14/02/2025
Alcune pronunce recenti hanno affrontato il tema della possibile sanzione per responsabilità aggravata a seguito della mancata accettazione senza motivo della proposta di conciliazione del Giudice o di iniziale adesione non seguita da comportamento conseguente.
Il Tribunale di Palermo (sentenza n. 90 del 9/1/2025), di fronte ad una proposta avanzata dal Magistrato, accolta dalla parte attrice ma priva di alcuna adesione della convenuta, ha ritenuto che meriti adeguata sanzione prevista dall’art. 96, comma 3 c.p.c., la condotta processuale tenuta da quest’ultima.
Ciò in considerazione del danno arrecato al sistema giudiziario che, inteso nella sua complessità, è già gravato da milioni di procedimenti pendenti e il carico complessivo è ulteriormente aggravato da giudizi che suscitano un inutile spreco di tempo e di energie.
La condotta processuale tenuta è stata ritenuta “un comportamento abusivo che merita di essere adeguatamente sanzionato ex art. 96, comma 3, c.p.c.”.
Viene ricordata nella pronuncia palermitana la sentenza del Tribunale di Pistoia 30/1/2018 che, sottolineando come la proposta “assolve ad un importante compito deflattivo mirato ad evitare che tutte le controversie debbano necessariamente concludersi con sentenza” ha ritenuto che la mancata accettazione della stessa possa ritenersi causa di una inutile protrazione della controversia configurando la ricordata responsabilità processuale prevista dall’art. 96, comma 3, c.p.c..
Si fa riferimento anche alla sentenza del Tribunale di Roma 30/10/2014 che ritiene raffigurabile la detta ipotesi non solo nel caso di rifiuto ingiustificato della proposta conciliativa, ma anche in quello di “mancata valutazione della medesima proposta con serietà e attenzione”.
Il Tribunale di Latina, con sentenza n. 2073/2024 del 31/10/2024, ha stigmatizzato il comportamento processuale delle parti convenute, definito “defatigatorio” in quanto dopo aver già manifestato un atteggiamento di chiusura in sede di mediazione ed aver inizialmente aderito alla proposta transattiva / conciliativa del Giudice, non hanno poi dato seguito all’accordo omettendo il pagamento della prima tranche accordata.
La condotta è stata ritenuta violativa dei “principi di lealtà e probità e di economia processuale e, dunque, con evidente abuso del processo e dell’attenzione del Tribunale che ha dedicato ben 4 udienze ai predetti fini conciliativi”.
Anche il Tribunale di Latina ricorda la natura di sanzione di carattere pubblicistico della condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d’ufficio in caso di soccombenza, autonoma rispetto alle ipotesi dei primi 2 commi dell’articolo in questione “e con queste cumulabile, volta alla repressione dell’abuso dello strumento processuale” e quale elemento costitutivo della fattispecie si richiede “il riscontro non dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente” (Cass. n. 3830/2021; Cass. n. 20018/2020; Cass. n. 29812/2019; Cass. n. 27623/2017).
Sulla quantificazione della sanzione, il Tribunale di Palermo determina una somma pari al valore minimo delle spese processuali maturate dopo la proposta conciliativa, mentre il Tribunale di Latina individua un importo pari ad 1/3 delle spese di lite.
Essendo la giustizia una risorsa limitata, l’aver ulteriormente e irragionevolmente aggravato un sistema già afflitto da numerosi procedimenti pendenti con inutile impiego di mezzi spesi, comporta all’evidenza un abuso del processo con uno sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali e tale finalità sanzionatoria è stata rafforzata dalla recente Legge Cartabia con l’inserimento di un quarto comma dell’art. 96 c.p.c. che prevede nei casi contenuti nei primi tre commi una ulteriore condanna della parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma non inferiore ad €.500,00 e non superiore ad €.5.000,00.
L’interesse che la norma mira a tutelare è quindi quello del corretto ed efficiente esercizio della funzione giurisdizionale prevedendo la lesione di interessi pubblicisticamente orientati quali l’economia processuale con la sollecita ed efficace definizione dei giudizi e il buon andamento del processo provocata da comportamenti abusivi e temerari costituenti un intralcio all’amministrazione della giustizia.
La sanzione è altresì connessa alla violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art.88 c.p.c. con utilizzazione impropria del legittimo potere di promovimento della lite, per fini diversi da quelli cui è preordinato, con effetti pregiudizievoli per la controparte di fronte ad una pretestuosa iniziativa giudiziaria.
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