«Concausa strada disastrata, ma il Comune non aveva i fondi per ripararla»

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Anche le condizioni disastrate di viale Caduti di via Fani, fra le cause dell’incidente in cui perse la vita a Brindisi il 20enne Mirko Conserva nelle prime ore del 15 settembre dell’anno scorso mentre stava raggiungendo in sella al suo scooter Yamaha TMax l’ospedale Antonio Perrino per prendere servizio. Anche una buca rattoppata tre giorni dopo la tragedia e prima che quella strada fosse sottoposta a sequestro per diventare poi teatro della simulazione dell’incidente. La sicurezza della strada tuttavia non poteva essere comunque garantita poiché l’ente proprietario, il Comune, non ha risorse finanziarie adeguate. Il problema è stato infatti sollevato almeno dal 2013 dai dirigenti alla guida, in questi anni, dell’ufficio Lavori pubblici e Mobilità urbana, facendo espressamente riferimento agli obblighi giuridici indicati dal codice della strada per gli enti proprietari e responsabili della sicurezza della viabilità cittadina.  Lo sostengono le 15 pagine di richiesta di archiviazione del pubblico ministero della Procura di Brindisi, Francesco Carluccio, dell’indagine per l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Indagato l’attuale dirigente dell’ufficio Lavori pubblici e Mobilità Urbana, l’architetto Fabio Lacinio, proprio alla luce dell’obblighi in capo all’ente sanciti dal codice della strada.

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Due cause: velocità elevate e strade disastrate

L’altra causa di quella tragedia è stata individuata nell’eccessiva velocità dello scooter: oltre 100 chilometri all’ora, oltre il doppio consentito dal limite di 50 km/h, come rilevato dalla consulenza dell’ingegnere Maurizio Sagace, integrata anche con le prove effettuate con un analogo modello di scooter per verificare la tenuta di strada, la velocità e la percorrenza delle relative traiettorie in uscita dalla rotonda in direzione ospedale Perrino. Due le cause del decesso di Mirko Conserva, dunque, evidenziate dall’inchiesta della Procura e nessuna – ha ritenuto il pubblico ministero – sostenibile in un processo: “morte del reo” riguardo alla presunta velocità tenuta da Mirko Conserva e nessuna responsabilità per l’architetto Lacinio nelle vesti di responsabile della sicurezza stradale per conto del Comune. A questa conclusione è giunto il titolare dell’inchiesta dopo l’ascolto del dirigente comunale ed il riscontro documentale alle indicazioni fornite sulla manutenzione delle strade: negli ultimi Piani triennali delle opere pubbliche sono stati individuate le previsioni di programmazione e di spesa, con i relativi capitoli di bilancio, delle manutenzione di strade e marciapiedi. Anche con importi notevoli. Agli atti dell’inchiesta, inoltre le missive di questo tono inviate dai dirigenti dei Lavori pubblici a sindaci, assessori al ramo ed al Bilancio, oltre ai segretari generali, ai comandanti della polizia locale ed ai dirigenti degli Affari legali. Puntualmente è stata indicata la necessità di ripristinare il manto stradale del rione Sant’Elia ed anche di via Caduti di via Fani. I fattori di rischio – questo infine l’orientamento del pubblico ministero – non potevano essere eliminati su quel viale e né altrove per la mancanza di risorse finanziarie nelle casse del Comune di Brindisi. Per quei circa 35 milioni di euro di disavanzo che ingessa l’amministrazione del sindaco Giuseppe Marchionna sin dal suo insediamento a giugno di due anni fa e ridotti dal predecessore Riccardo Rossi dagli iniziali 55 milioni.

La buca rattoppata dopo la tragedia

Fa parte della manutenzione ordinaria affidata alla Brindisi Multiservizi il rattoppo della buca su cui saltò lo scooter prima di schiantarsi. Nella richiesta di archiviazione non è stato indicato tuttavia se e chi abbia disposto di cercare di eliminare una potenziale causa dell’incidente. Senza risorse per rendere meno pericolose le strade cittadine, a rischio motociclisti, pedoni ed anche automobilisti? Va dato atto che la morte di Mirko Conserva ha fatto avviare una serie di lavori in tutta la città per eliminare avvallamenti, rotture, buche e crepe causate sull’asfalto e sui marciapiedi dalle radici degli alberi di pino. Con risorse straordinarie trovate da Palazzo di Città. Ora il legale della famiglia Conserva, l’avvocato Giacinto Epifani, sta approntando l’opposizione all’archiviazione. Che potrebbe pescare a piene mani nella parte conclusiva della richiesta di archiviazione in cui il pm Carluccio solleva il problema della possibilità di interdire il passaggio dei mezzi su strade poco sicure ma anche dove i limiti di velocità vengono ampiamente infranti. A decidere se ci siano ulteriori indagini da svolgere o se ciò che è stato fatto sia esaustivo, sarà il giudice per le indagini preliminari a cui sarà assegnato il fascicolo. 





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