Perchè Derthona non trasferisce armi e bagagli a Torino? – CLAUDIO PEA

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   13 febbraio, giovedì          Ebbene sì, mi sono portato appresso il caro piccì al quale sono legato come Linus alla sua copertina che non ho ancora capito se sia o meno di cashmere: non credo, ma a me piacerebbe ugualmente saperlo. Perché mai? “Fatti miei” vi rispondo senza tanti giri di parole. Così potete tranquillamente anche dire che sono villano e scortese, però la chiudiamo subito qui. Altrimenti mi perderei in chissà quale labirinto di discorsi, o mie paturnie, che magari interessano a me e un cavolo a voi. Anche se, consultando google sul computer portatile ancora più piccino, che non me la sono sentita di lasciare a casa tutto da solo, non posso che essere d’accordo con la descrizione che fa Schulz, credo Bruno, del bambino dei Peanuts che non sono – lo giuro – miei parenti nemmeno alla lontana. Il quale “riesce ad intrattenere il suo amico Charlie Brown con disquisizione filosofiche degne di menti adulte e mature. Eppure, nonostante tutta questa saggezza, fatica immensamente a separarsi dalla sua celebre copertina avendo il terrore di non riuscire ad affrontare il mondo senza quel rassicurante pezzettino di stoffa”. Insomma alla fin fine ve l’ho detto di cosa è fatta la copertina di Linus: di semplice stoffa e non della lana pregiata con la quale è stato fatto dalla mia magliaia il pullover rosso che oggi indosserò sul calar della sera nella seconda giornata dei quarti di finale di Coppa Italia.

Così la gente dell’Inalpi Arena potrà dire: guardalo il comunista in cashmere rosso che, seduto tra i due gemelli Viberti, Giorgio e Paolo, o Paolo e Giorgio, è lo stesso, se la ride di gusto nella grande tribuna-stampa dove pare lavori solo la debuttante Giulia Arturi, l’inviata della Gazzetta dello sport che ogni giorno da Torino deve spedire una pioggia d’articoli di basket per riempire tutta una pagina in rosa. Poveretta. Ai miei tempi (d’oro) e in quelli dei Viberti, Giorgio alla Stampa e Paolo a Tuttosport, che insieme hanno scritto il libro “Il buio oltre la gloria”, quaranta storie di campioni in quarant’anni di giornalismo nei loro rispettivi quotidiani, che presenteranno lunedì 24 febbraio al Fogher di Treviso, dove assolutamente non potrò mancare. Ai miei tempi, dicevo, gli inviati della Gazzetta e i loro collaboratori occupavano almeno la prima fila sotto canestro delle Final Four e poi Eight della tribuna-stampa. Mentre in seconda fila prendevano posto le loro mogli o le loro amanti, che facevano passare per sorelle maggiori o minori, dipendeva dall’età, ma ciascuno al massimo scriveva un articolo quando non teneva solo il tabellino della partita in corso.

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Tra mezzoretta inizierà il terzo quarto di finale di Coppa Italia tra Trento e Reggio Emilia. Cui farà seguito alle 20.45 quello tra Trapani e Trieste. Dopo che ieri spero l’abbiate saputo che la Germani del bravo Beppe Poeta ha battuto (86-79) allo sprint Tortona, che sinceramente non pensavo migliore di quella che ha comunque battagliato sino al 78-77 dell’ultimo minuto con la ben più forte Brescia, e l’Armani ha messo in ginocchio (91-77) una Virtus che più di così francamente non credevo potesse fare. Senza tifosi al seguito (solo un mini-pullman d’ultras da Bologna) e senza soprattutto Will Clyburn e Ante Zizic che bene o male a Massimo Zanetti e al suo socio Carlo Gherardi (col 45 per cento) costano insieme qualcosa come quasi 6 milioni d’euro lordi. Ovvero quanto l’azienda Segafredo passa oggi come oggi di sponsorizzazione alla storica società delle vu nere. Oltre a Matt Morgan, pure assente, che non sarà magari un fulmine di guerra, ma che senz’altro più dell’ultimo acquisto Justin Holiday, un punto in 17′, già battezzato “Soldi buttati al vento”, certamente può dare.

