Professione coach. Carlo Armosini, 47 anni, di Iglesias, una vita dedicata al tennis, prima come promessa adesso come tecnico, ha un obiettivo che poi è quello di molti insegnanti: «Riuscire a portare un allievo a diventare professionista». E per fare questo non lascia niente di intentato in quanto a impegno, studio, lavoro sul campo. «Lo sport è sudore, fatica e applicazione. Il tennis, poi, anche a livello mentale. Io ci credo e do tutto me stesso per i miei allievi».
Per Carlo Armosini, oggi direttore tecnico del Tennis club Tempio, è la terza vita. Prima c’era stata quella di atleta: «Ho vinto a livello under 12-14-16 diversi tornei giovanili importanti a come la Lambertenghi, poi ho fatto parte della rappresentativa giovanile sarda giocando diverse Coppe delle regioni , poi ho dovuto smettere per guai fisici e quando ho ripreso l’ho fatto nella mia città Iglesias, in un circolo, quello della zona sportiva Ceramica, dove insieme ai miei amici e concittadini Piredda, Pilia, Pili, Congiu, Pilloni abbiamo segnato un risultato che a rivederlo adesso è storico: abbiamo vinto la Serie C».
E Armosini, anno 2000, restò imbattuto in quella fantastica cavalcata, chiusa con la semifinale a Porto Torres e la finale a Costa di Sopra. «Nella fase nazionale vinsi a Cittadella contro un B2 al terzo forse la mia prestazione migliore dopo quella degli assoluti sardi dove persi nel 1999 da Carlo Porqueddu in semifinale a Quartu ed arrivai tra i primi 4 giocatori sardi quell’edizione».
La terza vita, si diceva, perché in quegli anni Armosini aveva cominciato a lavorare come operaio prima nella zona industriale di Portoscuso, poi a Macchiareddu. Sino a quando non è stato costretto a scegliere: «Avevo cominciato a insegnare tennis prima a Iglesias e poi a Carbonia e ho avuto la possibilità di allenare giovani molto promettenti come i fratelli Marco e Giulia Porcu. Marco era una grande promessa. È stato un ottima seconda categoria e numero sessanta classifica Eta under 14. A quell’età era competitivo anche a livello Open ma purtroppo in un torneo in Finlandia sui fece male: un infortunio grave, al nervo ulnare di una mano. Lo seguì il professor Parra, medico della nazionale di Coppa Davis, alla fine rifiutò l’ intervento chirurgico e di fatto si ritirò. Un peccato davvero, è stato il talento iglesiente più forte di tutti i tempi. La sorella Giulia arrivò anche lei in Seconda categoria. La differenza tra i due? Lei era una grande lavoratrice, Marco talento assoluto. Entrambi sono stati anche campioni di karatè».
Proprio queste soddisfazioni e la proposta del tennis club Carbonia spinsero Carlo Armosini a lasciare il lavoro da operaio per dedicarsi solo all’insegnamento del tennis. <A Carbonia ho iniziato a lavorare con Luca Lecis, uno dei migliori tecnici in Sardegna. Un connubio proseguito poi a Decimomannu, dove in due anni abbiamo dato vita a una scuola capace di tirar fuori in due anni 25 agonisti di ottimo livello e a portare le ragazze a raggiungere un risultato storico per un club di periferia vincendo il campionato di serie C e quindi entrare di diritto in serie B2».
Un successo firmato Emma Manca, la giocatrice che ancor oggi coach Armosini segue, Elisa Armosini, la figlia che poi ha lasciato lo sport per intraprendere la carriera di modella, la svizzera Alessia Manca, più Ottavia Massetti, Sofia Avataneo e la lettone Iveta Dakpute.
L’addio a Decimomannu è stato obbligato da scelte familiari. «Mia moglie consulente del lavoro è andata a lavorare nella zona di Arzachena e Olbia e io ho seguito la famiglia. All’inizio è venuto nel Nord Sardegna anche Luca Lecis, ad Arzachena abbiamo avviato lo stesso progetto portato avanti a Carbonia e a Decimomannu, ma poi abbiamo dovuto rinunciare a seguire soltanto atleti ad alto livello, abbiamo dovuto investire tante energie anche nella scuola per bambini».
