Intelligenza artificiale e diritto tributario

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Considerazioni sul rapporto che intercorre tra diritto tributario e intelligenza artificiale: dalle metodologie di funzionamento degli algoritmi illustrate dall’Agenzia delle Entrate alle applicazioni previste dalla legge delega sulla riforma fiscale

Il Documento dell’Agenzia delle Entrate del 19.05.2023 ha illustrato la metodologia di funzionamento degli algoritmi utilizzati per analizzare il rischio evasione.

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L’analisi del rischio comprende tecniche, procedure e strumenti informatici combinati per individuare i contribuenti con elevato rischio fiscale.

Una volta individuate, le posizioni “rischiose” vengono trasmesse agli uffici operativi, che effettuano ulteriori approfondimenti e valutazioni e individuano i soggetti nei cui confronti viene poi effettivamente avviata l’attività istruttoria.

Nella fase di individuazione delle posizioni di rischio, peraltro, i dati personali dei contribuenti vengono pseudonimizzati, cioè sostituiti con codici fittizi, e soltanto in presenza del rischio fiscale avviene poi l’associamento alla singola posizione.

Intelligenza artificiale e diritto tributario: cosa prevede la legge delega sulla riforma fiscale?

Al di là del tipo di approccio utilizzato per l’analisi del rischio (deterministico, probabilistico o statistico), quello su cui preme appuntare l’attenzione è il rapporto di sistema tra lo strumento intelligenza artificiale e il diritto tributario (e in particolare i principi costituzionali a cui tale diritto si deve conformare), laddove, lavorando su dati probabilistici, potrebbe essere per esempio anche rappresentata una capacità contributiva non aderente poi a quella reale.

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale in senso accertativo è del resto stato preso in considerazione anche nella legge delega sulla Riforma fiscale, con la previsione di utilizzo di tecnologie digitali, anche supportate dall’intelligenza artificiale, al fine di ottenere, attraverso la piena interoperabilità tra le banche dati, la disponibilità delle informazioni rilevanti e garantirne il tempestivo utilizzo al fine di individuare l’attività di controllo nei confronti di soggetti a più alto rischio fiscale.

Il tema è dunque come gestire tale “potenza di fuoco”, laddove, ad esempio, il Consiglio di Stato, con la Sentenza 2270/2019, ha affermato che:

“il meccanismo attraverso il quale si concretizza la decisione robotizzata (ovvero l’algoritmo) deve essere “conoscibile”, secondo una declinazione rafforzata del principio di trasparenza, che implica anche quello della piena conoscibilità di una regola espressa in un linguaggio differente da quello giuridico. Tale conoscibilità dell’algoritmo deve essere garantita in tutti gli aspetti: dai suoi autori al procedimento usato per la sua elaborazione, al meccanismo di decisione, comprensivo delle priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti. Ciò al fine di poter verificare che gli esiti del procedimento robotizzato siano conformi alle prescrizioni e alle finalità stabilite dalla legge o dalla stessa amministrazione a monte di tale procedimento e affinché siano chiare – e conseguentemente sindacabili – le modalità e le regole in base alle quali esso è stato impostato”.

Come detto, la selezione adottata tramite processi di machine learning e utilizzo dell’intelligenza artificiale opera come fonte di innesco (potenziale) del controllo, laddove, come anche recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, il diritto del contribuente all’accesso alle informazioni sottostanti l’emissione dell’atto impugnato riguarda solo quelle che possano essere effettivamente utili alla sua difesa. Il rispetto del diritto di difesa non costituisce peraltro una prerogativa assoluta, ma può essere assoggettato a restrizioni, in particolare in ambito tributario, ove occorra tutelare ulteriori interessi, come la vita privata di terzi e la stessa efficacia dell’azione repressiva (cfr., Cass., n. 34044/2023).

Non dimentichiamo, del resto, che, in realtà, anche una segnalazione anonima potrebbe essere in teoria spunto di pianificazione accertativa; anche se è chiaro che, al fine di rappresentare idoneo indizio comprovante l’evasione, dovrebbe poi trovare riscontro in altri mezzi probatori.

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Si ricorda del resto che, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del Dpr. n. 600/1973, l’Amministrazione Finanziaria può effettuare rettifiche del reddito sulla base dei dati e delle notizie “comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio”, con facoltà anche di avvalersi di presunzioni anche non qualificate.

In ogni caso, anche volendo considerare la selezione da intelligenza artificiale come una qualsiasi fonte di innesco, la ricostruzione del rapporto tra intelligenza artificiale e controllo fiscale deve necessariamente passare attraverso un chiarimento del ruolo che l’intelligenza artificiale può avere nel nostro ordinamento tributario.

In tal senso la legge delega declinava quindi l’uso dell’intelligenza artificiale in tre ambiti di applicazione:

  • la prevenzione e il contrasto dell’evasione fiscale;
  • l’impiego dell’intelligenza artificiale nei procedimenti di interpello per i contribuenti di dimensioni minori (cosiddetta consultazione semplificata);
  • l’identificazione dei soggetti a più alto rischio fiscale.

La legge delega, peraltro, non rappresenta in tal senso una novità assoluta, laddove già l’articolo 1, comma 683, della legge n. 160/2019 stabiliva la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di avvalersi di tecnologie, elaborazioni e interconnessioni con le altre banche dati per individuare criteri di rischio, con l’obiettivo di far emergere posizioni da sottoporre a controllo e, contestualmente, incentivare l’adempimento spontaneo.

