In Afghanistan, la radio resta il mezzo più immediato e accessibile per raggiungere anche le aree più remote e provvedere a trasmettere notizie essenziali, educazione, consapevolezza, aiutando in maniera importante lo sviluppo sociale.
In occasione della giornata mondiale della radiofonica l’Afghanistan Journalists Center (AFJC) ha denunciato un aumento significativo delle restrizioni alle attività delle stazioni radio nel paese, e un declino senza precedenti della libertà dei media.
La settimana scorsa i talebani hanno ordinato ai media privati in Afghanistan di interrompere la trasmissione di programmi politici fino a nuovo avviso, minacciando “gravi conseguenze” per qualsiasi violazione.
Dopo il ritorno del gruppo integralista al
potere, le restrizioni ai media e alla libertà di espressione in Afghanistan si aggravano di giorno in giorno, con una severa censura sui servizi giornalistici, chiusura dei canali di comunicazione, e minacce e arresti nei confronti dei giornalisti. Solo nel 2024,
almeno 18 stazioni radiofoniche e televisive,
sono state chiuse a causa di ordini diretti dei talebani o hanno subito misure restrittive.
Un ordine del Ministero dell’Informazione e della Cultura di questi giorni vieta alle stazioni radio e televisive di Kabul di trasmettere qualsiasi discussione politica o economica. Questa direttiva impone che i media possano interagire solo con i portavoce dell’amministrazione al potere, una
mossa che l’AFJC considera un palese tentativo di imporre una “politica ad una sola voce” e sopprimere le poche voci critiche rimaste in Afghanistan.
Il 31 gennaio si è diffusa la notizia che
Sayed Rahim Saeedi, produttore per la radio e la televisione privata e nazionale afghana, membro della Filmmakers Union of Afghanistan, caporedattore e produttore di contenuti multimediali del canale YouTube ANAR Media, è stato condannato a tre anni di carcere con l’accusa di propaganda anti-talebana, senza avere avuto diritto a un avvocato o a un giusto processoin tribunale, solo per aver parlato del diritto di accesso all’istruzione delle ragazze.
Raha Shams, un giornalista di un’emittente radiofonica di Mazar-i-Sharif, conferma che le restrizioni quotidiane imposte dal regime integralista hanno reso le condizioni di lavoro sempre più difficili, specialmente per le donne. Le giornaliste, in particolare, non solo stanno affrontando un accesso ridotto all’informazione, ma molte di loro hanno perso il lavoro a causa della chiusura di molti canali radio.
Il Centro giornalisti dell’Afghanistan ha condannato la chiusura di Radio Begum, a Kabul, una stazione specializzata in contenuti educativi per ragazze, che aveva iniziato le sue trasmissioni l’8 marzo 2021, nella Giornata internazionale della donna, con l’obiettivo di sensibilizzare sulle problematiche femminili.
Lo scorso 5 febbraio Radio Begum ha comunicato su Facebook che le forze talebane hanno fatto irruzione nell’ufficio di Kabul, mettendo agli arresti due dipendenti, il giornalista sportivo della radio e l’editore di Radio Begum. Inoltre hanno sequestrato computer, hard disk, documenti e cellulari delle giornaliste presenti. Il Centro dei giornalisti afghani ha condannato con forza questa violazione della libertà di espressione, chiedendo il rilascio immediato dei giornalisti arrestati. In risposta, il Ministero ha affermato che la stazione stava producendo contenuti per un’emittente televisiva situata all’estero e ha indicato che le attività della
stazione rimarranno sospese in attesa
di una “revisione attenta” della sua documentazione.
Purtroppo in questo momento il giornalismo è sotto attacco non solo nelle zone di conflitto, ma ovunque ci siano regimi repressivi mettere a tacere la stampa è diventata la norma.
“Questo è il momento più pericoloso per fare il giornalista. La guerra a Gaza non ha precedenti nel suo genere per impatto sui giornalisti e dimostra un importante deterioramento delle norme globali sulla protezione dei giornalisti nelle zone di conflitto, ma non è l’unico posto dove giornalisti sono in pericolo. I nostri dati lo mostrano, i giornalisti sotto attacco in tutto il mondo” ha dichiarato Jodie Ginsberg, CEO del CPJ Committee to Protect Journalists.
I media in Afghanistan sono stati decimati da quando i talebani sono tornati al potere nel 2021, i giornalisti, e le giornaliste soprattutto, sono costretti a lavorare in un clima di paura che priva il popolo afghano del diritto di accesso alle informazioni.
La voce libera e indipendente della radio è un presidio fondamentale di promozione sociale da tutelare, ma in Afghanistan rischia di rimanere spenta.
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