Edilizia sostenibile, la rigenerazione con la nuova legge

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La linea d’arrivo è fissata per fine febbraio, assicura la Regione. Di sicuro sono in moto gli ingranaggi che portano alla nuova legge pugliese sull’urbanistica. Nei giorni scorsi sono state avviate le riunioni tematiche convocate dal consigliere delegato all’Urbanistica della Regione Puglia, Stefano Lacatena. Partecipano agli incontri ordini professionali, associazioni di categoria, Ance, Anci. «L’obiettivo è ambizioso, è l’appuntamento con la storia, vogliamo cambiare il paradigma in Puglia, non più una legge che ragiona in termini di previsioni, ma di strategie», ha detto Lacatena. «Vogliamo che nella nuova legge urbanistica siano inseriti tutti gli elementi fondamentali che riguardano le città: sociale, sanità, cultura, ciclo dei rifiuti, mobilità. Questo è il lavoro che stiamo facendo con grande attenzione, ma avendo ben in mente i limiti che abbiamo della legislatura. Per questo stiamo lavorando settimanalmente per provare entro fine febbraio ad avere un testo di legge che raggiunge gli obiettivi che ci siamo prefissati».

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Si punterà sulla rigenerazione per custodire la bellezza edilizia e disegnare il futuro urbanistico della Puglia. Quali sono i punti cardine? Ci saranno diversi piani, a seconda della grandezza del Comune affinché anche i centri più piccoli non siano scoraggiati dal lavoro di programmazione. Per quanto concerne, invece, i Comuni più grandi avranno delle procedure più articolate, ma sempre in grado di esprimere la volontà politica delle amministrazioni che, fino ad oggi, sono state costrette a pianificare in modo ragionieristico tra mille lacci e lacciuoli e con una normativa particolarmente complessa. L’obiettivo è avere un approccio “integrato”, che guarda allo sviluppo non di un Comune singolo, ma del Comune nell’intero territorio regionale. Lo scopo è modernizzare e adeguare al tempo il Piano paesaggistico regionale e redigere una nuova normativa sulla materia. Si punterà allo sviluppo orizzontale del territorio e al riordino dell’intera normativa. Quello che ha in mente la Regione, è una legge unica e snella, che garantisca univocità su tutto il territorio regionale e in grado di fare realizzare gli strumenti urbanistici che tengano conto di quanto sta accadendo, a partire da un tasso elevato di denatalità e un consumo annuale di suolo ancora molto consistente in Puglia.
Poco più di un anno fa invece aveva visto la luce il “nuovo” Piano casa, che punta ad applicare la disciplina della ristrutturazione edilizia introdotta dal Decreto legge 76/2020 ai fini della rigenerazione urbana con il definitivo superamento del regime di deroghe previste dal precedente Piano casa, di cui dispone l’abrogazione. Gli interventi che saranno eseguiti con la nuova legge avranno come ratio la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e la promozione degli interventi di edilizia residenziale sociale e dovranno essere orientati alla progressiva riduzione del degrado, del sottoutilizzo e dell’abbandono degli ambiti urbanizzati interessati, contribuendo al contenimento del consumo di suolo, all’adattamento e alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Una filosofia che non è stato facile né indolore tradurre in numeri: sono riconosciuti infatti degli incentivi volumetrici del 20% del totale e comunque non oltre 300 metri cubi, per gli interventi di ampliamento di edifici esistenti; del 20% della volumetria complessiva, e comunque non oltre 200 metri cubi, per gli interventi di ampliamento di edifici residenziali esistenti, che non comportino la modifica della destinazione d’uso; del 35% della volumetria complessiva per gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, legittimi o legittimati, ricadenti nelle zone omogenee B e C, aventi qualsiasi destinazione d’uso, da destinare alla residenza; del 35% della volumetria complessiva, e comunque non oltre 200 metri cubi, per gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali esistenti, legittimi o legittimati, nei contesti rurali identificati dal proprio strumento urbanistico come zone omogenee E, che non comportino la modifica della destinazione d’uso; del 35% della volumetria complessiva per gli interventi di delocalizzazione all’interno delle zone B e C, delle volumetrie rivenienti dalla demolizione di edifici esistenti, aventi qualsiasi destinazione d’uso, da destinare alla residenza. Superate, in fase successiva, anche le possibili censure per legittimità costituzionale, con modifiche dopo confronto tra Regione e governo: nessun contrasto con il Piano paesaggistico; no al cumulo tra ampliamenti; chiarimenti sui lavori riguardanti edifici la cui epoca di costruzione è antecedente al 31 dicembre 1950; cassata, infine, la possibilità di ampliamenti per edifici collegati a distanza non superiore ai 10 metri.
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