E infatti proprio in attuazione di tale disposizione è stato poi creato l’applicativo VeRa (acronimo di “verifica dei rapporti finanziari”), in grado di effettuare analisi preliminari per l’individuazione di potenziali evasori.

Intelligenza artificiale e diritto tributario: la verifica dei funzionari umani sarà fondamentale nel processo di innovazione tecnologica

Con il già citato documento del 19 maggio del 2023, l’Agenzia delle Entrate ha poi illustrato nel dettaglio la metodologia di funzionamento degli algoritmi già in uso per supportare gli uffici nella selezione di posizioni “rischiose” da sottoporre a verifica.

Tuttavia, la legge delega dà ora comunque ancor più ampio impulso all’utilizzo e allo sfruttamento delle potenzialità dei sistemi di IA, in vista, in particolare, della raccolta dei dati (dichiarazioni fiscali, informazioni da banche e istituti finanziari, etc.), con algoritmi che possono “predire” i comportamenti futuri dei contribuenti.

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È chiaro poi che a tale prima fase dovrà seguire la verifica “umana”, con funzionari che, dopo il primo screening, esaminino le dichiarazioni e i documenti e poi, eventualmente, procedano al controllo fiscale vero e proprio, con definizione dell’imposta dovuta.

In un tale contesto, l’intelligenza artificiale non deve e non può quindi soppiantare l’azione umana, ma può e deve stimolare e velocizzare il processo di verifica.

Tale processo di innovazione è del resto parte anche del D.Lgs. n. 13/2024, che ha come obiettivo il miglioramento dell’efficacia delle attività di controllo, utilizzando un sistema di IA in grado di selezionare in modo automatizzato le posizioni fiscali che presentano più rischi di evasione attraverso criteri specifici come:

  • discrepanze tra reddito dichiarato e spese sostenute (errori formali o incongruenze tra i redditi dichiarati e quelli verificabili tramite altre fonti);
  • incongruenze in settori ad alto rischio di evasione, come commercio, turismo e servizi;
  • pattern di comportamento sospetti, che potrebbero indicare tentativi di frode o evasione.

Il Decreto Legislativo n. 13/2024 prevede, in particolare, l’uso di modelli predittivi e algoritmi avanzati, al fine di alleggerire il sistema da controlli superflui su contribuenti a basso rischio.

Certo, l’integrazione di strumenti di intelligenza artificiale nel processo di accertamento comporta anche rischi, tra cui quello per il quale l’automatismo dell’algoritmo possa portare a ricostruzioni del reddito dei contribuenti non conformi al principio di capacità contributiva.

Ma questo già accade in realtà da anni, a partire dagli studi di settore fino agli ISA e a tutti gli strumenti statistici già utilizzati dall’Amministrazione Finanziaria, in un sistema accertativo che, come noto, si può anche basare su presunzioni, almeno fino a prova contraria.

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In ogni caso andrà evitata una eccessiva automatizzazione, senza controllo umano, che potrebbe ridurre la possibilità di un’analisi qualitativa da parte degli operatori, con l’evidenza di circostanze particolari o fattori umani non rilevabili da un algoritmo.

Intelligenza artificiale e diritto tributario: considerazioni finali

In conclusione, l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale anche nel sistema tributario implica una valutazione, anche sul piano giuridico, circa lo “scontro” tra interesse fiscale e interesse alla tutela dei diritti del contribuente, laddove la possibilità di predire correttamente un comportamento a rischio dipende innanzitutto dalla qualità e quantità di informazioni inserite correttamente nel data base.

Algoritmo e intelligenza artificiale sono peraltro, comunque, concetti diversi e non vanno confusi.

La nozione di algoritmo si riferisce infatti semplicemente ad una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente.

L’intelligenza artificiale, invece, contempla meccanismi di machine learning e crea un sistema che non si limita solo ad applicare le regole software e i parametri preimpostati, ma, al contrario, elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati, assumendo decisioni efficienti sulla base di tali elaborazioni, secondo un processo di apprendimento automatico (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 7891/2021, che ha ben chiarito la differenza tra la nozione di algoritmo ed intelligenza artificiale).

La Commissione europea, nella sua proposta di regolamentazione dell’IA del 21 aprile 2021, ha dunque affermato che:

la nozione di sistema di IA dovrebbe essere chiaramente definita per garantire la certezza del diritto, fornendo nel contempo la flessibilità necessaria per accogliere i futuri sviluppi tecnologici. La definizione dovrebbe essere basata sulle caratteristiche funzionali chiave del software, in particolare la capacità, per un dato insieme di obiettivi definiti dall’uomo, di generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano l’ambiente con cui il sistema interagisce, sia in una dimensione fisica che digitale. I sistemi di intelligenza artificiale possono essere progettati per funzionare con diversi livelli di autonomia ed essere utilizzati in modo autonomo o come componente di un prodotto, indipendentemente dal fatto che il sistema sia fisicamente integrato nel prodotto (incorporato) o serva la funzionalità del prodotto senza esservi integrato (non incorporato).”

Insomma, tra i punti da cui partire nell’utilizzo di tale, senz’altro fondamentale, strumento vi sono ancora, come sempre, i principi generali di proporzionalità e ragionevolezza, con imputabilità finale dell’azione ad un soggetto (persona fisica) responsabile, a cui possano essere ricondotti gli effetti dell’azione amministrativa adottata sulla base dell’analisi dell’IA.

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