Ruanda – RDCongo, Kagame interviene al consiglio per la pace dell’Unione Africana


Nel cuore dell’Africa, le tensioni tra il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo (RDC) continuano a infiammare il dibattito geopolitico della regione dei Grandi Laghi. Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio per la Pace e la Sicurezza dell’Unione Africana (UA), il presidente ruandese Paul Kagame ha ribadito con fermezza che il suo Paese non è responsabile della crisi che affligge la RDC. Il suo messaggio, diretto e privo di ambiguità, ha messo in discussione la narrazione dominante che punta il dito contro Kigali come capro espiatorio per le tensioni in corso.

Kagame ha evidenziato come una delle principali barriere alla pace sia la tendenza persistente ad esternalizzare i problemi piuttosto che affrontarne le cause profonde. Secondo il presidente ruandese, la RDC deve assumersi la responsabilità delle proprie sfide interne e smettere di cercare soluzioni esclusivamente all’esterno. “Quando la RDC deciderà di prendere in mano il proprio destino invece di addossare le proprie colpe ad altri?” ha domandato Kagame, evidenziando come il continuo scambio di accuse stia ostacolando ogni tentativo di stabilizzazione.

Il conflitto nella regione orientale della RDC ha recentemente raggiunto un nuovo livello di escalation, con il gruppo ribelle M23 che ha guadagnato il controllo su diverse aree strategiche, inclusa Goma, capitale della provincia del Nord Kivu. Le accuse di un coinvolgimento ruandese nella crisi non sono nuove: Kinshasa continua a sostenere che Kigali supporti i ribelli dell’M23, mentre il Ruanda ribatte accusando la RDC di ospitare e armare le Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), un gruppo miliziano composto dai resti dei responsabili del genocidio del 1994 contro i Tutsi.

La presenza delle Forze democratiche per la liberazione del Rwanda nella Repubblica Democratica del Congo orientale rappresenta una delle principali minacce per la sicurezza del Ruanda. Per Kagame, minimizzare o ignorare questa realtà significa non solo negare la storia del genocidio, ma anche compromettere ogni possibilità di pace nella regione. “Come si può negare l’esistenza dell’FDLR? Quando questa viene negata, si nega anche la nostra storia. E questo è inaccettabile,” ha dichiarato con fermezza.

Kagame ha inoltre sottolineato come il Ruanda non cerchi il permesso di nessuno per proteggere la propria sovranità e il proprio popolo. “Siamo un paese piccolo, forse povero, ma non chiediamo il permesso per esistere e difenderci,” ha affermato. Tale approccio riflette una posizione di autodeterminazione e pragmatismo che il presidente del Ruanda ha adottato fin dall’inizio del suo mandato, puntando su sicurezza, sviluppo economico e autonomia politica.

L’incontro dell’UA ha anche rappresentato un’opportunità per discutere strategie comuni tra i leader africani per la risoluzione della crisi. Kagame ha ribadito la necessità di un cambio di paradigma: invece di affidarsi a interventi esterni e alla perpetua ricerca di colpevoli, i Paesi africani devono investire in soluzioni locali, rafforzando le istituzioni e promuovendo un dialogo inclusivo.

In un recente vertice con i leader della Comunità dell’Africa Orientale (EAC) e della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe (SADC), Kagame ha definito il conflitto congolese come una guerra etnica che minaccia la stabilità di tutta la regione. Secondo quest’ultimo, l’unico modo per porre fine a questa spirale di violenza è affrontare le questioni alla radice: il ruolo delle milizie, la cattiva governance, la corruzione e la mancanza di una visione condivisa per il futuro della Repubblica democratica del Congo.

Alla luce di questi sviluppi, il dibattito sulla pace nella regione dei Grandi Laghi resta aperto. La posizione del Ruanda è chiara: il Paese non accetterà di essere dipinto come il responsabile di una crisi che ha radici profonde e che richiede un impegno collettivo per essere risolta. La comunità internazionale, da parte sua, dovrà decidere se continuare a trattare la crisi come un semplice gioco di accuse o se finalmente promuovere un dialogo che porti a soluzioni concrete e durature per la stabilità dell’intera regione. Il silenzio non aiuterà sicuramente a trovare una soluzione per questa terribile e profonda crisi.



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