Si sta consumando un fallimento politico e gestionale che merita risposte immediate. Più di cinque milioni di euro del Fondo Povertà, attribuiti dal 2018 al 2023 per le politiche sociali al territorio Cava-Costa d’Amalfi, non sono stati spesi, e il loro destino sembra ancora incerto.
Alcuni sindaci stanno portando il dibattito sulla modifica dello statuto della nuova Azienda Consortile, che dovrà gestire i servizi sociali dell’Ambito S02, ma questo rischia di essere un diversivo. Intanto, lo statuto definitivo della nuova Azienda Consortile è stato approvato solo dal Comune di Ravello, che, come dichiarato dal sindaco nell’ultimo consiglio comunale, è stato il ‘comune più sollecito’. Gli altri comuni, invece, non si sono ancora mossi, perché sembra che ci siano altre criticità sullo statuto da modificare (non da ultimo la carica a tempo indeterminata del presidente dell’assemblea) (https://www.positanonews.it/2025/02/governance-e-chiarezza-necessaria-una-revisione-dello-statuto-dellazienda-speciale-consortile-cava-costa-d-amalfi/3765592/) e delle forti contrapposizioni tra il revisore e il Consiglio di Amministrazione; contrapposizione che riguarda la forma di contabilità dell’azienda se pubblica o privata e che a questo punto, forse, solo un organo terzo, come la Corte dei Conti, potrà dipanare tramite apposito quesito: ecco perché la fretta è cattiva consigliera. Il problema vero è che senza quei fondi, la nuova Azienda Consortile non potrà operare a pieno regime, con ricadute dirette sui servizi essenziali per i cittadini. In sostanza, stanno cercando di spostare l’attenzione su una questione burocratica, mettendo in ombra il problema reale: incertezza sui soldi che Cava ha nel suo bilancio, incertezza che potrebbero compromettere il funzionamento del sistema di welfare locale. Bisogna quindi insistere su questo punto e chiedere trasparenza sulle risorse disponibili, perché senza di esse il dibattito sullo statuto diventa secondario.
I numeri parlano chiaro. Dal 2018 al 2022, il Comune di Cava sembra che abbia effettivamente incassato le somme del Fondo Povertà, trasferite dalla Regione Campania, mentre il 2023 non risulta ancora incassato: un totale di oltre 5 milioni di euro. Tuttavia, il problema è ancora più grave: questi fondi non sono mai stati spesi a Cava e in Costa d’Amalfi. Sei anni di risorse bloccate, sei anni di servizi sociali negati. Questi soldi avrebbero dovuto garantire assistenza domiciliare per le famiglie in difficoltà, tirocini per il reinserimento lavorativo, interventi sociali urgenti, servizi per l’infanzia, sostegno ai disabili e agli anziani, e invece sono rimasti inutilizzati.
Il problema politico più grande è un altro: perché questi fondi, che fanno parte del Fondo Povertà (e forse altri?), non sono stati spesi dal 2018 ad oggi? Questo rappresenta sette anni di fallimento gestionale. Quanti cittadini hanno pagato il prezzo di questa immobilità amministrativa? Quanti servizi sono stati negati per colpa di scelte politiche sbagliate? Anzi di immobilismo politico e fallimento gestionale per essere più chiari.
Oggi la situazione è ancora più grave. Se questi fondi sono stati inseriti nell’avanzo di amministrazione, il problema si complica ulteriormente. Il Comune di Cava de’ Tirreni è sotto Piano di Riequilibrio Finanziario, il che significa che l’avanzo non può essere speso liberamente e potrebbe essere vincolato per il risanamento del bilancio. Se così fosse, le risorse destinate ai servizi sociali forse non sarebbero più immediatamente disponibili, creando un problema enorme per la nuova Azienda Consortile, che rischia di nascere senza i fondi residui per garantire i servizi ai cittadini.
Quali e quanti sono i fondi incassati e non spesi per il sociale in questi anni, oltre ai 5 milioni di euro del Fondo Povertà? È possibile che vi siano ulteriori risorse inutilizzate, magari provenienti da fondi regionali, statali o europei, che potrebbero subire lo stesso destino? se così fosse, il quadro sarebbe ancora più drammatico: non si tratterebbe solo di una cattiva gestione del Fondo Povertà, ma di una più ampia incapacità amministrativa nel gestire le politiche sociali negli ultimi anni. A questa domanda, dopo quasi un anno dalla costituzione dell’Azienda, sembra non è stata ancora data risposta: semmai qualcuno fin oggi si è posto questa domanda. Come è possibile che nessuno abbia fornito spiegazioni su un problema così grave? Perché alcune amministrazioni continuano a evitare il nodo centrale della questione? La vera emergenza è capire quali fondi residui, oltre al Fondo Povertà, può vantare Cava de’ Tirreni nel suo bilancio e se questi fondi sono realmente disponibili.
Senza certezze sui fondi residui, l’Azienda Consortile non potrà redigere un vero bilancio di previsione, non potrà assumere personale, non potrà nominare un Direttore Generale, non potrà gestire le utenze, gli uffici e quindi non potrà nemmeno garantire i servizi sociali ai cittadini: e su questo chiaro dato di fatto convengono sia il Consiglio di Amministrazione che il revisore dei conti dott. Rocco Leo.
Meglio prendersi qualche mese in più e far nascere un’Azienda Consortile solida, piuttosto che accelerare il processo, come si sta facendo, e commettere errori su errori e alcuni forse anche irreparabili. Dopo sette anni di immobilismo, non ha senso improvvisare soluzioni affrettate che potrebbero compromettere il futuro dei servizi sociali.
L’obiettivo deve essere chiaro: garantire una gestione chiara, efficiente e sostenibile. Per farlo, servono risposte certe sui fondi disponibili, una pianificazione e programmazione seria e la volontà di mettere davvero al centro il benessere dei cittadini.
Il tempo delle attese è finito: Cava faccia chiarezza sui fondi (e i comuni costieri che non chiedono questa chiarezza restano passivi di fronte alla situazione, mentre quelli che la chiedono sembrano essere considerati scomodi), ma quello delle scelte sbagliate non deve iniziare.
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