Intelligenza artificiale, quanto è sostenibile per il nostro pianeta?

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di Erasmo Venosi

Si parla sempre poco dell’impatto ambientale che questo strumento che è entrato nell’uso quotidiano di tutti noi. L’intelligenza artificiale è stata sviluppata dai colossi del web Microsoft e Google, e la politica deve intervenire per evitare la privatizzazione della conoscenza, uno degli architravi della democrazia

Un tripudio generale intorno alla Intelligenza Artificiale soprattutto a quella generativa coglie esperti, politici, uomini d’affari. Una rivoluzione al pari della rivoluzione industriale. Quasi assente il confronto intorno, a 4 aspetti: il rilevante consumo di energia elettrica e considerato che, nel mondo circa il 38% di elettricità è generato da fonti fossili ne deriva la altrettanto rilevante produzione di anidride carbonica che, incide per il 55% nelle emissioni di gas che alterano il clima; il consumo di milioni di litri di acqua dolce usata, per il raffreddamento; il rischio di  privatizzazione della conoscenza considerato che, sono le Big Tech come   Microsoft, Apple, Google, Nvidia a investire in  A.I.

Il valore di capitalizzazione delle Big Tech che investono enormi risorse in AI è  pari, a 12.870  miliardi di euro ovvero circa l’80% del PIL dei paesi dell’Unione Europea e, il 51% del PIL USA. Questa potenza economica ha allarmato le  Autorità Antitrust del G7 riunitesi a Roma che, le hanno messe nel mirino per la loro dominanza di mercato.

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Emblematico l’intervento del vicepresidente degli Stati Uniti lunedì scorso all’AI Action Summit di Parigi  che, ha riportato le richieste del Governo USA: l’intelligenza artificiale deve rimanere il “gold standard nel mondo”, ovvero non osate a sviluppare una vostra AI, in radicale negazione con la dottrina della autonomia strategica promossa da  Emmanuel Macron. Evitare di mettere troppe regole e, l’Europa respiri ”il profumo della deregolamentazione“.

Richieste funzionali agli interessi  degli oligarchi del digitale. Considerato che la UE  ha una normativa,  il Digital Service che, introduce una serie di norme per proteggere i nostri diritti fondamentali online. Questi diritti includono la libertà di pensiero, la libertà di espressione, la libertà di informazione e la libertà di opinione senza manipolazione e guarda caso, la piattaforma digitale da parte della Commissione  sotto indagine è quella di Elon Musk.

Tutti pensano di usare l’intelligenza artificiale per le più disparate funzioni, ma del suo impatto ambientale si parla pochissimo. IA e creazione di cripto valute, oltre alla responsabilità di  emissioni di carbonio derivanti da elettricità prodotta da fonti non rinnovabili sono responsabili  del consumo di milioni di litri di acqua dolce. Indirettamente, aumentano  inoltre gli impatti derivanti dalla costruzione e dalla manutenzione delle apparecchiature assetate di energia che utilizzano le intelligenze artificiali.

Lo sviluppo degli strumenti della prossima generazione di IA non può andare a concorrere all’aumento della crisi climatica. Negli Stati Uniti è stato presentato un disegno di legge che richiede al governo federale, di valutare l’attuale impronta ambientale dell’intelligenza artificiale e di sviluppare un sistema standardizzato, per la rendicontazione degli impatti futuri. Sulla stessa linea, anche l’UE con  il programma “A.I. Act”, approvato e con il quale si chiede  che gli  “high-risk A.I. systems”  (che includono i potenti “modelli di base” che alimentano ChatGPT e IA simili) rendicontino il consumo di energia, l’uso delle risorse e altri impatti durante tutto il loro ciclo di vita. Legge che entrerà in vigore  questo anno, in Europa.

Anche l’ Organizzazione Internazionale per la Normazione (International Organization for Standardization, ISO),  che sviluppa standard per produttori, regolatori e altri enti, afferma che entro l’anno  emetterà criteri per un’intelligenza artificiale “sostenibile”. Questi includeranno standard per misurare l’efficienza energetica, l’uso delle materie prime, il trasporti e il consumo di acqua, nonché pratiche per ridurre gli impatti dell’IA, durante tutto il suo ciclo di vita, dal processo di estrazione dei materiali e di produzione dei componenti del computer all’elettricità consumata per i suoi calcoli.

