Dai pagamenti veloci agli investimenti. Dalmasso, Satispay: «Presto strumenti di risparmio in App»

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Chi ci è nato e cresciuto non ha dubbi. «Saranno anni positivi per le Startup», dice Alberto Dalmasso, fondatore e CEO di Satispay, società che si occupa principalmente di pagamenti digitali con 5 milioni di utenti e 400mila negozi affiliati. Oggi il settore gode di terreno fertile rispetto a 12 anni fa – quando la fintech è nata – per merito di una visione di investimento sempre più ampia, alimentata anche dai colleghi che ce l’hanno fatta. E non è facile.

 «Tra founder ci sosteniamo: siamo i primi a finanziare nuove realtà e cerchiamo di coinvolgere più persone possibili. Ma in Italia non sappiamo fare squadra: il punto è che se invece di fare sempre gli alternativi – e pensare che dietro chi ha successo ci sia sempre chissà che cosa – fossimo uniti, potremmo creare forza più rapidamente. Parlando di centro e Sud Europa, gli altri Paesi sono più capaci di fare squadra e quello che vediamo è che quando una Startup in Francia ha un minimo di successo anche i fondi francesi, sostenuti dalla cassa nazionale, ci scommettono.

Da noi non è così, con CDP (Cassa Depositi e Prestiti) anni fa, quando ancora poteva esserci la possibilità di prendere del capitale da loro, la risposta era sempre incerta. Così hanno perso tanti progetti che ora stanno crescendo». La volatilità del comparto, però, la disegnano i dati e probabilmente frena i più prudenti. Il tasso di mortalità aumenta con l’età delle imprese e si stabilizza intorno al 35% dopo 10 anni (ne sopravvivono circa 6 su 10). La fase più critica è intorno ai 5-7 anni dalla creazione, quando si aprono 3 strade: andare avanti, chiudere o vendere. Nel 2023 si sono registrate 110 operazioni di M&A, che sembrano premiare le imprese con ROE e ROA più elevati (Fonte: Assolombarda-Unioni Industriali Torino-Confindustria Genova).

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Ma quali sono i numeri per capire quanto pesa questa galassia sulla nostra economia? Al 31 dicembre 2023, per un valore di produzione di circa 2,17 miliardi di euro, le Startup innovative iscritte al registro delle imprese erano 13.394, con una flessione del 6,1% rispetto all’anno precedente. Ampliando la finestra temporale al 2019, però, la tendenza è positiva: + 23%, forse spinta dalla voglia di rinascita post pandemia. Sul podio nazionale troviamo la Lombardia, la Regione più attiva, seguita da Campania e Lazio, con 9 attività su 10 registrate come società a responsabilità limitata e che riguardano principalmente servizi di informazione e comunicazione. Dati che disegnano una grande opportunità di crescita per il nostro Paese, ma che ai più esperti appaiono ancora sottotono.

I motivi? Probabilmente culturali e finanziari. Chi mette in piedi una società ha bisogno di sostegno, informazioni e denaro. Una mano tesa arriva dallo Startup Act italiano, dove sono previste agevolazioni fiscali del 30% per investitori in Startup e PMI innovative. Ed è proprio il Ministero delle Imprese e del Made in Italy a scrivere sul suo sito che “rappresentano uno dei punti chiave della politica industriale italiana”.

«Come popolo siamo estremamente imprenditoriali, ma ci vuole più freddezza. Se la realtà non supera il primo anno, il problema è il team. Bisogna avere l’onestà di dirsi fin dall’inizio di non farsi problemi a lasciare qualcuno da parte, se le cose non vanno bene. L’errore che è stato fatto da molti, quando anche noi siamo nati, è stato credere che qui potesse funzionare come in America…».

E come funziona in America?

«Lì c’è un mondo del Venture Capital molto forte, ma qui sono rimasti delusi dal rapporto con i fondi. I fondi di Venture Capital in Italia sono privi di esperienza su larga scala, di track record, non sono in grado di aiutare le Startup come in America».

Voi come avete fatto?

«Non trovando valore in quei pochi fondi che c’erano, ci siamo rivolti a manager e imprenditori e ad angel investor. Quest’ultima è una risorsa fantastica. I founder riescono a mantenere il controllo della società ma hanno i soldi per svilupparla, in modo poi da presentarsi davanti ai grandi investitori internazionali con una realtà avviata e credibile».

Con 60 milioni ricevuti da Growth VC, siete tra i top 5 deal del 2024 – migliore anno per gli investimenti in Startup e imprese innovative in Italia con 417 round d’investimento, in aumento del 31% sul 2023 – insieme a Bending Spoons (144 milioni, Growth VC), Newcleo (135 milioni, Serie A), MMI (101 milioni, Serie C) e D-Orbit (50 milioni, Serie C). 

