Con Trump l’Unione Europea è rimasta indietro

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L’Unione Europea sta rimanendo in gran parte esclusa dai molti annunci e proposte fatte dal presidente statunitense Donald Trump da quando si è insediato, il 20 gennaio. Tra le altre cose, nelle ultime settimane Trump ha imposto dazi commerciali, parlato di possibili negoziati sulla guerra in Ucraina e proposto un piano per il futuro della Striscia di Gaza. In nessun caso i leader europei sono stati consultati o tenuti granché in considerazione, e al momento non sembrano avere grandi margini di manovra, o la forza per contrapporsi in maniera decisa a Trump.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, il 12 febbraio il segretario statunitense alla Difesa, Pete Hegseth, ha definito «irrealistica» la possibilità che i confini ucraini tornino quelli del 2014, cioè che l’Ucraina riesca a riprendere il controllo dei territori invasi, occupati e annessi in modo illegale dalla Russia, come la Crimea e molte zone dell’est.

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È in realtà una considerazione che riflette le grosse difficoltà dell’esercito ucraino nella guerra, ma allo stesso tempo indica anche un cambio di approccio da parte degli Stati Uniti: la precedente amministrazione del presidente Joe Biden aveva sempre sostenuto che dovesse essere l’Ucraina a decidere su eventuali concessioni territoriali, che per ora sono sempre state almeno formalmente escluse dal presidente Volodymyr Zelensky.

– Leggi anche: L’Ucraina sta offrendo metalli rari a Trump

Sempre questa settimana Trump ha parlato al telefono per oltre un’ora con il presidente russo Vladimir Putin, e ha poi detto di aver concordato l’inizio delle discussioni per mettere fine alla guerra. Solo dopo aver parlato con Putin, Trump ha chiamato Zelensky.

In tutti questi passaggi, l’Unione Europea non ha avuto alcun ruolo: è stata esclusa dalle telefonate e da qualsiasi decisione o annuncio. Kaja Kallas, l’Alta rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari esteri, ha criticato la chiamata tra Trump e Putin e ha sostenuto che un dialogo sulla guerra in Ucraina senza l’Unione Europea «non possa nemmeno iniziare»: «Se l’accordo viene fatto alle nostre spalle, semplicemente non funzionerà. Avete bisogno degli europei e degli ucraini per attuarlo».

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il vicepresidente statunitense J.D. Vance (AP Photo/Thomas Padilla)

Dall’inizio della guerra, nel 2022, gli Stati Uniti con l’amministrazione Biden sono stati di gran lunga i principali finanziatori della difesa ucraina: ora Hegseth ha detto che in futuro dovrà essere l’Europa a fornire «la stragrande maggioranza» degli aiuti militari. Dopo queste dichiarazioni i leader di vari paesi europei, tra cui Francia, Germania, Spagna e Italia, hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui hanno detto di voler «discutere i prossimi passi insieme ai nostri alleati statunitensi», ribadendo però che «l’Ucraina e l’Europa devono essere parte di ogni negoziato».

Tra il 14 e il 16 febbraio si svolge a Monaco di Baviera, in Germania, un’importante conferenza sulla sicurezza a cui hanno partecipato delegazioni di Stati Uniti, Ucraina e paesi europei, tra gli altri. Nel primo giorno di conferenza Zelensky ha parlato con il vicepresidente statunitense J.D. Vance, ma dall’incontro non è emerso granché.

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L’Unione Europea e i suoi leader non sono riusciti a reagire in modo convincente nemmeno all’imposizione di dazi statunitensi sulle importazioni di alluminio e acciaio, che dovrebbero entrare in vigore il prossimo 12 marzo. Inizialmente la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva promesso ritorsioni, ma da un recente incontro tra i ministri dell’Economia dei 27 paesi membri è emersa la volontà di negoziare ed evitare una cosiddetta “guerra commerciale”.

Infine, nelle ultime settimane l’Unione Europea è stata esclusa anche dai piani che Trump ha presentato sul futuro della Striscia di Gaza. Lo scorso 5 febbraio, durante una conferenza stampa con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Trump ha proposto che gli Stati Uniti prendano il controllo della Striscia, espellano i circa 2 milioni di palestinesi che ci vivono, e trasformino l’area in un centro turistico e immobiliare che Trump ha definito «la Riviera del Medio Oriente».

– Leggi anche: Perché il piano di Trump sulla Striscia di Gaza è enormemente problematico

È un piano enormemente problematico da molti punti di vista, che è stato criticato soprattutto dai due paesi che dovrebbero accogliere i profughi palestinesi: l’Egitto e la Giordania (è invece stato apprezzato da Netanyahu e dall’estrema destra israeliana).

È vero comunque che l’Unione Europea non ha mai avuto un ruolo davvero rilevante nei colloqui sulla guerra nella Striscia di Gaza: i negoziati per il cessate il fuoco, per esempio, sono mediati principalmente da Stati Uniti, Egitto e Qatar. I funzionari europei stanno ora collaborando con alcuni paesi arabi per presentare un piano alternativo a quello di Trump, di cui al momento si sa ancora molto poco.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente statunitense Donald Trump (AP Photo/Alex Brandon)

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Secondo un funzionario europeo, citato da Politico ma rimasto anonimo, gli eventi recenti mostrano la scarsa considerazione che gli Stati Uniti hanno dell’Europa. «La ragione per cui i leader europei sono così danneggiati da Trump è che gli Stati Uniti hanno smesso di fingere di considerare l’Europa come importante» a livello internazionale, ha detto il funzionario. «È un risveglio amaro».

Dall’altro lato, era prevedibile che la discussione pubblica e politica sarebbe stata monopolizzata da Trump nelle settimane immediatamente successive al suo insediamento: era già successo durante il suo primo mandato, nel 2017, e le decine di suoi annunci quotidiani fanno parte di una strategia comunicativa studiata per stordire giornali e opposizioni. Trump ha sdoganato una retorica aggressiva e provocatoria, che gli altri leader non possono o non vogliono imitare: anche per questo è difficile stare al passo e rispondere in modo adeguato.

Infine, alcuni tra i principali governi europei sono in grossa difficoltà. In Germania ci saranno le elezioni il prossimo 23 febbraio, organizzate in anticipo dopo una crisi che ha fatto cadere l’attuale governo del cancelliere uscente Olaf Scholz, mentre in Francia il primo ministro François Bayrou è riuscito a far approvare la legge di bilancio con mesi di ritardo e dopo una lunga serie di mozioni di sfiducia che avevano portato alle dimissioni del suo predecessore. Non sono quindi in una posizione sufficientemente stabile per fare opposizione a Trump in modo credibile.

– Leggi anche: Non è un caso se non riuscite a stare dietro a tutto quello che dice Trump



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