Inchiesta Venezia, il Comune chiede all’ex assessore Boraso 5 milioni di euro per «danno d’immagine»

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di
Alberto Zorzi

L’ex amministratore deve trovare 400 mila euro in tre mesi per il patteggiamento. Alla cifra si aggiunge un’altra richiesta economica: Comune, Città Metropolitana e società partecipate si sono costituite parte civile

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L’udienza è stata rinviata al 16 maggio anche perché Renato Boraso, tramite il suo avvocato Umberto Pauro, ha chiesto un po’ di tempo per poter racimolare la cifra di 400 mila euro, che è parte integrante dell’accordo per patteggiare i 3 anni e 10 mesi concordati con la procura. Ma sull’ex assessore comunale di Venezia, arrestato lo scorso 16 luglio con varie accuse di corruzione, turbativa d’asta, induzione indebita e false fatture, rischia di arrivare una tegola economica ben più elevata, che il patteggiamento rinvierebbe solo nel tempo. Giovedì infatti, di fronte al gip Carlotta Franceschetti, si sono presentati i legali di Comune di Venezia, Città metropolitana e delle partecipate Avm, Actv e Casinò, che chiedendo di costituirsi parte civile hanno reclamato danni d’immagine per oltre 5 milioni di euro a causa delle pressioni di Boraso per favorire gli imprenditori amici che lo ricompensavano con consulenze ritenute fittizie dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini.

Il primo ramo dell’inchiesta

In programma c’era la prima udienza dell’inchiesta che ha sconvolto Ca’ Farsetti, con l’arresto dell’ex assessore e l’avviso di garanzia al sindaco Luigi Brugnaro e ai suoi due bracci destri Morris Ceron e Derek Donadini, accusati di corruzione per la trattativa sulla vendita (mai concretizzata) dell’area dei Pili al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, al quale sarebbe stato anche «scontato» il prezzo di Palazzo Papadopoli. In questo primo troncone alla sbarra ci sono però solo Boraso e gli imprenditori che anch’essi hanno già l’ok della procura per patteggiare: Daniele Brichese (l’unico presente in aula) 3 anni e 10 mesi, Fabrizio Ormenese 2 anni e 9 mesi e Francesco Gislon 2 anni e mezzo. Ma il primo step è stata la discussione sulle parti civili, che poi sono state tutte ammesse dal giudice.




















































Il calcolo delle richieste di danni

Il Comune, con l’avvocato Giovanni Coli, è partito dai 700 mila euro di «mazzette» contestate a Boraso, tra i soldi presi e quelli anche solo «promessi», e li ha raddoppiati, secondo il principio del danno d’immagine che segue di solito la Corte dei Conti; a questo ha poi aggiunto oltre un milione di euro, ovvero 5 euro per ognuno dei 251 mila abitanti del Comune. La Città metropolitana, con il legale Federica Bertocco, è partita dallo stesso conteggio di 1,4 milioni di euro, aggiungendone altri 100 mila visto il numero degli episodi di corruzione. Avm (la holding veneziana della mobilità) e Casinò hanno lamentato mezzo milione di euro ciascuno, Actv (l’azienda dei trasporti) 200 mila, tutte e tre con l’avvocato Renzo Fogliata. La Cgil, che aveva annunciato la costituzione, ha nominato un legale ma non si è presentata in aula: ha depositato una memoria e lo farà più avanti. In caso di patteggiamento, infatti, le parti offese non possono chiedere nulla e dovranno fare una causa in sede civile.

Il secondo filone di indagine sulla vicenda di Brugnaro

Le difese hanno spiegato al giudice gli accordi di patteggiamento: Pauro per Boraso, Paola Bosio per Gislon, Leonardo De Luca per Ormenese e Giuseppe Sacco e Luca Mandro per Brichese. I tre imprenditori hanno poi chiesto la revoca dei domiciliari, sulla quale la procura ha dato parere favorevole e il gip deciderà nei prossimi giorni. I pm Terzo e Baccaglini, a quel punto, hanno confermato l’ok ai patteggiamenti, ma hanno anche spiegato che è questione di ore la chiusura del secondo troncone d’indagine, che riguarda non solo ulteriori accuse a Boraso e agli imprenditori che lo pagavano, ma appunto la vicenda di Brugnaro, Ceron, Donadini e Ching. Solo con la notifica si saprà se la procura continuerà a sostenere l’accusa di corruzione, anche dopo il colpo incassato dalla Cassazione, che ha annullato il sequestro dei dispositivi dei due collaboratori del sindaco e ordinato la restituzione di tutti i file rinvenuti. L’accusa ha spiegato che per aprile, dopo gli eventuali interrogatori di chi dovesse chiederli, conta di chiedere il rinvio a giudizio per arrivare, appunto, a un’unica maxi-udienza il 16 maggio.

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