Oggi il tasso di crescita medio decennale dei VC qui è del 13%. Mentre negli Stati Uniti dell’8%, in Cina del 2% e nel resto del Mondo del 10%. Il 2024 registra il lancio di 15 nuovi fondi per un totale di 1,4 miliardi raccolti, mentre sono stati 297 gli investitori, di cui il 42% proveniente dall’estero. In Europa, l’Italia si conferma come il Mercato in più rapida crescita con +28% di capitali investiti nel 2024 (Fonte: Osservatorio Trimestrale sul Venture Capital in Italia). Il panorama è cambiato e in poco più di dieci anni, nel 2022, siete diventati Unicorno: difficile tenere la barra dritta e i piedi per terra?

«Siamo entrati nel settore dei pagamenti e lì ci siamo concentrati per 10 anni, senza mai fare altro. Quella è stata la nostra forza. Troppo spesso si parla della capacità di pivottare (compiere un cambio di rotta o una modifica al business model, ndr) è vero che un grande team è forte e che se la sua idea iniziale non era giusta può buttarsi su altre linee e avere comunque una Startup di successo. Ma bisogna fare attenzione, perché è estremamente difficile creare qualcosa di grande. Quindi per noi è stato positivo non farci mai tentare da altro…».

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Avere idee, ma anche traguardi: avevate già bene in mente gli obiettivi che avete raggiunto?

«All’inizio, le altre linee di business, come il welfare aziendale, non erano nel nostro radar. Ma a un anno dal lancio oggi abbiamo 20.000 aziende clienti e oltre 100mila utenti che lo utilizzano i nostri buoni pasto e fringe benefit. E già più del 20% di contributo al fatturato deriva da quel settore. La parte dei pagamenti è il nostro core, nato dall’idea di cavalcare l’onda della digitalizzazione, dando il nostro contributo. Avevamo visto da un lato che oltre un milione di persone avrebbero fatto a meno dei contanti. Dall’altro che gli esercenti lamentavano costi troppo altri per le carte e che c’era una grande opportunità di Mercato».

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«In tutta la fase di sviluppo, l’obiettivo in ogni città era arrivare fino al 25% dei negozi e al 25% di consumatori attivi, il rapporto era circa di 1 a 10. Quindi, per esempio, partire con 1.000 esercenti e, nel giro di un trimestre arrivare a far iscrivere 10.000 consumatori. In questo modo i negozi vedevano abbastanza volumi di transazioni per rimanere attivi. Da lì in poi, i consumatori crescevano più rapidamente degli esercenti e chi di questi ultimi voleva attivarsi, lo faceva in autonomia».

Qual è stata la categoria meno pronta al cambiamento?

«Pensavamo che fosse più facile attirare consumatori, invece la nostra forza sono stati gli esercenti. Il fatto che non fosse necessario avere un pos dedicato, che il pagamento fosse diretto dal telefono al registratore di cassa o al computer. Che avesse costi più bassi e che il denaro andasse direttamente sul conto corrente dell’esercente ci ha permesso di affermare una presenza forte, città dopo città. I consumatori inizialmente aderivano attirati dalla novità, parliamo di un 3-4%, poi crescevano quando vedevano il servizio nei negozi. E ora abbiamo 5,2 milioni di utenti consumatori e 400.000 esercenti».

Quali sono i punti sottolineati nel vostro business plan?

«È fondamentale studiare un Mercato che sia grande abbastanza, che sia in espansione. Puntare non tanto su un’idea geniale – che poi magari non trova spazio – ma su qualcosa per cui il Mercato sia pronto. Le lezioni da imparare sono tantissime, ma la nostra capacità maggiore è sempre stata quella di tenere duro».

Qual è l’identikit di un Satispayer?

«Il nostro utente medio è in età lavorativa, nei primi 20-25 anni di attività, quindi ha un’età tra i 25 e i 50 anni».

Il panorama sta cambiando però, con il prodotto per i teenager…

«Sì, ora ci si può iscrivere già a 14 anni. In più, vediamo la quota di studenti universitari crescere, anche grazie al fatto che molti dei loro genitori sono clienti. Ora il nostro obiettivo è di andare a giocare – in ottica di risparmio – con obiettivi, premi… vorremmo che i più giovani prendessero confidenza con gli strumenti finanziari».

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Satispay diventerà una banca?

«Non credo, ma non lo posso escludere. Come non avrei mai pensato di entrare nel welfare e poi lo abbiamo fatto. Vedevamo in Europa, e in Italia in particolare, Paesi sempre più vecchi, con l’imposizione fiscale già molto alta e le finanze pubbliche che non sono in grado di garantire né pensioni, né sanità, né spese per il welfare. Per questo ora vogliamo estenderci ed entro la metà di quest’anno dare un’offerta alle aziende con cui potranno anche veicolare liquidi. Come i flexible benefit con cui il dipendente può pagare l’asilo dei figli, un’assicurazione sanitaria integrativa e investire in un fondo pensione integrativo».

Ci spieghi meglio…

«Il fondo pensione è importante, ma riteniamo che ci sia troppa poca consapevolezza sui vantaggi fiscali che ci sono nell’investire in uno di questi prodotti. Inoltre, vediamo tutti i nostri colleghi come persone che non avranno una pensione pubblica, per questo vogliamo insegnare loro a provare a crearsela privatamente. Infine, c’è una forte la curiosità verso il mondo del risparmio, degli investimenti.

