Campania, mea culpa del Pd: «Basta zone grigie e clientele»

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Da Nord a sud sono giorni di spine per il Pd. A Milano il sindaco uscente Beppe Sala scalpita, accusa il partito di «non parlare ai ceti produttivi», mette un piede avanti in vista della corsa alle regionali lombarde e invita Schlein a «non perdere tempo e mettere subito tutti i partiti intorno a un tavolo» in vista delle politiche 2027.

A GENOVA IL PARTITO, dilaniato da faide interne, ha dovuto rivolgersi a un’estranea, la vicepresidente del Coni Silvia Salis, per trovare una candidatura alle comunali di primavera. A Napoli in questo fine settimana, in un convegno organizzato dall’europarlamentare Sandro Ruotolo, con molti ospiti 5S (a partire da Pasquale Tridico), i dem hanno fatto mea culpa per i fenomeni di clientele e per gli arresti eccellenti, a partire dal caso del presidente della Provincia di Salerno Franco Alfieri, il «re delle fritture», vicino al governatore De Luca, cui ieri la Cassazione ha confermato i domiciliari mentre è in corso il processo per presunti appalti truccati.

«Via le zone grigie dal Pd», ha tuonato Ruotolo, «meglio perderle, ne conquisteremo altre». Così anche il commissario regionale Antonio Misiani: «Escluderemo dal nuovo tesseramento tutti gli amministratori che sono stati sospesi perché oggetto di indagini. Bisogna eliminare le zone grigie: il tema non è soltanto l’applicazione burocratica delle regole che ci siamo dati, ma tornare a investire su questo partito». Basta con «la selezione della classe dirigente in base ai pacchetti di voti che ognuno porta».

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«Ho chiesto che Alfieri di dimetta dalla Provincia perché è opportuno», ha aggiunto Misiani. «Lo dico nel rispetto del principio di presunzione di innocenza, perché questo è un tema di rigore e di faccia nei confronti dell’opinione pubblica, non di caccia alle streghe». «Il Pd di Salerno deve fare di tutto per farlo dimettere», ha rincarato Ruotolo. Che ha citato anche l’arresto dell’ex tesoriere del Pd campano Nicola Salvati, anche lui sospeso dal partito, parlando di «ipotesi di accusa devastanti».

UN MEA CULPA ASSAI gradito dagli alleati 5S, che vorrebbero impostare la prossima campagna quella questione morale e sul vecchio grido di battaglia “onestà”.  E’ anche la conferma della volontà del nuovo Pd di superare la stagione di De Luca, e non solo con un nuovo candidato governatore, decisione che Misiani ha ribadito «a prescindere da quello che dirà al Corte costituzionale sulla possibilità di un terzo mandato».

Il commissario indicato da Schlein (che è rimasta alla larga dalla due giorni campana organizzata dal fedelissimo Ruotolo) non attacca direttamente De Luca: «Qui sono state fatte tante cose buone, altre meno, e abbiamo il dovere di migliorare. Però si parte da quel lavoro e da quella esperienza che noi abbiamo il dovere di non disperdere anzi di migliorare».

Il deputato Marco Sarracino, già segretario dem a Napoli, avverte: «La destra oggi è immobile, aspetta solo di capire se noi ci dividiamo, sanno che se ci dividiamo la partita per loro può essere aperta. Se non saremo divisi invece sanno che non hanno chance. Il tema per noi è arrivare al governo della Regione vincendo ma anche cambiando. Con un progetto di cambiamento reale e con una alleanza, come siamo riusciti a fare a Napoli, dal Pd alla Sinistra al M5S, al Terzo Polo».

NELL’AREA SCHLEIN l’idea guida è che il candidato al dopo De Luca debba essere un 5 stelle. In autunno al voto andranno 5 regioni: in Toscana, Puglia e Marche in pole position ci sono tre dem: l’uscente Eugenio Giani (che però ha il problema di far coabitare renziani e 5S nella stessa coalizione), e gli eurodeputati Antonio Decaro e Matteo Ricci. Il Veneto resta in stand by in attesa di capire se Zaia strapperà con Fdi, aprendo un varco al centrosinistra, e poi c’è la Campania, la regione in cui il partito di Conte è più forte.

Roberto Fico, da mesi candidato in pectore, qualche giorno fa è un uscito con una proposta che fatto sbiancare i dem: «Dismettere l’inceneritore di Acerra». Un’ipotesi che viene definita «irrealizzabile» e derubricata a «segnale mandato alla base storica dei 5S» anche nell’ottica di un duello interno con l’ex ministro Sergio Costa, da mesi molto attivo sulla scena campana e più gradito di Fico ai centristi della coalizione (e anche per De Luca, se ci sarà una ricucitura).

L’alleanza Pd-5S non è comunque in discussione. Anche se fuori dall’area Schlein non c’è la certezza che il candidato vada ceduto a Conte e si continua a sperare in una discesa in campo del giudice Raffaele Cantone.

A GENOVA GLI ISCRITTI dem hanno appreso da giornali e tv il nome della probabile candidata sindaco tirata fuori dal cilindro per sedare le liti interne tra troppi pretendenti: Silvia Salis, ex atleta di lancio col martello, vice di Malagò al Coni, molto gradita ai renziani (il marito, il regista Fausto Brizzi è stato un assiduo delle Leopolde), che potrebbe ricevere l’investitura ufficiale già domani, pur non avendo mai partecipato alla vita politica del centrosinistra genovese. E pur avendo ricevuto dall’ex sindaco di destra Marco Bucci l’incarico di «ambasciatrice di Genova nel mondo». Avs e la lista di sinistra «Linea condivisa» hanno dato il via libera, resta il nodo dei 5S, che stanno riflettendo ma non paiono orientati allo strappo.

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