i magistrati non obbediscono e si dimettono

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L’amministrazione vuole salvare il sindaco dem di New York, imputato per corruzione e pronto ad aiutare la destra sull’immigrazione. È l’ennesimo capitolo della guerra fra il tycoon e le toghe, per cui Musk invoca l’impeachment. E intanto un giudice sblocca i fondi Usaid

La scontro fra l’amministrazione Trump e la magistratura ha raggiunto nuove vette di asprezza quando il dipartimento di Giustizia si è attivato, con sfoggio di muscoli esecutivi, per salvare Eric Adams, il sindaco di New York imputato per corruzione e che sarebbe dovuto andare a processo fra un paio di mesi. La richiesta del governo di cancellare tutte le accuse a suo carico ha generato una serie di dimissioni, condite da accuse di aver piegato la giustizia ai propri scopi politici e, in risposta, minacce di impeachment o semplicemente di ignorare ciò che i tribunali dicono.

Lunedì scorso il viceprocuratore generale, Emil Bove (già avvocato di Trump), ha scritto alla procuratrice di Manhattan Danielle R. Sassoon, chiedendole di chiudere il procedimento verso il sindaco democratico, imputato fra le altre cose per corruzione, cospirazione, truffa e per aver tentato di ottenere finanziamenti elettorali dall’estero. Bove non ha motivato la richiesta con ragioni legali, ma squisitamente politiche. In particolare, il funzionario trumpiano sostiene che l’incriminazione impedirebbe ad Adams di collaborare efficacemente con il governo federale nella politica di rimpatrio dei clandestini.

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Sassoon si è rifiutata di eseguire l’ordine e si è dimessa, inviando una vibrante lettera di protesta alla procuratrice generale, Pam Bondi, nella quale sostiene l’illegittimità di una richiesta che non si sforzava nemmeno di apparire motivata in modo legale. Nella lettera, Sassoon scrive che l’ordine ricevuto è «incoerente con la mia abilità e il mio dovere di perseguire crimini federali senza timore né favore e presentare argomenti in buona fede al cospetto della Corte».

Inoltre, la procuratrice dimissionaria ha mosso accuse pesanti al sindaco e agli organi di giustizia: i legali di Adams avrebbero più o meno apertamente fatto capire ai rappresentanti del governo che il sindaco avrebbe collaborato con la politica anti immigrazione di Trump in cambio della cancellazione del processo. Il dipartimento di Giustizia ha accettato le dimissioni e ha spostato il caso nella sezione sull’integrità di Washington – che supervisiona i casi di corruzione – ma i due magistrati che guidano l’unità si sono subito dimessi, seguiti poi da altri quattro colleghi. Si tratta dell’atto più esplicito di resistenza alle aggressioni politiche dell’amministrazione da parte di membri della magistratura, e arriva alla fine di una settimana caratterizzata (ancora) da decisioni di tribunali che fermano, contraddicono o ritardano gli ordini della Casa Bianca.

La conversione di Adams

Il caso di Adams è a un tempo singolare e paradigmatico. Il sindaco è un democratico di orientamento centrista che ha perso la fiducia dell’elettorato di sinistra con l’emergere delle pesantissime accuse per corruzione e malversazioni varie. A quel punto, ha capito che la strada più sicura per uscire indenne per uscire da questo groviglio legale non era preparare una convincente linea difensiva da presentare in tribunale, ma corteggiare Trump. Adams ha prima promesso di non criticare il presidente pubblicamente, poi in un’intervista a Tucker Carlson – il più sonoro dei trombettieri di Trump – ha attaccato frontalmente l’amministrazione Biden e la sua «fallimentare politica dei confini». A gennaio è andato a porgere i suoi omaggi alla corte di Mar-a-Lago e poi ha partecipato alla cerimonia di insediamento.

Il sindaco ha raccolto i frutti del corteggiamento. Il dipartimento di Giustizia ha ordinato di cancellare i procedimenti ai suo carico e il viceprocuratore Bove ha abbracciato l’idea, dettata dal sindaco, che tutta l’indagine a suo carico fosse stata una manovra politica di Biden per far pagare al collega democratico la sua opposizione alla linea ufficiale sull’immigrazione. Lo ha scritto Bove nella lettera che ha scatenato le dimissioni a catena: «Non può essere ignorato che il sindaco Adams abbia criticato le politiche della precedente amministrazione prima che fossero formulate le accuse contro di lui». Insomma, per Trump anche Adams è vittima della giustizia politicizzata di Biden e va salvato in quanto alleato potenzialmente decisivo per la lotta all’immigrazione clandestina che il governo vuole combattere ovunque, ma soprattutto nelle grandi città democratiche, “santuari” di immigrati senza documenti.

I fondi sbloccati

Giovedì un giudice federale ha ordinato all’amministrazione di sbloccare i fondi dell’agenzia Usaid, destinati a progetti di cooperazione internazionale, che sono stati congelati nella prima settimana di governo. Secondo il tribunale, la logica del provvedimento è discutibile e il blocco temporaneo rischia di fare danni irreparabili ai progetti di sviluppo, perciò il giudice ha disposto che l’amministrazione ripristini tutti i progetti per cui erano stati stanziati i finanziamenti prima dell’insediamento dell’amministrazione, impedendo a Trump di licenziare o sospendere impiegati legati a quei progetti. È soltanto l’ultimo degli atti giudiziari che stanno ostacolando il furibondo tentativo dell’amministrazione di sventrare la burocrazia federale con licenziamenti massicci, chiusure forzate di interi dipartimenti, sospensioni di pagamenti e congelamenti di fondi. Elon Musk ha ripetutamente chiesto l’impeachment dei magistrati che si oppongono alla volontà del governo, in particolare di quello che ha decretato che soltanto i civil servant – e non gli uomini nominati dalla Casa Bianca – possono accedere al sistema di pagamenti del dipartimento del Tesoro. Anche il vicepresidente, J.D. Vance, nei giorni scorsi ha detto che il potere giudiziario non ha l’autorità per fermare i decreti dell’esecutivo.

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