I 10 paradossi delle tasse e del fisco italiano. E ce ne � per tutti

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Quali sono i grandi paradossi delle tasse in Italia? Un’analisi di Paolo Remer riportata su La legge per tutti indica chiaramente i casi ‘strani’ delle regole fiscali italiane, a cui ormai siamo così abituati da non dar peso ma che, se attentamente studiati, sono paradossali. 

Partendo dal presupposto che il sistema impositivo italiano si basa sulla progressività, per cui più si guadagna e più si paga di tasse (o meglio dovrebbe) e che i costi devono essere proporzionati alle capacità reddituali di ogni contribuente, vediamo quali sono specificatamente i casi fiscali paradossali. 

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  • Le tasse che si pagano sulla casa, Imu e Tari
  • Il grande paradosso delle accise
  • Gli acconti Irpef
  • Il funzionamento delle deduzioni e delle detrazioni
  • E l’Iva?
  • Canone Rai e bollo auto
  • L’imposta di bollo
  • Contributo unificato, cos’è e quando si deve pagare

Le tasse che si pagano sulla casa, Imu e Tari

Le prime tasse, considerate un po’ paradossali in Italia, sono quelle sulle case di proprietà, soprattutto l’Imu. Si tratta dell’imposta che deve essere pagata da tutti i proprietari di seconde case (in poi), obbligatoriamente, al Comune in cui l’immobile si trova.

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E si deve pagare sempre, sia che la casa, sia per esempio una seconda casa al mare, per cui resta vuota per la maggior parte dell’anno, sia che sia in affitto, sia che sia del tutto disabitata.

Il principio di pagamento di questa imposta, che non colpisce le prime case adibite ad abitazione principale, ma le seconde, terze, ecc, è che se un soggetto può acquistare più di una casa significa che ha una buona capacità patrimoniale, per cui può pagare le tasse.

Riflettendoci, però, sono tanti coloro che acquistano una seconda casa con tantissimi sacrifici, magari fuori città, per permettere alla famiglia di trascorrere momenti lontani dalla routine, e a fatica la pagano. Non significa sempre che si sia ricchi al punto tale da dover pagare chissà quante tasse.

E si paga anche la Tari, l’imposta sui rifiuti, che, come l’Imu, è obbligatoria da pagare per tutti coloro che hanno case e che occupano ogni tipo di immobile, come gli inquilini, i comodatari, ecc, suscettibile di produrre rifiuti.

Il grande paradosso delle accise

Un altro pagamento che per tanti è assurdo è quello delle accise. Si tratta di una tassa che lo Stato introduce per finanziare eventi straordinari ed eccezionali, come la guerra in Etiopia del 1936 e la crisi del canale di Suez 20 anni dopo, i recenti eventi calamitosi, o sulla fabbricazione o sulla vendita di prodotti di consumo. 

Sono piccole cifre che, sommate, danno come risultato un prelievo fiscale aumentato enormemente. E la dimostrazione è il costo dei carburanti, sempre molto più alto rispetto al prezzo effettivo del servizio.

Gli acconti Irpef

A ben pensarci anche il pagamento degli acconti Irpef è paradossale: prevede il pagamento delle tasse sui redditi che non sono stati incassati ma che si stima si percepiranno, per cui si paga sul reddito presunto, ma nel frattempo non è un reddito percepito e i lavoratori non hanno avuto già i soldi per cui effettuano il versamento.

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Questo sistema è stato introdotto per agevolare, si diceva, i contribuenti, in modo da evitar loro il pagamento di una maxi rata che avrebbe potuto pesare, e non molto. E in tanti avrebbero potuto non pagarla, con la conseguenza diretta per lo Stato di incassare meno. Cosa non possibile, perché allo Stato i soldi servono.

E allora si paga prima e poi dopo, se non si percepiscono tutti i redditi per cui si è pagato, grazie al conguaglio finale si possono recuperare, l’anno successivo, i pagamenti fatti in più. Nel frattempo, prima, è stato già pagato l’acconto.