Così quando si è fatto avanti il Tc Tempo Carlo Armosini ha sposato un nuovo ambizioso progetto: realizzare sei campi, 4 coperti, tre in terra, una struttura unica in Sardegna. «Il presidente Franco Anziani ha tante idee, voglia e entusiasmo».
E grazie a questa base Carlo Armosini ha potuto portare avanti anche il progetto di diventare un coach nel circuito professionistico. «Io adoro questa professione. Per la mia esperienza di 30 anni di sport, il tennis a mio avviso è una disciplina di tecnica e fisico, ma soprattutto mentale, conta la testa. Per me il 70 per cento di un giocatore è la mente, autostima. Occorre concentrarsi sugli aspetti positivi del gioco, dell’allenamento, non solo su quelli negativi. Oggi i ragazzi hanno tutto, davanti alle difficoltà entrano in crisi, occorre entra nella loro testa».
La prima esperienza in famiglia, la figlia Elisa a 15 anni era una delle giovani migliori nell’isola: «Giocava alla pari con le 2.5. Ma forse per far felice me, non aveva la determinazione per allenarsi mattina e sera. Quando ha smesso questa esperienza le è servita nella sua nuova carriera, ora fa la modella in un mondo altrettanto competitivo»>.
Carlo Armosini ha poi la milanese Giada Zorzan, che seguiva una settimana al mese. «E’ passata da 4-1 in due anni 2.6., l’ha notata un talent scout Usa, gioca nei collage statunitensi».
Attualmente il tecnico iglesiente segue Emma Manca, 19 anni, che ha fatto un viaggio al contrario: «Si allenava in un centro tecnico privato in Spagna, è tornata in Sardegna per diventare più forte perché anche dalle nostre parti possono crescere giocatori di un certo livello. Ora vive come me ad
Arzachena e si allena a tempio. era 3.3, è diventata 2.5 ma poi armonizzata 2.6, nel 2024 ha vinto 6 open, sul veloce ha praticamente vinto tutto nell’isola. Emma Gioca da maschio, sfrutta le accelerazioni lungolinea, viene a rete, gioca la volèe, uno spettacolo. Dove può arrivare? Sicuramente potrebbe puntare alle prime 1000 al mondo nei prossimi 2 anni, vorrei che diventasse professionista».
Un obiettivo, non un sogno. «A Olbia ha giocato un Open importante, ha perso contro la Salvi, 2.1, 800 al mondo 64 76, era sempre in vantaggio lei nel secondo set in particolare forse non ci ha creduto. Ha giocato alla pari Attacchi in back, volèe, una delizia. Deve migliorare sulla terra, dove lo scambio si imposta sulle diagonali».
Il tennis in Sardegna non vive un grande momento, ma è in crescita. «E’ una delle poche regioni d’Italia che non ha avuto giocatori tra i primi cento nella sua storia. D’altronde siamo in pochi: Roma fa 2milioni e mezzo di abitanti, la Sardegna 1,6. E poi si compete di meno, svolgere un certo tipo di attività in campo nazionale e internazionale minore costa 20 mila euro all’anno minimo a cui si aggiungono i costi per trasporti e coach. Per certi versi è come una roulette: si investono soldi, una scommessa. Ma in Sardegna si può lavorare da Dio, benissimo, prima o poi da qui arriverà qualcuno, magari uno di quei giovani come l’algherese Carboni che adesso sta frequentando il circuito minore o che segue l’esempio di Anna Floris, che arrivò al numero 125 della classifica mondiale».
La spinta può darla anche l’esempio del presidente nazionale Fitp Angelo Binaghi, partito dal Tc Cagliari e oggi considerato uno dei manager sportivi migliori al mondo: «E’ insindacabile che abbia portato risultati clamorosi perché è capace, risoluto, va all’obiettivo, ci sta facendo vivere un momento unico, il nostro tennis è un esempio per tutto il mondo. Ha inventato la tv Supertennis, fondamentale per la promozione».
Ed è arrivato Sinner. «La sua forza è proprio mentale, oltre alle capacità elastiche e tecniche, la sua forza è la testa, la calma. Lo ricordo da under 12, dopo una vittoria: stringe la mano e poi rimette a posto il campo con il tappeto. Così si diventa numero uno al mondo».
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