Lui è l’uomo che ogni sera esce per ultimo dalla sala stampa del Festival di Sanremo, che conosce ogni angolo segreto del teatro e ne custodisce i ricordi. Sanremese Doc, ci confessa che l’Ariston, nel suo caso, è prima di tutto il cinema, a pochi passi da casa sua, dove andava da piccolo, prima di entrare a far parte di quella che, definisce la “scatola magica di Sanremo” (che è anche il titolo del libro che ha scritto con Walter Vacchino, il proprietario dell’Ariston). Da dieci anni, Luca Ammirati è responsabile della sala stampa dell’Ariston, ed è proprio lì che lo incontriamo nei giorni della kermesse. Tra una canzone e l’altra, cerchiamo di carpirgli i segreti – anche gastronomici – di chi in tutti questi anni ha varcato l’ingresso più famoso della Tv italiana.
Non le chiederemo chi secondo lei vincerà la 75esima edizione del Festival di Sanremo, né per quale canzone fa il tifo, ma ci riveli qualche segreto di questa scatola magica dentro cui ci troviamo…
Prima di tutto, in questo momento siamo proprio sopra il palco: è proprio sotto questo pavimento che va in scena lo spettacolo. È incredibile pensare che su quel palco ci sono passati anche ospiti lunari, tipo Madonna o Jennifer Lopez (mentre parliamo ai “nostri piedi” ci sono i Duran Duran, ndr).
A proposito di grandi star, è vero che sono molto capricciose o è solo una leggenda? Avete mai ricevuto richieste particolarmente strane anche dal punto di vista culinario?
Altroché. Tanto che nel libro abbiamo dedicato all’argomento un capitolo intero dal titolo I capricci della star, ricostruiti attraverso i ricordi di Walter Vaccarini, che è la memoria storica di questo luogo.
Ce ne dica qualcuno.
Anche se io non ero ancora dentro all’ingranaggio, il primo che mi viene in mente riguarda Madonna che, prima dell’esibizione, volle una tavola imbandita di qualunque cosa: frutta, formaggi, mandorle, carne, pesce e così via. La leggenda, però, dice che alla fine abbia solo intinto il dito nel gorgonzola, lasciando lì tutto il resto.
Alla faccia dello spreco alimentare! È a lei che va il titolo di diva più capricciosa dello star sytem o qualcun altro l’ha superata?
È una bella gara. Nel 2001, l’anno in cui conduceva Raffaella Carrà, l’entourage di Ricky Martin fece una richiesta un po’ insolita: portare in camerino l’acqua delle isole Fiji. Pare che per il cantante portoricano sia un elemento imprescindibile. Si tratta di un’acqua di lusso purificata dai venti del Pacifico, filtrata per centinaia di anni dalla roccia vulcanica ricca di silice. Peccato che nessuno avesse idea di dove trovarla in Italia e men che mai a Sanremo. Non erano i tempi dell’e-commerce. Quindi, dopo vari tentativi andati a vuoto, l’asso del pop rimase senza la sua acqua: speriamo se ne sia fatto una ragione.
Quindi si beve solo acqua – delle Fiji o meno – nei camerini dell’Ariston?
No, anche vini e alcolici hanno avuto i loro momenti di gloria. Nel 1997 Barry White chiese sei casse di whisky Ballantine’s per un totale di 36 bottiglie. Una di queste la bevve in un unico sorso, le altre sparirono tutte. Magari era questo il segreto della sua voce caldissima.
Capricci vitivinicoli?
Abbiamo avuto anche quelli. Charles Aznavour chiese di avere un’annata particolare di Château Lafite. Fu proprio il patron Walter Vacchino a trovargliela e fargliela reperire in camerino con calici e cavatappi. Dopo lo show, andò a vedere se avesse gradito la sorpresa e trovò la bottiglia aperta ma ancora piena.
Che sperpero! Non proprio in linea con il concetto contemporaneo di sostenibilità…
Diciamo che, dopo tutti questi trascorsi, siamo arrivati ad una conclusione: molto spesso richieste così bizzarre non vengono da un reale desiderio dell’artista, ma dal suo management che ci tiene a coccolarlo e a farglielo vedere. Anche se questo comporta molto spreco, fatica e soprattutto pazienza.
