“La sinistra lo ha tradito”

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“Lo hanno definito un profeta, ma la sua capacità di leggere il futuro era quella di predire il presente. Nella società di oggi avverto un dolore civico profondo, nessuno si sente più parte di niente. Pier Paolo invece diede agli altri tutto se stesso”

Pier Paolo Pasolini, l’uomo di cui tutti parlano o, meglio, di cui tutti si sentono un po’ in grado di parlare, pur non conoscendolo affatto, talvolta pur non amandolo affatto, benché Pasolini andrebbe amato, più di ogni altra cosa. Pier Paolo Pasolini, profeta, intellettuale, regista, scrittore, poeta, uomo, lasciato solo, consapevole del suo dolore e della sua solitudine, fino alla morte. Di questo è pieno P.P.P. Profezia è Predire il Presente, il nuovo album di Massimo Zamboni (compositore, scrittore, chitarre e voce CCCP, CSI) uscito il 31 gennaio per le Vele-Egea Records. Formato CD, non proprio un album, forse un libro musicale con una serie di capitoli, che ripercorre la vita dell’intellettuale.

“Profezia è predire il presente”…partiamo dal titolo.
Mi sono aggrappato a questo titolo come primo segnale per poter affrontare il corpo delle opere e del pensiero di Pasolini che è sconfinato, veramente da perdersi. Per cui ho pensato a questo acronimo in modo da poter dare uno svolgimento a questo tema, che dal mio punto di vista era molto impegnativo. Profezia perché Pasolini, ovviamente non sono il primo a dirlo, ha questo capacità profetica di investigare il suo tempo e la cosa che colpisce molto è come questa profezia venga applicata al tempo presente. Non è la profezia di un futuro che sta arrivando ma è la profezia di un tempo che è e che pochi sono stati in grado di vedere, direi quasi nessuno, abbagliati dalla fine della guerra, abbagliati dalla modernità, abbagliati dall’emancipazione, abbagliati dalle lotte anche, abbagliati da un progresso che sembrava portare il mondo verso direzioni molto diverse da quelle che ha preso. Non c’è stata una divinazione in questo, non c’è stato uno scrutare le viscere degli animali o degli uccelli, semplicemente una grande intelligenza, una grande cultura, una grande curiosità e la voglia di essere dentro al mondo, nelle sue pieghe, in tutte le sue pieghe, diciamo che le pieghe intellettuali sono state le più marginali. Più di tutto ha contato la sua voglia di entrare nei vicoli, negli angoli, nell’oscurità e portarli alla vita.

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Intellettuale a 360 gradi ma c’è sempre difficoltà nell’affrontare Pasolini, anche in politica. Come mai?
Credo che Pasolini sia rimasto inviso alla sinistra, inviso alla destra, inviso al centro e allo stesso tempo ognuna di queste tre parti ha cercato di accaparrarselo, però tenendolo distante, in qualche modo, perché in Pasolini, se vogliamo essere puntigliosi, ci sono elementi che possono accontentare ognuna di queste parti ma in grande e in stragrande maggioranza ci sono elementi che disturbano tutto e tutti, perché Pier Paolo non ha avuto pace, non ha avuto tregua, e ha insegnato a tutti quello che nessuno vuole applicare, cioè l’idea del sacrificio di se stessi, lo spendersi, il consumarsi, quello che colpisce di Pasolini è l’offerta, cioè l’offrire se stesso. Questa è stata una cosa che pochissimi intellettuali sono disponibili a fare, oggi meno che mai sicuramente. Nessun politico è in grado di questo, mi viene in mente Berlinguer se vogliamo, come statura, questo suo spendersi fino alla fine, fino a morire sul palco di un comizio. Ma chi oggi sente di poter offrire sé stesso, non solo intellettualmente, ma anche il proprio corpo, fisico, cioè, morire fisicamente per un Paese come l’Italia? Questo è un segnale di una sconfitta assoluta, totale, perché pochissimi sentono che questo Paese merita qualcosa che assomigli anche solo lontanamente a quello che ha compiuto Pasolini e questo è un atto altamente, fortemente politico. Nessuno pensa che questo paese meriti un sacrificio, nessuno, perché è un paese che non dà nessuna soddisfazione ai suoi cittadini, non dà nessuna soddisfazione all’idea di cittadinanza, di partecipazione o di contare qualcosa. Io come tantissimi sento tutta l’inutilità del mio dire, del mio essere, sento l’inutilità di questo album che non mi dà nessuna possibilità di uscire, ma questa non è una recriminazione, è solamente una presa di coscienza e anche questa è fortemente politica.

