Fine vita, le difficoltà del governo a impugnare la legge della Toscana

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«Faremo come abbiamo fatto con l’Emilia Romagna»: la promessa serpeggia nei corridoi di Palazzo Chigi dove si attende solo che la legge sul fine vita varata dal Consiglio della Regione Toscana venga pubblicata sul bollettino regionale prima di mettere al lavoro gli avvocati di Stato. L’obiettivo è «impugnare» la legge che definisce tempi e procedure certe per l’aiuto medico alla morte volontaria dei malati terminali che lo richiedano, diritto sancito ormai cinque anni e mezzo fa dalla Corte costituzionale. Davanti a quale organismo e su quali appigli giuridici, però, è tutto da vedere.
In Emilia Romagna infatti, nell’aprile scorso, l’allora presidente Bonaccini decise di riempire subito il vuoto legislativo lasciato dalla sentenza 242/2019 con due delibere di giunta che la presidenza del Consiglio e il ministero della Salute impugnarono davanti al Tar della regione mettendo in dubbio la legittimità dei comitati etici regionali (Corec) istituiti . In verità, i giudici amministrativi non hanno ancora deciso, ma il governo scommette stavolta su un ricorso alla Consulta (sperando forse, come fanno i teocon di Pro vita & Famiglia, che con l’elezione del nuovi giudici costituzionali si inauguri «una nuova stagione sul fronte dei temi etici»).

Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, risponde così all’eventuale intenzione del governo di impugnare la legge regionale sul suicidio medicalmente assistito: «Abbiamo fatto un servizio che tanti cittadini hanno apprezzato, per un Fine vita dignitoso, accompagnato medicalmente, uguale per tutti. Poi sui provvedimenti costituzionali o non costituzionali mi sembra ci abbia già pensato la Corte costituzionale a dire che è bene che il legislatore nazionale faccia una legge che ricalchi sostanzialmente quello che abbiamo fatto noi».

E in effetti dopo il voto toscano, la discussione si è riaccesa anche in altre delle 11 regioni coinvolte nella proposta di legge «Liberi subito» promossa dall’associazione Coscioni. Un nuovo varco si è aperto per esempio in Abruzzo dove le audizioni sulla legge di iniziativa popolare, depositata a giugno 2023 con 8.119 firme, riprenderanno in commissione sanità il 18 febbraio. In Sardegna, invece, dopo che a fine novembre tutti i gruppi della maggioranza avevano sottoscritto il testo, il ddl si è arenato. L’iter non è ancora cominciato neppure in Valle D’Aosta, Campania e Lazio, dove il governatore Rocca (FdI) preferisce attendere che a legiferare sia il Parlamento malgrado, riconosce, «abbiamo un obbligo, comunque la si pensi la Corte Costituzionale si è espressa ed è stata chiara; il tema è dolorosissimo e non mi sento di giudicare le scelte individuali». In Veneto, dove il tentativo del presidente Zaia (Lega) è stato boicottato dalla sua parte politica e, un anno fa, il testo venne bocciato dal Consiglio regionale e rinviato in commissione (come anche in Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, dove Attilio Fontana si augura «una decisione a livello nazionale»), il M5S ha chiesto ieri di far ripartire subito l’iter.

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Bisogna essere chiari: la legge regionale che la Toscana ha varato tre giorni fa non interviene in materia di ordinamento penale o civile. Su questo piano si limita a richiamare la sentenza con la quale la Consulta, intervenendo sull’aiuto fornito da Marco Cappato a Dj Fabo, riconobbe il diritto – in determinate condizioni – di accedere al suicidio medicalmente assistito. Viceversa, la legge «detta norme a carattere organizzativo e procedurale per disciplinare in modo uniforme sul proprio territorio l’esercizio delle funzioni che la giurisprudenza costituzionale attribuisce alle aziende sanitarie», come riferisce al manifesto il presidente della commissione Sanità della Regione Toscana, Enrico Sostegni. In quanto, «i giudici costituzionali hanno ritenuto che la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e delle relative modalità di esecuzione debba restare affidata a strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, e che a tal fine debba essere acquisito il parere del comitato etico territorialmente competente». A questo scopo la Regione si avvale di una commissione multidisciplinare e di comitati etici locali già istituiti in base ad una legge regionale del 2017. A loro spetta di verificare i requisiti del paziente e l’idoneità del protocollo di attuazione, entro 30 giorni complessivi.

Una legge necessaria  affinché non si ripeta quanto accaduto, proprio in Toscana, alla signora Gloria, affetta da una malattia che le toglieva il respiro e per la quale aveva ottenuto dalla Asl il via libera al suicidio. Il farmaco però non è arrivato in tempo e dopo un anno di inutili e terribili sofferenze Gloria è morta sedata e non come avrebbe voluto, lucida e vicina ai propri cari.



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