Crediti condizionati e loro rilevanza nella liquidazione giudiziale

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La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza Interlocutoria n. 2931 del 5 febbraio 2025, ha rimesso alle Sezioni Unite una questione di rilievo sulla natura dei crediti condizionati nel contesto della liquidazione giudiziale (ex fallimento). La decisione mira a chiarire i criteri di ammissione e il trattamento di questi crediti, affrontando un contrasto interpretativo emerso nella giurisprudenza. Sul tema, consigliamo il volume Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito che raccoglie e illustra le novità di interesse per gli operatori del settore.

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Corte di Cassazione -sez. I civ.-ordinanza n. 2931 del 05-02-2025

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1. Le questioni poste alla Corte


L’ordinanza ha sollevato diversi interrogativi cruciali:

  • Se la domanda di risoluzione contrattuale proposta nei confronti di un soggetto poi fallito debba essere trasferita in sede fallimentare insieme alle domande risarcitorie o restitutorie connesse;
  • Se la mancata riproposizione della domanda in sede fallimentare comporti la perdita del diritto e se tale trasferimento sia obbligatorio anche quando l’azione di risoluzione sia stata iniziata dal contraente poi fallito e successivamente proseguita dal curatore;
  • Se, qualora la domanda di risoluzione rimanga dinanzi al giudice ordinario, la richiesta di ammissione al passivo debba essere presentata in un momento specifico e se il credito derivante possa essere assimilato ai crediti condizionali o debbano essere adottate altre soluzioni per evitare conflitti tra il giudicato fallimentare e quello ordinario.

Sul tema, consigliamo il volume Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito che raccoglie e illustra le novità di interesse per gli operatori del settore.

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Le tutele del nuovo sovraindebitamento. Come uscire dal debito

Aggiornato al terzo decreto correttivo del CCII (D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136), il volume, giunto alla sua II edizione, propone un’ampia ricognizione delle rilevanti novità normative e del panorama giurisprudenziale sul tema della crisi da sovraindebitamento. Sono raccolti diversi casi giudiziari riguardanti piani, omologati e non, ove emergono gli orientamenti dei vari fori e le problematiche applicative della normativa di riferimento. Il taglio pratico rende l’opera uno strumento utile per il professionista – gli organismi di composizione e i gestori della crisi, gli advisor e i liquidatori – al fine di offrire un supporto nelle criticità e i dubbi che possano sorgere nella predisposizione del Piano.
Monica MandicoAvvocato cassazionista, Founder di Mandico&Partners. Gestore della crisi, curatore, liquidatore e amministratore giudiziario. È presidente di Assoadvisor e coordinatrice della Commissione COA Napoli “Sovrain- debitamento ed esdebitazione”. Già componente della Commissione per la nomina degli esperti indipendenti della composizione negoziata presso la CCIAA di Napoli. Esperta in crisi d’impresa e procedure di sovraindebitamento e presidente di enti di promozione sociale. Autrice di numerose pubblicazioni, dirige la Collana “Soluzioni per la gestione del debito” di Maggioli Editore, ed è docente di corsi di alta formazione e master accreditati presso Università e ordini professionali.

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2. La normativa di riferimento


L’art. 72 della Legge Fallimentare regola gli effetti del fallimento sui contratti in corso al momento della dichiarazione dello stato di insolvenza. Nei primi quattro commi, la norma stabilisce che il curatore può scegliere se subentrare nel contratto o scioglierlo, previa autorizzazione del comitato dei creditori. Il quinto comma specifica che, se una delle parti ha già richiesto la risoluzione del contratto prima del fallimento, l’azione prosegue nei confronti del curatore, senza che quest’ultimo possa esercitare il diritto di scelta. In tal caso, se il contraente intende ottenere una somma o un bene, oppure un risarcimento, deve proporre la domanda secondo le regole di accertamento del passivo.
Questa disposizione è stata ripresa nell’art. 172, comma 5, del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), confermando che la domanda di risoluzione trascritta prima della liquidazione giudiziale spiega effetti anche nei confronti del curatore. Tuttavia, se il contraente mira a ottenere una restituzione o un risarcimento, deve procedere con la richiesta di ammissione al passivo.

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3. Le interpretazioni giurisprudenziali


Due diverse letture si sono sviluppate riguardo all’art. 72, comma 5, l. fall., con implicazioni pratiche importanti:

  • Tesi della divaricazione processuale: questa interpretazione distingue tra la domanda di risoluzione, che rimane di competenza del giudice ordinario, e le domande restitutorie e risarcitorie, che devono essere presentate in sede fallimentare. Secondo questa lettura, il giudice fallimentare non ha competenza sulla risoluzione del contratto, ma solo sulle richieste economiche connesse.
  • Tesi della trasmigrazione integrale: questa tesi sostiene che l’intero contenzioso, compresa la domanda di risoluzione, debba essere trasferito in sede concorsuale. L’argomento principale a supporto è che il legislatore ha inteso ricomprendere anche la risoluzione tra le domande da trattare nell’ambito dell’accertamento del passivo, garantendo così coerenza nel trattamento dei crediti in ambito fallimentare.

4. La definizione di crediti condizionati


Il credito condizionato è un concetto che ha generato dibattito in dottrina e giurisprudenza. Due principali orientamenti si contrappongono:

  • Interpretazione restrittiva: secondo la giurisprudenza prevalente, i crediti condizionati sono solo quelli espressamente previsti dall’art. 96, comma 2, n. 1, l. fall. (ora art. 204 CCII), ossia quelli sottoposti a condizione sospensiva o risolutiva e quelli per cui il pagamento è subordinato all’escussione dell’obbligato principale.
  • Interpretazione estensiva: un altro filone giurisprudenziale ritiene che rientrino in questa categoria anche crediti la cui esistenza dipende dal verificarsi di un evento futuro e incerto, purché abbiano una causa giustificatrice preesistente alla dichiarazione di fallimento.

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5. Crediti condizionati rispetto ai crediti condizionali


La Cassazione ha chiarito che il credito condizionato ha una portata più ampia del credito condizionale. Quest’ultimo riguarda crediti sorti prima della dichiarazione di fallimento, ma il cui effetto è subordinato a una condizione sospensiva o risolutiva prevista contrattualmente. Il credito condizionato, invece, comprende qualsiasi credito il cui riconoscimento dipende da un evento futuro e incerto che si realizza nel corso della procedura fallimentare.

6. Il contrasto da risolvere


Il punto centrale della controversia è se i crediti derivanti dalla domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento possano essere qualificati come crediti condizionati, sottraendoli alla giurisdizione del giudice ordinario. Se tale soluzione fosse accolta, ne deriverebbe l’obbligo di trasferire l’intero contenzioso in sede fallimentare. In caso contrario, si porrebbe il problema della gestione del possibile contrasto tra il giudicato fallimentare e quello del giudice ordinario.
Tre sono le soluzioni ipotizzate:

  • Sospensione della causa ordinaria ex art. 295 c.p.c., per evitare conflitti tra giudicati;
  • Separazione dei procedimenti, lasciando la domanda di risoluzione al giudice ordinario e le domande restitutorie e risarcitorie al giudice fallimentare;
  • Accettazione del rischio di conflitti tra giudicati, nel caso in cui le diverse finalità e regole di giudizio consentano di gestire eventuali contrasti.

Per risolvere questi dubbi interpretativi, la Cassazione ha rinviato la questione alle Sezioni Unite, che avranno il compito di fornire un principio di diritto chiaro e uniforme.

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