cosa cambia dopo la decisione della Consulta. Possibili nuovi interventi del governo

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Dieci miliardi di euro. A tanto ammonta il tesoretto accantonato dal governo nel solo 2024 grazie al ridotto recupero dell’inflazione applicato sugli importi delle pensioni superiori a quattro volte il minimo Inps.

Non sorprende perciò che in via XX settembre abbiano tirato un sospiro di sollievo dopo che la Corte costituzionale ha giudicato positivamente le misure di raffreddamento della rivalutazione automatica delle pensioni oltre i 1.650 euro netti al mese in vigore nel biennio 2023-2024. Una pronuncia di incostituzionalità da parte della Consulta sul taglio disposto con la legge di Bilancio approvata a fine 2023 avrebbe avuto infatti un impatto dirompente sulle casse dello Stato.

Pensioni, la Corte costituzionale con il governo: «Giusto ridurre rivalutazione di assegni medio-alti»

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Pensioni, l’assist dei giudici al governo

Ma facciamo un passo indietro. Nel 2023 e nel 2024 la rivalutazione degli importi è stata riconosciuta in misura piena solo alle pensioni più basse, quelle fino a quattro volte il minimo Inps. Più nel dettaglio, i trattamenti pensionistici sono stati suddivisi in 6 classi di importo complessivo. Quelli tra 4 e 5 volte il minimo Inps (tra 2.102,52 e 2.626,90 euro lordi al mese) sono stati rivalutati in misura pari all’85% del tasso di indicizzazione.

Gli assegni tra 5 e 6 volte il minimo Inps sono stati rivalutati invece al 53%, al 47% quelli tra 6 e 8 volte il minimo e al 37% quelli tra 8 e 10 volte il minimo. Infine, per i trattamenti superiori a 10 volte il minimo, il recupero dell’inflazione si è fermato al 32 per cento. Il taglio cumulato nel biennio 2023-2024 vale 37 miliardi di euro al netto delle tasse fino al 2032.

Cosa cambia

Da quest’anno, invece, il meccanismo di perequazione delle pensioni è tornato a essere quello in vigore fino al 2022. Le pensioni fino a 4 volte il minimo Inps vengono rivalutate al 100 per cento. Per i trattamenti tra 4 e 5 volte l’importo minimo si scende al 90 per cento. Per gli assegni oltre cinque volte l’importo minimo la percentuale si riduce al 75 per cento. Va ricordato però che per il 2024 l’Inps ha previsto che la percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni è pari allo 0,8% dal 1° gennaio 2025. Siamo dunque molto lontani dal 5,4% del precedente anno. Nel 2025, dunque, il valore di una pensione con importo compreso tra 4 e 5 volte il minimo Inps ha registrato un incremento dello 0,72%, anziché dello 0,8%, mentre un trattamento superiore a cinque volte il minimo Inps ha fatto un saltello dello 0,6 per cento.

GLI INTERVENTI
Intanto, alla luce della pronuncia della Corte costituzionale sulle misure di raffreddamento della rivalutazione automatica delle pensioni superiori a quattro volte il minimo, non è escluso che il governo metta in pista nuovi tagli. I giudici sono stati chiari: finché si «salvaguardano integralmente le pensioni di più modesta entità» è possibile intervenire. I pensionati che percepiscono assegni fino a quattro volte il minimo sono più della metà, circa il 54% del totale. Le pensioni di importo tra quattro e cinque volte il minimo rappresentano il 15%, mentre quelle di valore superiore a cinque volte il minimo sono meno dell’8 per cento. La rivalutazione viene attribuita dall’anno successivo a quello di decorrenza della pensione, sulla base dell’importo del cosiddetto cumulo perequativo di dicembre dell’anno precedente a quello da rivalutare, considerando come un unico trattamento tutte le pensioni di cui il soggetto beneficiario è titolare, erogate sia dall’Inps che dagli altri enti presenti nel Casellario centrale delle pensioni.

GLI IMPORTI
L’ultima legge di Bilancio ha confermato anche un aumento del 2,2% per le pensioni minime nel 2025 (l’assegno minimo sale così quest’anno a poco più di 616 euro mensili) e dell’1,3% nel 2026. Le pensioni per invalidità civile e altre categorie speciali beneficiano di aumenti più consistenti. Gli importi degli assegni destinati alle persone invalide civili, cieche e sordomute crescono nel 2025 dell’1,6 per cento.

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