Il funzionamento delle deduzioni e delle detrazioni

Aprendo, poi, il capitolo delle deduzioni e delle detrazioni fiscali ben ancora si capisce quanto paradossale e complicato sia il nostro sistema fiscale.

Ad oggi orientarsi tra costi da portare in detrazione e costi da portare in deduzione sta diventando sempre più difficile, cambiano le soglie di reddito su cui è possibile applicare le detrazioni, cambiano le loro percentuali rispetto alle spese, c’è chi può usufruirne e chi no, non si possono avere se il loro importo supera la capienza fiscale del contribuente.

In questo modo anche chi ha redditi bassi non può usufruirne e sfruttarle completamente, il che rende tale sistema poco vantaggioso.

E l’Iva?

E che dire dell’Iva? Ogni volta che acquistiamo un qualsiasi genere di bene, dal più piccolo al più grande, o usufruiamo di un servizio, più o meno importante, dobbiamo pagare l’Iva, che cambia.

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E’, infatti, ridotta al 4% o al 10% sui beni di prima necessità, come i generi alimentari, anziché al 22% che è l’aliquota generale, ma non azzerata. E ci sono casi in cui non dovrebbe esser proprio calcolata.

Chi deve mangiare, è meno abbiente e deve comprare un pacco di pasta, deve poterlo pagare senza Iva, perché è un costo in più che si aggiunge a quello iniziale e che diventa alto per alcuni. 

Canone Rai e bollo auto

Altre tasse considerate paradossali dagli italiani, e infatti sono le due più evase dai cittadini, sono il canone Rai e il bollo auto. Il primo, che era stato ridotto a 70 euro nel 2025, è tornato a costare 90 euro, da pagare direttamente (ancora) in bolletta della luce per tutti coloro che possiedono una tv.

Il canone si paga anche questa tassa sempre, anche se la tv non si vede mai, ma non si paga se, invece, si vedono i programmi Rai su tablet e pc.

Per quanto riguarda il bollo auto, si deve pagare ogni anno (ma pochissimi italiani adempiono effettivamente a tale obbligo) ed è la tassa di circolazione diventata tassa di possesso dovuta per il sol fatto di avere una macchina, anche se non si usa, anche se si eredita e poi si rivende. 

L’imposta di bollo

Nel nostro Paese è previsto poi il pagamento dell’imposta di bollo, dovuta su quasi tutti i tipi di atti e documenti, dai contratti registrati (16 euro ogni 4 facciate o comunque 100 righe, per evitare l’evasione di coloro che scrivono stretto), alle ricevute di pagamenti tra privati, come per esempio per prestazioni occasionali, superiori a 77,47 euro (si pagano 2 euro fissi), agli estratti dei conti correnti bancari e di altri prodotti finanziari, di risparmio e investimento.

Molti di questi documenti si possono ormai ottenere in maniera digitale, si ottengono subito e gratuitamente, eppure l’imposta di bollo si deve comunque pagare.

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Contributo unificato, cos’è e quando si deve pagare

Il contributo unificato è una imposta che devono obbligatoriamente pagare coloro che intraprendono un processo civile, penale o amministrativo e che non possono accedere al patrocinio gratuito. 

Tale contributo sostituisce l’imposta di bollo sugli atti, la tassa d’iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e di chiamata in causa dell’ufficiale giudiziario e il suo costo varia a seconda del valore della causa, con importi crescenti e proporzionati al valore della controversia.

Se non si paga tale contributo, non si può dare avvio ad alcun procedimento legale, perché, per legge, fino a quando non si effettua il dovuto versamento, non si può iscrivere a ruolo la causa e il giudice non può trattarla. Si tratta di un pagamento paradossale per due motivi.

Il primo è perché non sempre chi deve intentare una causa, avendo giusta ragione, e ne ha bisogno, ha i soldi per pagarlo, pur se gli importi possono essere bassi; il secondo deriva dal fatto che spesso i cittadini, considerando già le lungaggini della giustizia italiana, pensando di dover anche pagare, si scoraggiano e alla fine lasciano perdere l’avvio di qualsiasi procedimento. 

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