Sui consumi c’è uno studio del Dipartimento di Informatica UC Riverside. Usando i dati sui consumi idrici annui di acqua, per i sistemi di raffreddamento di Microsoft, la ricerca stima che una persona che rivolge 10-15 domande a GPT-3 causa un consumo di mezzo litro di acqua dolce.  Consumo variabile  in base alla regione e che, potrebbe essere maggiore con un’intelligenza artificiale “più grande”. Milioni di litri d’acqua utilizzati per raffreddare i computer che eseguono i calcoli. Stessa dinamica per la CO2.

Secondo una ricerca del 2022 sull’intelligenza artificiale, sono stati stimati in  1.000 terawatt, (mille miliardi di Kw di potenza) il consumo di elettricità previsto dei data center nel 2026, pari circa al consumo totale del Giappone. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) prevede che il consumo di elettricità dei data center nel 2026 sarà il doppio di quello del 2022.

Anche l’interfaccia con  Amazon, la distribuzione dei video di Apple TV, l’archiviazione delle e-mail di milioni di persone su Gmail,  il “mining” di Bitcoin vengono eseguiti dai data center. Esiste poi il grande problema dell’autocensura. La maggior parte delle aziende che gestiscono data center non rivela quale percentuale dei loro consumi energetici sia imputabile all’IA. Solo Google lo comunica affermando che  il “machine learning” rappresenta circa il 15%  del consumo energetico dei suoi data center.

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Un’altra complicazione è il fatto che l’intelligenza artificiale, a differenza del mining di Bitcoin o dello shopping online, può essere utilizzata per ridurre l’impatto dell’umanità. L’IA può migliorare i modelli climatici, trovare modi più efficienti per realizzare tecnologie digitali, ridurre gli sprechi nei trasporti e tagliare in altro modo l’uso di carbonio e acqua. Ad esempio, una stima ha rilevato che le case smart connesse all’IA potrebbero ridurre il consumo di CO₂ delle famiglie fino al 40%.Un recente  progetto di Google ha scoperto che un’IA in grado di elaborare rapidamente i dati atmosferici consentirebbe ai piloti di aerei di percorrere traiettorie di volo che lasceranno il minor numero di scie. Le scie di condensazione rappresentano più di un terzo delle emissioni di carbonio dell’aviazione globale.

Sui miglioramenti attesi e pubblicizzati dai sostenitori di IA, grava però il  “paradosso di Jevons”: ovvero rendere una risorsa meno costosa a volte ne aumenta il consumo nel lungo termine. L’uso  dell’acqua da parte dei data center è un problema più locale e tangibile, in particolare nelle aree colpite dalla siccità. Inoltre il raffreddamento dei  componenti elettronici nei data center, richiede acqua priva di batteri e impurità. Ci sarà competizione per la stessa acqua tra data center e persone che  bevono, cucinano e si lavano.

Nel solo 2022 i data center di Google hanno consumato quasi 20 miliardi di litri di acqua dolce per il raffreddamento. Inoltre alcune ricerche mostrano che i data center di Google hanno utilizzato il 20% in più di acqua nel 2022 rispetto al 2021, mentre quello di Microsoft nello stesso periodo è aumentato del 34%. La ragione? I data center di Google ospitano il chatbot Bard e altre IA generative mentre  i server Microsoft, ospitano ChatGPT così come i suoi fratelli maggiori GPT-3 e GPT-4. Tutti e tre sono prodotti da OpenAI, in cui Microsoft è un grande investitore.

A maggio 2022, la somma totale mondiale delle operazioni di mining di Bitcoin aveva un consumo  energetico annuale quasi pari all’intero paese dell’Argentina, o della Repubblica Ceca. Deve essere oggetto di profonda riflessione il fatto che il modello di IA generativo non è uscito da prestigiose università, ma da Google, Microsoft e questo perché ci vogliono immani risorse per svilupparli. Il sapere, la conoscenza devono essere ambiti condivisi da tutti gli uomini e pertanto non soggetti, a obiettivi  giustificati dal solo profitto e, per tale motivo finanziati come ricerca dai colossi del digitale. Tutto questo genera un danno inaccettabile dovuto a una conoscenza come processo che fuoriesce dalle Università che non hanno risorse per reggere  questa competizione. La  politica prenda coscienza e intervenga per evitare l’esito della privatizzazione della conoscenza che,  è uno degli architravi della democrazia.



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