Ecco, povera Giulia Arturi, ex playmaker della Geas di Sesto San Giovanni e figlia della mitica Rosi Bozzolo, Hall of Fame del basket azzurro. Quel Braccetto corto di Urbano Cairo ha mandato solo lei alle final eight torinesi e la neo assunta della Gazzetta ha giustamente scritto che tra Milano e Virtus ieri non c’è stata storia. Però si è dimenticata di ricordare che nella squadra di Dusko Ivanovic, che ha davvero un bel codino tirato per i capelli, sono mancati i centimetri di Zizic e lo spessore di Clyburn, che almeno il padre, l’ex capo-redattore della Gazzetta, Franco Arturi, se fosse stato presente alla partita, glielo avrebbe potuto soffiare ad un orecchio.

Devo proprio scappare in taxi all’Inalpi Arena se non voglio arrivare in ritardo all’incertissima sfida tra Trento e Reggio Emilia. Predicendovi che per un forte sentimento più nostalgico che nazional-provinciale come quello che devasta i bolognesi anche fortitudini, tiferò per Trento e Trieste. Anche se tutti, ma proprio tutti, non di certo il sottoscritto, vorrebbero che Trapani giocasse la finale contro l’Armani. Forse per vedere il patron Valerio Antonini andar fuori da matti? Sarà quel sarà, ma intanto di corsa, e molto di fretta, butto là una proposta: perché il padre padrone di Derthona, Beniaminio Gavio, che mi dicono scontento delle prestazioni della squadra ma anche dell’affetto sinora mostrato dalla gente di Tortona per la cosa più bella che c’è oggi nel paese dell’Alessandrino, cioè la squadra di basket, non trasferisce armi e bagagli a Torino dove almeno diecimila persone l’accoglierebbero a braccia aperte assieme al presidente Marco Picchi, oltretutto juventino doc, e all’insostituibile Walter De Raffaele coach? L’idea non mi sembra assolutamente da buttare. Come quella d’aver portato con me a Torino il piccì e il computerino. Così oggi, dopo aver pranzato con Gianmarco Pozzecco ed esserci divertiti da matti alla pizzeria Quattro soldi, senza minimamente far accenno alla sua nazionale, alla Reyer o a Casarin padre e figlio, ho potuto scrivere: ne avevo veramente voglia. Pure per confessarvi ancora tre cose. 1) Questo della pallacanestro delle Final eight è sempre il mio mondo.  Anche perchè non ho sentito nemmeno una canzone di Sanremo o un urlo di Ciccioblack Tranquillo. 2) Nulla di più bello ho visto sinora a Torino di Marigona Dragusha, detta Gona (nella foto, ndr), madrina della Coppa Italia 2025 e Miss Kosovo nel 2009  quando arrivò seconda poi  a Miss Universo. A parte Shavon Shields e i primi arbitri, quando ci vuole ci vuole, Beniamino Manuel Attard e Saverino Lanzarini. 3) Il conto l’ha pagato il Poz. E dovrei vergognarmene se poi non sarà mio ospite al Leone di San Marco quando lui verrà a Mestre. A Mestre ho scritto e non alla Reyer. Mentre è assodato che da oggi non lo chiamerò più P(r)ozzecco perché ha bevuto con la pizza solo una birra. E pure piccola. E neanche un goccio di prosecchino. Mentre Ivanovic dopo la brutta sconfitta con Ettore Messi(n)a ha dichiarato nello spogliatoio: “La Segafredo vincerà lo scudetto!“. E nemmeno lui aveva bevuto…

 

 

 

 

 

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