Sì, ma come siamo arrivati a questo punto, anche nel suo campo, cultura, musica, se arrivi a parlare di un album inutile?
Ci siamo arrivati per tanti piccoli gradini successivi, per una forte determinazione a livello generale per cui c’è un’industria che pesantemente impone il proprio dire, le proprie volontà. Faccio un esempio sciocco: se non ci sono più i lettori cd, come puoi tu produrre un cd (come ho fatto io con questo). Se tutti possono masterizzare in un attimo la tua musica dopo che è stata pubblicata, il tuo lavoro è svilito, nessuna categoria accetterebbe una cosa del genere tranne i musicisti che non hanno difese. Ma questa non è una recriminazione corporativa, purtroppo è proprio una presa d’atto. Ci siamo arrivati e ci siamo arrivati anche perché ci siamo crogiolati nella nostra idea di cultura. Frequentandoci tra simili non ci siamo accorti che quella che noi chiamavamo egemonia culturale, in realtà era un’idea che non aveva fondamento, perché in realtà la vera egemonia culturale, che c’è sempre stata dal dopoguerra in avanti è anglosassone o americana nella stragrande maggioranza. È stata la politica culturale americana che ha cancellato ogni possibilità di sviluppo culturale in Italia. Noi pensavamo che i nostri grandi intellettuali in Italia, e lo dico con molto rispetto, come Pasolini, Fenoglio, Pavese, Calvino, potessero dare le linee guida culturali a questo paese, ma in realtà non ci accorgevamo che eravamo pesantemente sconfitti. Quando si parla di cinema in Italia si parla del cinema in bianco e nero, si parla del neorealismo, o si parla di Fellini quando va bene, quando si parla di musica di che cosa parliamo? Che cos’è la musica oggi? Quanti possono permettersi di farla? Io lo faccio per ostinazione mia personale, perché è quello che serve alla mia vita. Ma quanti possono permettersi di scrivere delle parole come quelle contenute in questo mio album, e non perché siano meravigliose, ma perché sono inaffrontabili? Non c’è un solo luogo dove tu possa ascoltarlo che non sia un teatro. magari mai per radio, ma per televisione e solo per pochi giornali sensibili.

Quando si parla di dolore civico profondo che senso ha?
Beh, credo che abbia un significato molto importante. Ho un mestiere privilegiato che mi porta in giro in luoghi che io ritengo migliori in Italia, come gruppi, associazioni, locali, dove ci sono ancora persone che si spendono, che cercano di usare l’intelligenza che dedicano tempo alla cultura o al mantenimento dei territori grandi o piccoli che siano. In ognuno avverto questo dolore civico profondo, cioè la coscienza dell’impossibilità di essere un tassello di qualcosa di più grande, la mancanza di idea di collettività. C’è una frammentazione così forte, così feroce, quello che faccio basta a me e a una cerchia piccolissima di persone, ed è un peccato perché è uno spreco. Io sono un contadino, parte della mia giornata è dedicata alla terra, e un contadino non accetta l’idea dello spreco, ma qualsiasi cittadino non dovrebbe accettare l’idea dello spreco.

Tutti citano Pasolini (anche negli ambienti di sinistra) perché va citato…
Penso anche io che sia così. Ma ci sono anche persone che lo conoscono e se lo tengono per sé, non fa parte della cultura ufficiale. È difficile consumarlo, qua si mastica tutto, si consuma tutto, ma Pasolini si fa fatica a consumarlo e masticarlo. Al di là di leggerlo e studiarlo bisognerebbe amarlo, perché è stato una persona straordinaria, e l’ha fatto in nome non suo ma nel nome della collettività. Bisognerebbe accostarsi a lui con questo sentimento, e questo ce lo farebbe vedere in una luce molto diversa.

La solitudine di Pasolini, in quel suo sguardo malinconico…
Leggiamo le sue ultime parole, in quella sua intervista con Furio Colombo (tra l’altro scomparso da poco) dove Pasolini dice “siamo tutti in pericolo”. Come poteva non avere quell’espressione, quel volto scavato, era una faccia antica, oggi non trovi quei volti lì. Oggi i volti sono tutti curati, tutti sanno usare un microfono, tutti sanno stare di fronte a una telecamera ma sono solo pose, non c’è contenuto, non c’è niente di più una visione superiore del nostro essere uomini in un mondo che non è solo degli uomini. Noi siamo circondati dai mezzi di comunicazione che determinano chi può parlare e chi non può.

Però ad un certo punto ci si stanca nel lottare sempre…
Ad un certo prendi coscienza del fatto del tuo isolamento, che tra l’altro è una categoria che difendo, quella dell’isolamento, mi sembra l’unica difesa possibile per la nostra intelligenza e anche questo ha dei connotati da sconfitta. Però Pasolini è stato capace di accettare questo suo isolamento, descrivendolo con tinte scurissime, lui parlava di terrore continuamente, sentiva tutta l’oppressione del suo isolamento; eppure, non ha esitato a farne uso.

