Ucraina, Trump fa piani con Putin. Ma a pagarli saranno gli europei, che non hanno leadership adeguate

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La telefonata con il Cremlino è la punta dell’iceberg di un piano disegnato a dispetto dell’Ue. Gli effetti per noi saranno epocali, dai grandi assetti a tasse e welfare. Trump sceglie il menù, gli europei pagano il conto. Von der Leyen si è mostrata condiscendente fino all’ultimo, prima dell’annuncio. Dopo, si è dileguata, come altri…

Donald Trump fa piani con Vladimir Putin ma il conto viene spedito agli europei, è salato, è epocale, e non cambierà solo geopolitica e sicurezza ma tutto, pure le tasse che paghiamo e il nostro welfare.

È lecito che a un cittadino comune sfugga per ora l’onda d’urto epocale dello schiaffo che l’amministrazione Usa sta dando all’Ue, ma che giustificazioni ha la leadership europea per essersi mostrata totalmente annichilita? Sapeva: era già chiaro da giorni (almeno) che in vista della conferenza sulla sicurezza di Monaco gli Usa intendessero inculcare il loro piano agli europei.

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L’inviato Usa in Russia e Ucraina, Keith Kellogg, lavora a quel piano già da tempo e aveva fatto intendere che nel momento propizio l’annuncio sarebbe spettato a Trump; il che è successo con il messaggio di mercoledì sulla telefonata con Putin. Alla vigilia, Ursula von der Leyen aveva incontrato il vice di Trump a Parigi, e ancor prima ha spedito la sua ombra, il capo di gabinetto, a Washington.

L’Ue annichilita

Eppure fino all’ultimo (come dopo l’incontro con Vance) la presidente di Commissione Ue ha parlato di «ottimismo», di «buone discussioni tra alleati», di «cooperazione»; quando poi il “piano Putin” è stato pubblicizzato da Trump, deflagrando in tutti i suoi effetti, von der Leyen è scomparsa dai radar per le successive 24 ore (dovrà ricomparire oggi a Monaco, dove c’è Vance con Kellogg). «L’Ue non era in contatto con Trump sulla telefonata con Putin»: è toccato dirlo ai suoi portavoce. Ma il messaggio completo è che l’Europa è tagliata fuori da un piano del quale si assumerà i costi (militari, economici, sociali).

«L’Europa deve parlare con Washington se vuole salvare il suo posto ai negoziati», ha infierito questo giovedì il Cremlino. La Casa Bianca sceglie il menù, gli europei pagano il conto. Dove è finita la presidente di Commissione più accentratrice di sempre, ora che una leadership europea è urgente? Ne esiste ancora una?

«Nulla sull’Europa senza gli europei, su questo siamo tutti d’accordo», ha detto questo giovedì Olaf Scholz, cancelliere dimezzato di una Germania che va al voto; intanto Emmanuel Macron rilasciava dichiarazioni sulla Siria, mentre il «ponte verso gli Usa» e la «sostenitrice indefessa dell’Ucraina» Giorgia Meloni si dileguava, taceva (come già successo ai primi dazi di Trump). «Il processo» – così i portavoce Ue definiscono le manovre su Kiev – è in corso, l’amministrazione Usa sta già dettando le condizioni. Silenzio, inazione, condiscendenza non invertiranno le sorti degli europei.

Lo strappo del quale i leader europei non possono non essersi neppure accorti riguarda tutto, dai grandi disegni alle piccole tasche. Cominciando dal quadro generale: Pete Hegseth, il segretario alla Difesa di Trump, ha detto chiaro e tondo che adesso gli Usa hanno altre priorità rispetto all’Europa, e cioè l’Indopacifico. Si concentrano sulla rivalità con la Cina. E già qui i leader in Ue dovrebbero porsi un interrogativo: oltre a disimpegnarsi con gli europei, Trump pretenderà pure da loro che lo seguano nello scontro con Pechino?

Tra le ragioni per cui una assenza degli europei dai negoziati su Kiev sconvolge, c’è il fatto che – come Hegseth sa e dice – Putin non vuole rivedere solo le contese territoriali (gli Usa gli hanno già fatto intendere che Crimea e Donbass saranno suoi) ma «l’architettura di sicurezza europea».

Nel 2008 era stato proprio un presidente repubblicano Usa, George Bush, a lanciare l’idea che l’Ucraina (e la Georgia) dovesse entrare nella Nato, nella perplessità dei leader europei: Francia contraria, Merkel che non voleva andare allo scontro con la Russia. Ora è un presidente repubblicano Usa a dire – prima ancora dei negoziati veri e propri – che per l’Ucraina nella Nato non c’è spazio. Significa togliere un ombrello difensivo alle condizioni per lo stop al conflitto, ed è per questo che l’Ue giudica instabile il piano emerso finora.

«Se non c’è la Nato, allora devono esserci altre condizioni di sicurezza», come dice l’alta rappresentante Ue Kaja Kallas. Sa che Trump vuole che le paghino gli europei, e infatti dice: «Non c’è tavolo senza di noi». Ma nessuno in Ue contesta che le paghino gli europei. E come?

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Un conto salatissimo

Anzitutto, il Pentagono (già nel giorno in cui von der Leyen incontrava Vance) ha chiarito che non ci saranno truppe Usa: ci saranno «europei e non europei»; non Usa, né Nato. Inoltre, con l’appoggio di alcuni leader Ue e del segretario Nato Mark Rutte, gli europei dovrebbero pagare pure le armi e gli aiuti che gli Usa faranno arrivare a Kiev. «Come far arrivare quel che serve all’Ucraina, e chi pagherà? Ci sarà pressione perché gli europei contribuiscano di più finanziariamente» (Rutte dixit). C’è di più. Il segretario al Tesoro Usa sta già trattando con Kiev, assecondando l’idea trumpiana che il supporto Usa debba essere ripagato con risorse ucraine (dai materiali rari all’energia).

Anche gli europei hanno supportato, e parecchio; ma secondo il Pentagono lo hanno fatto per un interesse diretto nella propria sicurezza: altro smacco. E la ricostruzione? Già dopo il primo viaggio di Draghi-Scholz-Macron a Kiev, Confindustria aveva stabilito contatti, poi Meloni ha lanciato conferenze sulla ricostruzione; ma Trump punta anche agli appalti. Poi c’è la questione di fondo: la Casa Bianca chiede agli europei di arrivare, in contributi alla difesa, a percentuali che neppure gli Usa toccano (il 5). «Dovete preparare i vostri cittadini, far presente le minacce», dice Hegseth: il disimpegno Usa motiverà una corsa alle spese militari e altri fondi all’industria bellica.

Compensati come? Rutte (e alcuni premier, come quella danese) lo hanno già esplicitato da tempo: tagliando la spesa sociale. In tempi in cui l’opzione non è tra cannoni e burro, ma tra cannoni e cure.

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