Monaco di Baviera, 14 feb. (askanews) – Doveva essere la giornata dell’Ucraina, è diventata l’occasione di un durissimo scontro a colpi di lezioni di democrazia tra gli Stati Uniti e l’Unione europea. Al suo esordio alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il vice presidente americano J. D. Vance ci è andato giù pesante. Il suo j’accuse nei confronti dell’Europa è stato articolato e del tutto inatteso, e ha lasciato la platea di funzionari governativi ed esperti di geopolitica, giunti ad ascoltarlo, con un misto di preoccupazione e incredulità.
Vance ha fustigato l’intero sistema di regole europee, ha accusato l’Europa di avere represso la libertà di parola e di avere scelto di “correre nella paura” dei propri elettori. Quanto all’aumento dell’immigrazione clandestina nel Vecchio Continente, ha commentato, è frutto di “decisioni consapevoli prese da politici nell’arco di un decennio”. Affrontando apparentemente il tema delle preoccupazioni statunitensi per la sicurezza europea, il vice di Donald Trump ha quindi dipinto un’Unione diretta da élite antidemocratiche, avvezza a metodi “repressivi” e “visioni politiche non ortodosse”. Accuse che sono state respinte al mittente con decisione dal ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, che non ha perso tempo ed ha replicato piccato: “se ho capito bene” Vance “sta paragonando parti dell’Europa a regimi autoritari” e “questo non è accettabile”.
Il presidente federale Frank-Walter Steinmeir, in realtà, aveva per primo alzato l’asticella delle polemiche con Washington. “La nuova amministrazione americana ha una visione del mondo diversa dalla nostra. Una visione che non tiene conto delle regole stabilite, delle partnership consolidate e della fiducia”, ha detto il capo dello Stato, avvertendo che “l’assenza di regole non deve diventare il modello per un nuovo ordine mondiale”. Quella di Vance, però, non è parsa una semplice replica, ma un discorso preparato e ricercato, mentre tutti si attendevano un intervento distensivo dopo le preoccupazioni degli ultimi due giorni innescate dalla brusca accelerazione di Trump sull’Ucraina e i suoi contatti con Vladimir Putin. “La minaccia che mi preoccupa di più nei confronti dell’Europa non è la Russia, non è la Cina, non è nessun altro attore esterno; ciò che mi preoccupa è la minaccia dall’interno, il ritiro dell’Europa da alcuni dei suoi valori più fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti d’America”.
Durante la sua invettiva contro l’Europa, Vance ha criticato il Regno Unito per avere arrestato un cittadino che protestato vicino a una clinica per l’aborto ed ha accusato la Svezia di avere condannato una campagna anti-Islam. Poi ha rivolto critiche esplicite ai leader europei che, a suo dire, avrebbero “minacciato e intimidito aziende di social media per censurare la cosiddetta disinformazione”. E per dare sostanza alle sue parole, ha citato la teoria della fuga di laboratorio del Covid-19. “Sembra sempre più che si tratti di vecchi interessi radicati, nascosti dietro brutte parole dell’era sovietica come disinformazione”, gente “a cui semplicemente non piace l’idea che qualcuno con un punto di vista alternativo possa esprimere un’opinione diversa o, Dio non voglia, votare in modo diverso o, peggio ancora, vincere un’elezione”, ha spiegato.
Secondo il vicepresidente Usa, “mettere a tacere” i punti di vista non ortodossi “è il modo più sicuro per distruggere la democrazia”. Ecco perché, secondo il numero due dell’amministrazione Trump, gli attuali leader europei somigliano molto agli autocrati di vecchi regimi repressivi durante la Guerra Fredda. Il suo pensiero è andato alla Romania e alle sue elezioni annullate. “Quando vediamo tribunali europei annullare elezioni e alti funzionari minacciare di annullarne altre, dobbiamo chiederci se ci stiamo attenendo a uno standard adeguatamente elevato” di democrazia, ha insistito, tracciando parallelismi tra ciò che ha definito una repressione della libertà di parola oggi e le autocrazie del XX secolo. “Nella memoria vivente di molti di voi in questa sala”, ha detto rivolgendosi a una platea incredula, “la Guerra Fredda ha posizionato i difensori della democrazia contro forze molto più tiranniche in questo continente”. “Considerate la parte in quella lotta che ha censurato i dissidenti, che ha chiuso le chiese, che ha annullato le elezioni. Erano i buoni? Certamente no. E grazie a Dio, hanno perso la Guerra Fredda. Hanno perso perché non hanno né apprezzato né rispettato tutte le straordinarie benedizioni della libertà”, ha affermato. Ma “sfortunatamente”, è il ragionamento del vice presidente Usa, “quando guardo l’Europa oggi, a volte non è così chiaro cosa sia successo ad alcuni dei vincitori della Guerra Fredda, “non si possono forzare le persone a pensare, a sentire o a credere”.
Ed eccola la lezione di democrazia di Vance all’Europa. I leader europei dovrebbero “accogliere ciò che la gente dice”, “anche quando è sorprendente”: “anche quando non siete d’accordo”, ha precisato. Proprio questa è la “magia” di ogni Stato democratico. Credere nella democrazia, secondo Vance, significa capire che “ognuno dei nostri cittadini ha saggezza ed ha una voce”, e “se ci rifiutiamo di ascoltare quella voce, anche le nostre battaglie più vincenti otterranno ben poco”. Quindi la conclusione ad effetto, con la citazione di una delle frasi più celebri di Papa Giovanni Paolo II, definito “uno dei più straordinari campioni della democrazia in questo continente o in qualsiasi altro”: “Non abbiate paura”. “Non dovremmo avere paura del nostro popolo”, ha precisato, “anche quando esprime opinioni che non sono d’accordo con la sua leadership”. (di Corrado Accaputo)
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