«Stavolta il prezzo è troppo alto». A Taiwan lo dicono in tanti: televisioni, media, esperti e ingegneri dei grandi produttori di chip. C’è chi quasi lo grida, chi invece lo mormora. Le pressioni in arrivo dagli Stati uniti sull’industria più strategica dell’isola preoccupano praticamente tutti. Sia l’opposizione dialogante con la Cina continentale, sia il governo che Pechino definisce “secessionista”.
Donald Trump ha minacciato dazi fino al 100% per cento sui semiconduttori fabbricati a Taiwan. «Ci hanno rubato il nostro business», ha ripetuto più volte il presidente americano, l’ultima volta pochi giorni fa. Taipei detiene oltre il 60% dello share globale del comparto di fabbricazione e assemblaggio. Non grazie a un furto, ma dopo decenni di sviluppo basato sulla produzione di chip per conto terzi in un sistema integrato che continua a perfezionarsi. Un modello ideato a suo tempo da Morris Chang, fondatore della Tsmc, a cui tutti i giganti della Silicon Valley hanno esternalizzato il comparto confortati dal fatto che non sia un concorrente visto che non fabbrica prodotti finiti. La posizione dominante è ancora più evidente a livello qualitativo, visto che il colosso di Hsinchu è insieme alla sudcoreana Samsung l’unica in grado a fabbricare chip inferiori ai 7 nanometri, quelli più avanzati.
Già da tempo, Washington sta cercando di cooptare la produzione targata Tsmc, tanto da far dire allo stesso Chang che «la globalizzazione sta per morire». Il primo colpo lo diede Trump nel 2020, impedendo l’export di chip a Huawei e annunciando la costruzione del primo impianto di Tsmc in Arizona. Con Joe Biden sono arrivate ulteriori strette alle catene di approvvigionamento “democratiche” e il progetto di due ulteriori fabbriche in Arizona, per un investimento totale da 65 miliardi di dollari. Il tutto nonostante a Taipei non siano convinti della redditività di un’operazione che ha già accumulato forti ritardi e che appare una chiara mossa politica, per conservare l’interesse del primo garante della sicurezza dell’isola.
Uno schema che a Trump non basta. Minacciare dazi salatissimi significa costringere Tsmc a portare la produzione più avanzata negli Usa. Non solo. L’obiettivo è quello di forzare una joint venture con Intel, con Tsmc che potrebbe inviare ingegneri negli impianti di produzione di wafer per sostenere e supervisionare la produzione di chip a 2 e 3 nanometri. In sostanza un trasferimento tecnologico, e della tecnologia più importante per l’economia e la sicurezza di Taiwan, visto il peso notevole dei chip sul pil ma anche nell’efficacia del cosiddetto “scudo di silicio” che contribuirebbe in qualche modo alla difesa dell’isola. I più pessimisti pensano che Washington stia cercando di portarsi in casa pezzi più grandi possibile dell’industria dei chip taiwanese per poterne poi fare a meno. Vari commenti ed editoriali sostengono che i possibili dazi isoleranno gli Usa, con un tono critico che si trova raramente sui media vicini al governo.
Il presidente Lai Ching-te ha presieduto un vertice di sicurezza nazionale, dicendo di essere disposto a cooperare con gli Usa «per sviluppare catene di fornitura di semiconduttori più resistenti e diversificate». Per l’opposizione si tratta di una posizione troppo morbida. Non a caso, ieri un alto funzionario ha dichiarato ai media che l’esecutivo «si assicurerà che le operazioni delle aziende taiwanesi negli Usa rispetteranno gli interessi di entrambe le parti». Allo stesso tempo, è stata inviata a Washington una delegazione guidata dalla viceministra dell’economia Cynthia Kiang, allo scopo di evitare i dazi. Lai ha inoltre annunciato l’innalzamento delle spese militari al 3% del pil e prepara l’acquisto di un ampio pacchetto di armi, per provare a ingraziarsi l’amministrazione Trump.
Ma a Taipei la preoccupazione sulle mosse della Casa bianca si sta intensificando, dopo il congelamento degli aiuti esteri e le minacce su Groenlandia, Panama e Gaza. Tutte prese di posizione che, ponendo in modo esplicito gli interessi di una grande potenza sopra quelli di vicini e partner, sembrano implicitamente giustificare le rivendicazioni di Xi Jinping su Taiwan.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link