Perché credo che sia nata nelle nostre generazioni e in quelle successive l’ansia di non avere più un livello di risparmio sufficiente rispetto alle generazioni precedenti. Siamo convinti nel voler diventare la più grande impresa del welfare in Italia, leader di Mercato. E l’altra cosa che ci piacerebbe fare è dare il nostro contributo a rendere gli italiani non solo un popolo di grandi risparmiatori ma anche di investitori…».

In che modo?

«Quest’anno lanceremo il primo prodotto di investimento. Non stiamo diventando una banca, però magari le somiglieremo un po’ di più. Perché tutti gli utenti di Satispay che già oggi si sono creati dei salvadanai, dove i soldi stanno fermi, a breve potranno investire quei soldi in qualche strumento apposito».

Siete tarati su Crypto o altri settori particolari?

«La nostra tendenza è quella di offrire una proposta ampia, in cui magari rientrerà anche quello, ma inizialmente si tratterà di prodotti più tradizionali. Vorremmo far capire agli italiani che non deve più succedere che in un momento di Mercato in cui l’inflazione è alta e quindi i tassi di interesse sono alti, loro tengano i soldi fermi. Partiremo con cose semplici, che possono produrre un interesse fisso, poi via via ci sposteremo verso l’investimento anche azionario e su più prodotti.

I PAC (Piani di Accumulo del Capitale, ndr) sono il modo più sano di investire, quindi arriveremo a dare alcune alternative, per far scegliere ai nostri utenti in base al livello di rischio che vogliono. Punteremo sul farli investire nel lungo periodo, un po’ alla volta ogni giorno. È il modo per crearsi un’indipendenza finanziaria negli anni. Ma non vedo Crypto nei primi mesi. Valuteremo».

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Siete uno dei pochi unicorni nati in Italia: quali sono le azioni prioritarie che possono essere attuate per favorirne lo sviluppo?

«Quello che manca oggi alla Startup per diventare unicorno sta nelle norme sul Mercato dei capitali. Noi abbiamo stilato delle proposte – che sono contenute nel Libro verde – per la sua riforma. Come l’aumento dei diritti di voto per azione, la necessità della relazione sull’esclusione del territorio di opzione, la possibilità del diritto di recesso. E il fatto che i patti parasociali non possano durare più di 5 anni, sono tutte cose atipiche e che complicano le operazioni straordinarie. In Italia per portare a termine quelle da 50 a 100 milioni con soci internazionali si impiegano da sei a 9 mesi. Altrove bastano tre mesi. Queste sono le cose su cui ci si deve concentrare».

Nei Paesi OCSE (dati DynEmp), le imprese con meno di 5 anni di età danno lavoro in media al 20% degli occupati, mentre creano quasi la metà dei nuovi posti di lavoro. Numeri simili si ritrovano anche da noi: nel 2021 (dati Cerved), hanno contribuito al 64% della nuova occupazione (345 mila addetti su una creazione netta di 535 mila posti di lavoro). E la classe con 20-49 addetti ha registrato un incremento. I dati al 2023 calcolano un numero di 63.519 dipendenti, ma solo 14.500 posti di lavoro sono creati da Startup attuali, mentre 49.019 da ex-Startup

«Nel momento in cui si creano non due, non tre, ma 10 o 20 unicorni mettiamo in piedi società che riescono ad assumere, a formare, a creare competenze tecnologiche e attirare persone da fuori. Noi stiamo riuscendo ad assumere diversi italiani che hanno sempre e solo lavorato in Silicon Valley. In tema di parità di genere, anche se siamo tre fondatori uomini, abbiamo equilibrato la nostra forza lavoro e possiamo dire di essere alla pari. In più, abbiamo misure dedicate al benessere dei genitori, in particolare per i papà».

Considerando il valore economico, le Startup ed ex-Startup innovative italiane hanno generato un fatturato di 12,8 miliardi nel 2023. Parallelamente, il valore aggiunto prodotto è stato di 3 miliardi

«Sì, ma siamo 10 anni indietro rispetto ad altri Paesi. Possiamo recuperare ma il problema è che anche Francia e Germania e Spagna sono tantissimi anni indietro rispetto a Stati Uniti, Cina. E il motivo è perché l’Europa non è un Mercato unico. Rispetto alle aziende americane, cinesi, indiane e anche sudamericane ci penalizza il fatto di poter servire popolazioni di decine di milioni di consumatori rispetto a centinaia di milioni. In Italia siamo ancora troppo concentrati sul Mercato locale. I singoli Stati non hanno delegato abbastanza potere normativo all’Europa. In questa fase di debolezza, spero che i governi nazionali arrivino a spaventarsi, a capire di aver bisogno di unità e cominciare ad agire per ottenerla».                                   ©

📸Credits: Unsplash       

Articolo tratto dal numero del 15 febbraio 2025 de il Bollettino. Abbonati!

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