di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Ansa)
SANREMO ā E le sorprese non finiscono mai! Eā ritornato un cantautore, di quelli con chitarra e sentimento, sul podio di Sanremo e, inoltre, ĆØ calabrese, precisamente nato a Cosenza. Esordito discograficamente nel 2003 imponendosi positivamente allāattenzione della critica, Dario Brunori, in arte Brunori Sas per omaggiare lāimpresa dei propri genitori, ha incantato il pubblico con una delicata ballata che facendo leva sul vissuto personale ha consegnato un quadro della sua terra e delle sue radici simboleggiate, appunto, da āLāalbero delle nociā (titolo della canzone). La visione personale e quasi introspettiva ha, come nelle migliori poesie, coinvolto tutti e in essa ognuno ha potuto rivedere interpretati, o forse solo suggeriti, i propri ricordi, traslati in un tempo fuori dal tempo fino a divenire quasi nostalgici.
Una canzone che, restituendoci la ripartizione tra strofe e ritornello cosƬ da poterla meglio ricordare e cantare, ci ha al contempo riconciliato con la classica struttura della canzone italiana che, discendente dalla metrica poetica greca e latina in quanto ritmo e musicalitĆ insiti nelle stesse parole, era stata ultimamente e spesso soppiantata da ossessivi sproloqui che soverchiavano le note. Da menzionare poi, senza alcuna scusa, il saccente e presunto musicologo, che in unāintervista ha definito Brunori come il primo cantautore calabrese. Inutile dire che ĆØ stato corretto allāistante dallo stesso artista che ha fatto presente come ci siano stati altri cantautori prima di lui. Ricordiamo, solo per citarne alcuni, Cammariere e Rino Gaetano.
Questāanno la Calabria ĆØ stata rappresentata anche dal rapper Tormento (pseudonimo di Massimiliano Cellamaro), nato proprio a Reggio. In passato aveva dedicato a Reggio la canzone ā Da dove scrivoā in riferimento soprattutto alla sua casa dāinfanzia presso il parco di via Melacrino.
Plauso incondizionato al conduttore Carlo Conti, che, da ābaudianoā per eccellenza, ĆØ riuscito a dare, al 75Ā° festival della canzone italiana di Sanremo, la sua personale impronta, diremmo quindi ācontianaā. Non si puĆ² parlare di ritorno al classico, perchĆ© ogni conduttore o direttore artistico, figure che per molti anni sono state distinte tra loro, ha cercato sempre di rinnovarlo apportando il suo contributo in tema di organizzazione generale e di gusti musicali. E tutti, indistintamente, ogni anno si sono preoccupati di ribadire di aver scelto canzoni fra i piĆ¹ eterogeneri settori musicali per accontentare il pubblico in toto, senza provvedere, perĆ², ad uno snellimento delle scalette che inglobavano di tutto e di piĆ¹. Questāanno Carlo Conti ha optato per una semplice, ma per niente scontata, rivoluzione (praticamente lāuovo di Colombo), cioĆØ quella di mettere al centro della kermesse canora, pensate un poā, proprio le care e vecchie canzoni.
Per vari decenni sono state relegate quasi al ruolo di comprimarie nel tentativo di offrire uno spettacolo variegato e snaturando man mano la carrellata originaria di musica e testi. E tutto in nome dellāaudience, nonostante si sappia bene che gli ascolti, spesso, non vanno di pari passo con il gradimento. Bando, quindi, a quei lunghi ed estenuanti monologhi degli anni or sono che, adatti ad altri sedi e ad altri approfondimenti, provocavano qualche sbadiglio lasciando lāamara impressione dei cavoli a merenda, indigesti e inappropriati, in pratica fuori contesto. Era necessaria unāinversione di rotta che, pur non dimenticando problematiche sociali importanti (toccate e toccanti nel corso delle cinque serate), riportasse il focus dellāattenzione sulla musica e sulla gara, sui motivi e sulle parole, sulle mises e sulle papere, insomma su tutto il carrozzone del festival che rispecchia una parte della cultura contemporanea del nostro Paese.
Lāattesa era crescente ed ĆØ stata confermata dagli indici di ascolto grazie agli interventi mirati e misurati che non hanno soverchiato il ritmo della scaletta, alle battute preparate e a quelle spontanee che hanno fatto sorridere senza volgaritĆ , agli stessi cantanti piĆ¹ sobri nellāabbigliamento e nellāatteggiamento. Un mix di equilibrio e fairplay, una gara corretta che ha visto nella serata delle cover, udite udite, anche collaborazioni fra gli stessi cantanti in gara. Sembra quasi ci sia stato un tacito accordo da parte degli artisti, anche di quelli meno dotati di musicalitĆ o carenti nellāintonazione, di puntare maggiormente sulle performances canore anzichĆ© sullāatteggiamento aggressivo, e talvolta spudorato, oppure sugli outfit. Che abbiano preso consapevolezza che strafare non paga e non nasconde le note calanti o le ugole sforzate? Anche questāanno, purtroppo, lāauto- tune non ĆØ stato sufficiente a correggere gli errori di intonazione (naturalmente dovuti allāemozione!!!) e ci hanno dovuto pensare i coristi a mascherare , di gran lunga piĆ¹ efficacemente, le āsonoreā cadute. Lāesperienza e lāetĆ hanno aiutato alcuni, come lāintonatissima Marcella Bella, ed hanno penalizzato altri, come Ranieri e Zanicchi (questāultima non in gara). Allora perchĆ© non ricorrere alle variazioni di tonalitĆ negli arrangiamenti che aiutano i cantanti navigati a mantenere un buon livello dāintonazione facendo i conti con la naturale perdita di elasticitĆ delle corde vocali?
La scenografia, ad opera di un nuovo architetto- scenografo Riccardo Bocchini, si ĆØ rivelata vincente nelle ariose aperture degli spazi e nella collocazione dellāorchestra pur mantenendo la famigerata e famosa scalinata. CosƬ efficaci sono state anche le luci e il loro gioco che accompagnando le esibizioni in maniera sempre diversa ha donato talvolta effetti inaspettati con orientati fasci simili a tende virtuali in unāatmosfera ovattata e sognante. Il nuovo inno- sigla del festival, unāincalzante tarantella che nel testo non ci ha risparmiato alcuni luoghi comuni italiani, ĆØ stato molto apprezzato e ballato da tutto lāAriston.
Inutile dire che dopo gli ascolti da record non solo la manifestazione gode di buona salute, come ha dichiarato diplomaticamente Carlo Conti per non infierire su Amadeus, ma ci dobbiamo aspettare di rivedere il conduttore sul palco anche il prossimo anno. Ben venga il suo stile che sembra non concedere niente al caso, ma neanche declinare alla spontaneitĆ propria, dei co-conduttori e degli ospiti.
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