Ma non tutti siamo Pasolini e alla fine accettare l’isolamento ti porta anche a scegliere di lasciare il proprio paese…
C’è una canzone in questo album che si chiama –Ora e ancora– che mette sul piatto la possibilità di andarsene e d’altra parte anche l’impossibilità di farlo, perché questo è il nostro paese, questa è la mia lingua, io voglio stare qua, non voglio neanche uscire da Reggio Emilia, posso fare le vacanze, posso fare dei viaggi, ma io voglio stare qua, perché questa è la vita, tutto il resto è una costrizione in un qualche modo. -qualcuno mi ha mandato via- quello è che penserei se io dovessi espatriare.

Nell’album sono presenti due omaggi a Giovanna Marini
Figura importantissima come Pasolini, come Berlinguer. Anche lei ci ha lasciati da poco. Giovanna ha scritto una canzone bellissima sulla scomparsa di Pasolini, erano molto amici, e io ho ascoltato questa canzone innumerevoli volte, a partire dai 17 anni in avanti e non avrei mai pensato di poterla fare mia in qualche modo, per cui è stata una sorpresa anche per me, anche per me ci voleva proprio questo album per regalarmi questa possibilità.

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Cosa ti aspetti da questo album?
Quando esce un album, ti sembra che il mondo intorno a te cambi, la tua vita cambi, che debbano accadere chissà quali cose, poi l’esperienza mi dice che in realtà non succede mai niente, perché io so che album ho fatto e un formato cd che già nessuno sa dove ascoltarlo e questa è una prima e paradossale impossibilità e poi è musica che non è leggera, anzi non sono proprio sicuro che siano canzoni, li vedo come capitoli di un libro, si comincia in maniera non troppo leggera ma si finisce in maniera pesantissima con il canto dell’isolamento, con una canzone che si intitola Tu muori. Non c’è niente, di più nero, di più impossibile da rappresentare. Eppure, questo è quello che volevo fare, perché volevo portare alla luce, la scomparsa consapevole di questa persona.

Se è inutile perché lo fai?
Perché per me è utilissimo, mi mette alla prova intellettualmente, mi ha fatto conoscere il pensiero di Pasolini molto più profondamente, mi ha lasciato scrivere testi e comporre canzoni, mi mette in un corto circuito di pensiero in cui io amo essere e anche se probabilmente è assolutamente completamente inutile come album è la parte migliore di me, è tutto quello che io posso dare al mondo di me, e ne sono completamente soddisfatto, e in un qualche modo mi aiuta.

A livello politico oggi, Pasolini con la sinistra c’entra ancora qualcosa o non c’entra niente?
Temo di no. Come può interessarlo il balletto attuale?! Addirittura, la politica ha preso il nome dei propri rappresentanti, i partiti si chiamano tutti con il nome di chi li comanda, sono delle aziende, la politica si fa in base ai sondaggi. Poi c’è questo divario insopportabile dei super ricchi che senza fare niente diventeranno ancora più ricchi e tutti gli altri che stanno precipitando. Come può la sinistra non parlare di questo? Eppure, non lo fa e non c’è difesa del cittadino. Io mi aspetterei da parte di uno Stato di destra o di sinistra non saprei dirlo, però mi aspetterei la possibilità di essere difeso dallo strapotere delle multinazionali, dalle compagnie elettriche, dalle compagnie telefoniche…c’è questa farsa ridicola di sentirsi Stato Sovrano quando la nostra sovranità è decisa fuori dall’Italia. Come ci si può rapportare a questo? Bisognerebbe farlo, urlando, ma nessuno lo fa.

Se pensiamo a tematiche come la guerra, i migranti…
Centomila posizioni, molto sovrapposte, ma poi rientra tutto in questo grande spettacolo.

Secondo te c’è questo pericolo del fascismo e l’avanzamento delle destre estreme in tutta Europa?
Lo vedo sempre, il fascismo avanza dal 1945 in avanti, non è scomparso. Solo il nostro paraocchio di benessere e di persone per bene che non ce lo fa vedere. Di fascisti è pieno il Sud America, sono scappati tutti là, poi si organizzano e tornano in Europa a fare quello che devono. La nostra vita è stata scandita dal fascismo sempre, se ci penso in tutta la mia adolescenza, nella mia vita matura Pasolini descrive nel 1954 descrive in una poesia, un comizio a cui assiste a Roma del partito fascista e non ci può credere, non può credere che esista una cosa del genere. Eppure, esiste, è sempre esistito da sempre. Le prefetture subito dopo la guerra sono state riempite dai riciclati al comando, che hanno tolto una camicia e ne hanno indossata un’altra ma sotto hanno mantenuto quella vecchia. Genova 2001 è stata un’altra dimostrazione, Reggio Emilia nel 1960, dove sono morti cinque operai, erano partigiani e neanche i tedeschi erano riusciti ad ucciderli durante la guerra, hanno dovuto aspettare la democrazia cristiana. Se uno vuole tracciare una linea, la linea è evidentissima. Adesso hanno molta meno paura a mostrarsi perché sono ancora più protetti ma in fin dei conti si erano sempre mostrati in tante altre modalità.



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