C’è un altro episodio, a tal proposito da menzionare: nel 1995 Elton John, chiamato come ospite al Festival, chiese un succo di mirtillo. Una richiesta arrivata all’ultimo momento e neanche così semplice da soddisfare. Scattò la ricerca a tappetto nei bar di Sanremo fino a trovarlo, ma sorpresa: fu l’anno in cui il cantante inglese decise di fare dietrofront a Nizza e non venire al Festival. Pippo Baudo, arrabbiato, si presentò sul palco con una torta e 25 candeline per celebrare comunque il quarto di secolo di carriera del barone inglese. Le sue parole son passate alla storia: «Siamo più gentleman di un gentleman inglese».
A proposito di Pippo Baudo, che dice del presentatore con alle spalle il più alto numero di conduzioni del Festival?
Lo definirei il presentatore dei presentatori: un perfezionista, quasi maniacale che si trattasse di canzoni o di come sistemare i fiori sul palco.
Veniamo ai giorni nostri. Carlo Conti ha detto al Gambero Rosso che prima del festival mangia qualcosa di leggero, come uno spaghetto alle vongole. Avete carpito altre sue passioni culinarie?
È un grandissimo appassionato di gamberi rossi di Sanremo, una specialità del Ponente Ligure, per giunta contesi con la vicina Nizza. Conti li adora, sia crudi, sia accompagnati con i carciofi. Ma gli piace anche la farinata, una pietanza a base di ceci famosa qua in Liguria, nata come piatto popolare. Pochi giorni fa è stata Anna, la figlia di Walter, a portargliene una prima dell’inizio del Festival.
Invece, gli artisti in gara che abitudini alimentari hanno qui a Sanremo?
Mangiano in modo variabile. C’è chi arriva digiuno all’esibizione, chi va nei locali della zona. Noi cerchiamo di accontentare le loro richieste, secondo la filosofia della famiglia Vacchino, che è di far sentire a casa gli ospiti.
Ci sono richieste ricorrenti?
Di solito, frutta fresca o secca, qualche salume come la bresaola.
Ma gli artisti bevono prima di andare in scena?
Diciamo che il vino fa spesso parte delle richieste. Ma non ci sono mai stati episodi di ubriacature passate alla storia (anche se certi dissing diventati iconici fanno pensare il contrario, ndr).
E veniamo alla sala stampa, da sempre protagonista distaccata ma decisiva del Teatro Ariston. Ai giornalisti è consentito portare cibo dentro, mentre seguono le conferenze stampa o le puntate?
Sì, certo; c’è massima libertà.
Anche perché altrimenti sarebbe difficilissimo sopravvivere tutte quelle ore…
Io per sopravvivere riduco i caffè, ma le tazzine bevute al bar del roof non si contano. Di solito la mattina si fa colazione con cappuccino e focaccia, come da tradizione sanremese e la sera, dopo la fine della puntata, lasciamo aperta la sala stampa e il bar per altri 60 minuti. Ed è allora, dopo l’una di notte, che gli Spritz viaggiano parecchio: una sorta di battesimo della sala stampa (da cui non ci siamo sottratti neppure noi, ndr).
Intanto tutta la città di Sanremo vive attorno all’Ariston. Com’è cambiata l’accoglienza e l’offerta gastronomica nel tempo?
La zona più gettonata per mangiare è quella di piazza Bresca, dove sorgono anche diversi ristoranti storici (tra questi c’è per esempio la Pignese, ndr). E, poi, c’è un fenomeno molto diffuso negli ultimi anni: gli artisti affittano dei locali per farci dei pop up tematici durante la settimana sanremese, molti anche a tema cibo. Un’ulteriore esplosione del Festival nelle strade che, come un evento diffuso finisce per coinvolgere tutti. Probabilmente una propaggine di quella che è stata la principale innovazione di Amadeus: il grande senso di una festa collettiva, amplificata anche dall’effetto social.
Ma dopo una settimana in cui si vive in questo mondo parallelo, come si fa ad uscire dalla scatola magica e tornare alla normalità?
La fine del Festival è il Blue Monday dei sanremesi. Ma ci si fa l’abitudine. Noi torniamo alla routine e l’Ariston torna ad essere quello che è gli altri 360 giorni l’anno: un cinema. Almeno fino al prossimo febbraio. Una magia che speriamo rimanga intatta nel tempo.
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