Tassare i ricchi? Al convegno sulla povertà con Stiglitz, Schlein appare più contiana di Conte

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Riforme fiscali globali

Redistribuzione e accordo internazionale anti fuga nei paradisi fiscali (e il discorso su sviluppo e produzione può attendere)

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Marianna Rizzini


A discettare di fisco con il Nobel Stiglitz, tra economisti, ex ministri e attivisti. Di patrimoniale si può parlare, dice Schlein, ma sul modello di quella di cui parla il presidente Lula. Conte si concentra sul “capitalismo parassitario”. Fratoianni si sente “in Paradiso”. “La mano invisibile è invisibile perché non c’è”, dice Stiglitz, e Schlein concorda. 


Tempi grami, echi di vera guerra e finta pace, caro bollette, perdita di potere d’acquisto dei salari, impoverimento del ceto medio, rottamazioni e lavoratori dipendenti strozzati dalle tasse: ce n’è abbastanza per recarsi di buon mattino nella sede dell’Enciclopedia Treccani e partecipare con gratitudine, diranno poi dalle file dell’opposizione Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, al convegno “Lotta alle diseguaglianze, contrasto alla povertà e politiche di welfare: il ruolo dei sistemi fiscali”.

 

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Vasto programma, ma soprattutto vasto parterre di economisti, attivisti e docenti, Nobel per l’economia Joseph Stiglitz in testa. Stiglitz, cioè il professore della Columbia dal pensiero iper-redistributivo (nel senso della necessità di tassare i pochissimi super-ricchi per cercare di alleviare le sofferenze della spaventosa percentuale di super-poveri), docente che tanto piaceva al M5s di Beppe Grillo. A Conte sembra piacere ugualmente, nonostante la ruggine con Grillo, pur se con qualche distinguo su chi tassare tra i grandi ricchi (in base al livello di “capitalismo parassitario”, dice, e con un concetto di eventuale tassa patrimoniale intesa a livello “globale ed europeo”). E se Fratoianni quando parla Stiglitz si sente “in Paradiso”, tanto più che non ha mai nascosto di essere a favore della patrimoniale anche non globale, Schlein appare rapita dalle parole del Nobel, seduta in prima fila. E poi, quando parla lei, quasi quasi sembra più contiana di Conte sul tema povertà, al cospetto degli organizzatori di Oxfam Italia, del Nens e di Icrict, la commissione indipendente per la riforma della tassazione internazionale delle multinazionali di cui Stiglitz e altri relatori fanno parte. Anzi, dice: la sinistra ha sbagliato a mostrarsi subalterna alla destra sulla narrazione “meno tasse ai ricchi, più sviluppo per tutti”. Negli ultimi 30-40 anni questa linea ha fallito, ripetono tutti i relatori, dal primo all’ultimo, compreso Martín Guzmán, ex ministro delle Finanze argentino che ora si ritrova come presidente, dice Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze a Roma, “lo stravagante Javier Milei”. Nel pubblico siedono anche Peppe Provenzano, Cecilia Guerra e Stefano Fassina, tutti intenti ad ascoltare l’economista della University of Massachusetts Jayati Ghosh. Si cerca di rispondere alla domanda: “Che cosa serve per rendere i sistemi fiscali a livello internazionale e in Italia più equi e progressivi e a rafforzarne il potenziale redistributivo?”. 

La risposta – declinata in varie sfumature, anche con l’aiuto, tra gli altri, del presidente di Nens Giuseppe Pisauro e dello stesso Visco (che sospira quando pensa che in Italia si è malvisti a parlar di tasse, e lui ne sa qualcosa) – va sempre nella direzione della tassazione dei detentori di grandissime ricchezze e della collaborazione internazionale come antidoto alla fuga dei capitali nei paradisi fiscali. E che il Pd sia anche il partito che, specie al Nord, parlava di sviluppo e ambiva a farsi votare dai ceti produttivi, non sembra argomento di ostacolo al concetto che di patrimoniale si può parlare (infine o finalmente, chissà). Dice infatti Schlein che “non è un tabù l’intervento sui grandi patrimoni, una tassazione dei super ricchi come ha proposto Lula”, “ma va fatta almeno a livello europeo, perché con la volatilità del capitale altrimenti rischia di non essere un intervento efficace”. Il Pd c’è, assicura la segretaria. I grandi imputati, nel dibattito, sono il neoliberismo e la globalizzazione. E, prima che di produttività, è di tasse che si deve parlare. Saranno d’accordo i riformisti dem e gli ex terzopolisti Carlo Calenda e Matteo Renzi? Chissà, ma non è questa la sede: al convegno si cercano sponde europee all’idea di tassa globale minima, tanto che, durante la pausa caffè, la professoressa Ghosh, presentata a Conte, chiede all’ex premier se, a suo avviso, oltre che in Spagna, presso Pedro Sanchez, si possa trovare ascolto presso qualche altro governo. Conte scuote la testa. Visco, intanto, mostra punte di pessimismo: di fronte alle tendenze politico-autoritarie, dice, c’è da domandarsi “se tanti sforzi e analisi non siano stati inutili”. Stiglitz è lapidario: “La mano invisibile”, di cui parlava Adam Smith a proposito del libero mercato, è invisibile perché non c’è. Schlein ascolta. La frase le piace, e infatti la ripropone: non c’è. Ci sono invece le “big tech”: a Conte fanno venire i brividi, mentre rievoca le “politiche redistributive” dei suoi governi, citando il reddito di cittadinanza. Indiziati di “scarsa visione” sono poi la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Nella sala si percepisce accordo. Come sulla proposta sull’“equità orizzontale in Costituzione”. Dice Schlein: “Tanto guadagni, tanto paghi. E non dipende dal lavoro che fai”. Stiglitz sorride. I due si parlano, come sospesi in una bolla (o in un angolo del meraviglioso mondo di Elly). 

 





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