Non fa in tempo a tirare un sospiro di sollievo Mimmo Lucano per la sentenza della Cassazione – che di fatto certifica la fine dei sospetti sul “modello Riace” – e già deve affrontare una nuova grana: la possibile decadenza da sindaco. Sì, perché in virtù dell’unica condanna rimasta -18 mesi per falso in una determina comunale – il ministero dell’Interno potrebbe optare per la “rimozione” dalla carica di primo cittadino, in osservanza della legge Severino.
TUTTO INIZIA giovedì sera, quando il segretario comunale di Riace viene raggiunto da una telefonata. Dall’altro capo della cornetta c’è il vice prefetto di Reggio Calabria. «Anche Riace potrebbe essere inserito nella lista dei Comuni chiamati al voto nella prossima primavera», è la sintesi della comunicazione ricevuta, quasi come forma di cortesia istituzionale prima della notifica di altri atti. Ma la scadenza naturale del mandato sarebbe nel 2026.
Per Lucano è una doccia fredda. Che nel primo pomeriggio si fa gelata quando nella casella di posta degli uffici dell’amministrazione arriva una pec della Prefettura per chiedere un recapito certificato del sindaco cui inviare comunicazioni formali. Lucano ricade nel limbo di chi non sa come andrà a finire e attende solo ulteriori chiarimenti. Che a questo punto dovrebbero arrivare nelle prossime ore.
«È UN ACCANIMENTO», dice il sindaco, «non accettano che la Cassazione abbia smontato i teoremi su Riace e adesso vogliono dimostrare, soprattutto a livello mediatico, che io resto comunque un colpevole», aggiunge. «Ma la mia vera colpa è di essermi opposto ai memorandum e ai lager libici, mentre c’è chi consente a un torturatore come Elmasry di tornare comodamente a casa su un volo di Stato italiano, ignorando un mandato di cattura spiccato dalla Corte penale internazionale. Io mi dichiaro colpevole di favoreggiamento dell’umanità».
I legali di Lucano sono già in azione per capire le eventuali contromisure. Ma in assenza di atti formali si procede per deduzioni giurisprudenziali, brancolando nel buio. Per questo Andrea Daqua, difensore dell’eurodeputato, preferisce non sbilanciarsi.
LEGGE SEVERINO alla mano, l’articolo 10 (che assorbe le vecchie disposizioni del Testo unico degli enti locali) prevede la sospensione dalla carica per chi ha commesso reati gravi: mafia, narcotraffico, reati contro la pubblica amministrazione. Nella casistica, dunque, non rientrerebbe il falso ideologico in atto pubblico e il falso materiale per cui il sindaco di Riace è stato condannato a 18 mesi con sospensione della pena. C’è però uno spiraglio interpretativo che potrebbe essere cucito addosso a Lucano: la lettera d) del primo comma dell’articolo 10. È qui che si parla dell’incompatibilità con la carica di sindaco per chi ha ricevuto una «condanna con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera c)».
E PAZIENZA se al primo cittadino di Riace non viene contestato l’abuso, toccherà agli avvocati risolvere il rompicapo appena le anticipazioni telefoniche si trasformeranno in atti formali. Solo allora potrà partire l’eventuale ricorso. Nella consapevolezza che dall’avvenuta notifica il Consiglio comunale avrà dieci giorni di tempo per riunirsi e ratificare l’eventuale decadenza, come stabilito dall’articolo 68 del Tuel: «La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o di incompatibilità».
MA L’EVENTUALE decadenza di Lucano non è semplicemente questione di codici e codicilli. Il nodo è tutto politico. E riguarda il possibile accanimento su un amministratore già finito nel tritacarne per anni per aver proposto un modello d’accoglienza funzionante e alternativo alle deportazioni in Albania. «Dico la verità: sono arrivato a un punto di esasperazione, perché ho passato 7-8 anni di una storia giudiziaria infinita e costruita su un teorema studiato a tavolino», commenta incredulo il sindaco. «E ora tutta la storia ricomincia. Le destre, anche nel mondo dell’informazione, puntano il dito contro di me. Sono le stesse persone che poi se la prendono con i migranti e sognano di spedirli in Albania», continua Lucano, alzando improvvisamente il tono della voce. «In Italia c’è una vera e propria ossessione contro l’immigrazione e per questo devono colpirmi. Cosa ho fatto? Ho ammazzato qualcuno? Ho rubato? E allora perché tutta questa montatura, tutta questa macchinazione?». Le risposte arriveranno probabimente via pec.
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