Le recenti dichiarazioni del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, sulla presunta inefficienza della medicina di base hanno suscitato forti reazioni. Tra i più critici c’è Felice Costini, vice presidente nazionale del Movimento Indipendenza e medico di famiglia, che contesta apertamente le affermazioni di Rocca, evidenziando dati e considerazioni che vanno in direzione opposta. Secondo Costini, il lavoro dei medici di famiglia gode di un forte consenso da parte dei cittadini, mentre il vero problema risiede nella gestione della sanità pubblica da parte delle istituzioni.
L’attacco scomposto e mendace del presidente Rocca ai medici di famiglia viene smentito e ridicolizzato dagli stessi cittadini che dovrebbe rappresentare.
Se non bastasse il fatto che le affermazioni sulle carenze dei medici di famiglia del presidente del Lazio siano oggettivamente false, ora anche il sondaggio indipendente dell’associazione Altroconsumo dimostra che i cittadini promuovono la medicina di base, bocciando senza appello i servizi delle ASL, degli ospedali, degli ambulatori, fino ai pronto soccorsi e all’assistenza domiciliare.
Le dichiarazioni dell’ex presidente della Croce Rossa Italiana, rilasciate ai giornali negli ultimi giorni, lasciano basiti: se da una parte quanto affermato viene smentito dagli stessi dati rilasciati dalla Regione Lazio (ad esempio sulla percentuale di vaccinati negli ambulatori di medicina di base), il sondaggio premia con il 75% di gradimento il lavoro dei medici di famiglia, dimostrando che l’on. Rocca non ha alcuna consapevolezza della realtà sul territorio.
L’impressione è che l’esponente del centrodestra, il cui successo elettorale è dipeso in gran parte proprio dalla rabbia dei cittadini per la pessima gestione della sanità da parte del suo predecessore, consapevole del proprio fallimento in questo ambito, dove dopo due anni nulla è cambiato, cerchi di scaricare la responsabilità su una categoria che, non essendo dipendente, è meno protetta dalle congreghe sindacali.
La posizione di Rocca è figlia della visione ragionieristica della sanità, che da sempre contraddistingue dirigenti e burocrati regionali, personaggi che il centrodestra oggi al governo nel Lazio non ha avuto il coraggio di toccare, permettendo a questi oscuri funzionari, responsabili di protocolli astrusi e procedure insensate, di mantenere salde le proprie laute poltrone.
Ed è proprio da questa visione ragionieristica, che mette al centro le procedure e non la salute dei cittadini, che derivano buona parte dei danni al sistema sanitario, costringendo sempre più persone a doversi rivolgere al privato per curarsi. Cercare di smantellare l’ultimo vero presidio pubblico sembra muoversi nella direzione di rendere la privatizzazione della sanità l’unica strada per garantire la salute.
È sconcertante che il presidente della Regione non abbia contezza del lavoro reale svolto dai medici di famiglia, dimostrando per l’ennesima volta la distanza tra politica e realtà. Contabilizzare l’orario di lavoro solo nel tempo di apertura degli studi, peraltro stabilito dalla convenzione voluta proprio dalla Regione, significa disconoscere l’impegno quotidiano dei professionisti: telefonate, visite domiciliari, compilazione di certificati inutili.
Ai medici di famiglia viene persino richiesto di richiedere la riparazione del motore e il cambio dei pneumatici degli ausili per i pazienti che non possono deambulare autonomamente! Ancora più assurdo è immaginare di fare una riforma della medicina territoriale senza dialogare con chi la pratica quotidianamente.
L’unico interesse della Regione Lazio sembra essere quello di controllare in modo asfissiante il lavoro dei medici, imponendo protocolli privi di senso e cancellando definitivamente il rapporto medico-paziente a favore di una burocratizzazione esasperata. Un sistema utile solo a compilare report di fine anno, che permettano a funzionari e dirigenti di accedere ai premi di produzione.
Il medico non è un impiegato. Aver trasformato in burocrati i medici delle ASL e in ragionieri gli ospedalieri è la causa principale dei danni che ogni giorno si registrano. Non importa aver salvato la vita a un paziente, importa unicamente aver seguito pedissequamente il protocollo imposto, dimenticando che ogni paziente è un caso a sé.
Si continua ad accusare i medici di famiglia di non fare il proprio lavoro, provocando il sovraffollamento dei pronto soccorsi, ma si ignora che la vera causa del collasso di questi ultimi sta nella carenza di posti letto. Le astanterie dei pronto soccorso sono ormai diventate reparti di lunga degenza, snaturando il lavoro di quanti vi operano.
Invece di attaccare i medici di famiglia, Rocca dovrebbe preoccuparsi di capire perché i concorsi per lavorare nel pubblico sono deserti, perché i medici ospedalieri se ne vanno, disgustati da una medicina che non ha più la salute del paziente al centro.
I medici di famiglia non devono diventare ennesimi burocrati, passare le loro giornate a calcolare i centesimi del costo di un catetere. Hanno bisogno di essere lasciati liberi di lavorare, di avere il tempo per visitare e parlare con i pazienti, senza essere distratti da norme inutili.
La vera domanda è: a Rocca interessa davvero che la sanità pubblica funzioni? Ai dirigenti regionali interessa la salute dei cittadini, o il loro unico obiettivo è compilare report di fine anno?
Uccidere la medicina territoriale con la dipendenza e la pagliacciata delle Case della Comunità significa uccidere la medicina pubblica, favorendo speculatori, multinazionali, assicurazioni e fondi che ogni giorno aumentano i loro investimenti nella sanità privata.
Forse questo è il vero motivo di quanto sta avvenendo.
Felice Costini
Vice presidente nazionale Movimento Indipendenza
Medico di famiglia
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