memorie, “Patriot”, pubblicato postumo, otto mesi dopo la sua morte.
Insieme, hanno creato video professionali che denunciavano la corruzione dei funzionari governativi. Milioni di persone li hanno visti su YouTube e decine di migliaia hanno partecipato alle manifestazioni, anche se le autorità hanno imposto un giro di vite sul dissenso.
Attaccato con un colorante, poi avvelenato
Poiché Navalny aspirava a una carica pubblica, le autorità hanno risposto con molteplici accuse penali contro di lui, i suoi alleati e persino i suoi parenti. Incarcerato regolarmente, è stato attaccato fisicamente dai sostenitori del Cremlino, uno dei quali gli ha gettato in faccia del colorante verde che gli è quasi costato la vista da un occhio.
Nel 2013 è arrivato secondo nella corsa a sindaco di Mosca, tra accuse di brogli elettorali. Nel 2017 aveva annunciato l’intenzione di candidarsi alla presidenza e ha creato una rete capillare di uffici regionali in tutto il Paese, reclutando attivisti locali. Quando alla fine gli fu impedito di candidarsi, mantenne aperti quegli uffici, estendendo il suo raggio d’azione agli undici fusi orari della Russia.
Nel 2020, Navalny è stato avvelenato con un agente nervino: un gesto che l’attivista ha attribuito al Cremlino, il quale ha però sempre negato il proprio coinvolgimento. La sua famiglia e i suoi alleati si sono battuti affinché fosse trasportato in Germania per le cure e il recupero. Cinque mesi dopo è tornato in Russia, dove è stato immediatamente arrestato e imprigionato per gli ultimi tre anni della sua vita.
Ma anche dietro le sbarre, in condizioni incredibilmente dure di costante pressione e sorveglianza, Navalny ha trovato il modo di trasmettere messaggi. I suoi popolari account sui social media venivano regolarmente aggiornati con vignette sarcastiche sulla vita in prigione e dichiarazioni politiche.
Morte attribuita a cause naturali, ma per i sostenitori è stato ucciso
Le autorità hanno attribuito la morte di Navalny, annunciata il 16 febbraio 2024, a cause naturali: un improvviso aumento della pressione sanguigna e malattie croniche. La sua famiglia e i suoi alleati rifiutano questa ipotesi e insistono sul fatto che sia stato ucciso su ordine del Cremlino – accuse che i funzionari di quest’ultimo negano.
Decine di migliaia di persone hanno partecipato ai suoi funerali a Mosca il 1 marzo, in una rara dimostrazione di sfida in un Paese in cui qualsiasi manifestazione di piazza o anche singoli picchetti spesso comportano l’arresto immediato. Per giorni, la gente ha poi portato fiori sulla sua tomba.
L’alleato di lunga data Vladimir Ashurkov ha descritto Navalny come “una figura politica che ha sostanzialmente plasmato una generazione di russi negli ultimi 15 anni. Mentre era vivo, anche dalla prigione, alzava la voce contro la guerra e contro la tirannia di Putin”.
I nemici di Putin in esilio affrontano “tempi bui”
La sua vedova, Yulia Navalnaya, ha giurato di voler continuare la sua lotta. Ha registrato regolarmente discorsi video dei suoi sostenitori e ha incontrato leader occidentali e alti funzionari, sostenendo i russi che si oppongono a Putin e alla sua guerra in Ucraina. La Fondazione anticorruzione di Navalny continua a denunciare misfatti con video accattivanti e organizza occasionalmente proteste all’estero, condannando Putin e la guerra in Ucraina.
Ad agosto, un importante scambio di prigionieri tra Est e Ovest ha permesso la liberazione di altri dissidenti chiave come Ilya Yashin e Vladimir Kara-Murza, con la promessa di rinvigorire il movimento di opposizione, che è stato scardinato dalla morte di Navalny. Finora, però, non sono andati oltre alcuni incontri con i funzionari occidentali e sostenitori in esilio, o qualche comizio: azioni che difficilmente potranno intaccare lo sforzo bellico di Putin e la sua crescente repressione che travolge i dissidenti rimasti e i russi comuni.
Ashurkov descrive la situazione in Russia e Ucraina come caratterizzata da “tempi bui e difficili”. Ma ricorda che Navalny ha attraversato molte difficoltà e grandi pressioni nella sua vita: “La linea indicata a tutti è di non stare fermi, di fare qualcosa per cambiare la situazione e essere pronti al cambiamento”.
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