maxi evasione IVA, accusa da 3 miliardi di euro

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Amazon indagata per presunta frode IVA da 1,2 miliardi in Italia. L’accusa: mancato versamento dell’IVA per venditori extra-UE. La difesa di Amazon.

La notizia, diffusa dal Corriere della Sera, ha il potenziale per trasformarsi in una vera e propria tempesta per il gigante dell’e-commerce. Amazon è finita nel mirino della Procura di Milano per una presunta evasione fiscale colossale. Si parla di 1,2 miliardi di euro di IVA non versata tra il 2019 e il 2021, una somma che, tra sanzioni e interessi, potrebbe addirittura triplicare. L’indagine coinvolge direttamente l’azienda e tre dei suoi manager.

Il punto della controversia riguarda i venditori extraeuropei, soprattutto quelli provenienti dalla Cina, che utilizzano la piattaforma per vendere i loro prodotti. L’accusa sostiene che Amazon non abbia fornito informazioni sufficienti sull’identità di questi venditori, evitando così di adempiere agli obblighi fiscali legati alle vendite sul territorio italiano. Le analisi effettuate da Sogei, l’entità informatica del Ministero dell’Economia, hanno evidenziato una notevole differenza tra il volume delle vendite riconducibili a venditori cinesi (oltre il 70%) e l’ammontare dell’IVA versata da Amazon.

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La legge sull’IVA stabilisce che il venditore, se identificato e operante nell’UE, ha la responsabilità di versare l’imposta. La situazione è diversa per i venditori extra-UE non registrati: in questo caso, la piattaforma, ovvero Amazon, potrebbe essere tenuta a pagare l’imposta.

Amazon svolge un duplice ruolo: è un venditore diretto, ma anche un marketplace, che offre spazio a venditori terzi e si occupa della loro logistica. In qualità di intermediario, la responsabilità di dichiarare e versare l’IVA sarebbe del venditore. Ma, se il venditore non è dichiarato, come avviene spesso con i venditori cinesi, le autorità fiscali non hanno modo di recuperare l’imposta. Un venditore cinese che vende a un cliente italiano tramite Amazon, senza una partita IVA italiana o europea, potrebbe quindi evitare di pagare l’imposta. Spetterebbe ad Amazon, in queste circostanze, versare l’imposta dovuta.

L’azienda, però, si difende e rifiuta ogni addebito, scegliendo di non collaborare con l’Agenzia delle Entrate. La sua linea difensiva si basa sull’uso di un algoritmo predittivo, che, secondo Amazon, la esenterebbe dal pagamento IVA sui prodotti venduti da fornitori extraeuropei.

Amazon fa leva sul concetto di vendita “a distanza”. Secondo l’azienda, quando la merce è già fisicamente presente nei suoi magazzini italiani nel momento in cui il cliente effettua l’ordine, non si può considerare una vendita “a distanza”. Di conseguenza, l’IVA non sarebbe applicabile. Amazon precisa che il suo algoritmo è in grado di analizzare le tendenze di acquisto, anticipando la domanda e gestendo al meglio le scorte. Gran parte dei prodotti di origine cinese, quindi, si trova già nei magazzini italiani quando viene ordinata, e per questo, secondo la visione di Amazon, non sarebbe soggetta a IVA. L’azienda fa notare, inoltre, che nessun altro Paese in Europa ha mai mosso accuse simili, mettendo in dubbio la praticabilità dei controlli richiesti dalle autorità fiscali italiane.

La vicenda potrebbe prendere una piega ancora più complessa se gli investigatori contestassero ad Amazon il possesso di merce per conto dei venditori cinesi, ipotizzando l’esistenza di un “deposito fiscale non dichiarato”. L’importazione di prodotti da paesi extra-UE prevede il pagamento di dazi doganali (se previsti) e dell’IVA all’importazione. Le grandi aziende, spesso, fanno transitare la merce in paesi UE con un’IVA più vantaggiosa, prima di farla arrivare in Italia. I venditori cinesi, inoltre, sono soliti dichiarare un valore della merce più basso di quello reale, abbassando così l’IVA all’importazione.

La disputa tra Amazon e il fisco italiano apre un dibattito complesso sulla tassazione dell’e-commerce, in particolare per le transazioni che coinvolgono venditori extra-UE e marketplace. L’esito di questa vicenda potrebbe avere ripercussioni sul modo in cui vengono gestite le vendite online e l’applicazione dell’IVA in Italia, e potenzialmente influenzare le normative a livello europeo. Resta da vedere come si evolverà la situazione e quali saranno le conseguenze per Amazon e per il mercato dell’e-commerce in generale.



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