Un gruppo di ragazzi con una spiccata sensibilità ambientale ha deciso di trovare una soluzione a un problema che è sotto gli occhi di tutti: quello della dispersione dei mozziconi di sigaretta.
Un rifiuto molto diffuso e difficile da gestire che però può essere inserito in un processo virtuoso tale da renderlo una risorsa nuova di zecca da utilizzare come imbottitura. È questa la soluzione ideata da HumanMaple, la startup nata a Modena con il proposito di coniugare innovazione e sostenibilità portando avanti anche un’attività di sensibilizzazione sui temi green.
Be more than a Human, be a Human Maple, recita il claim scelto dalla startup che prende come proprio simbolo l’acero riccio (maple in inglese), uno degli alberi che assorbe il maggior quantitativo di CO2 dall’atmosfera: un invito rivolto agli umani a portare il proprio contributo all’ambiente proprio come fanno gli aceri. Di questo e di tanto altro ci parla Marco Boccia, co-founder di HumanMaple.
Boccia, di cosa si occupa Human Maple?
La nostra startup ha ideato una soluzione innovativa che abbiamo brevettato per raccogliere, processare e dare nuova vita ai mozziconi di sigaretta. Un rifiuto considerato indifferenziato, molto diffuso nell’ambiente, che noi trasformiamo in una nuova risorsa da usare come imbottitura.
In particolare, siamo in grado di processare i mozziconi di sigaretta che cessano di essere rifiuto diventando materia prima seconda. Parliamo dell’acetato di cellulosa, la parte bianca all’interno del filtro della sigaretta che ha proprietà termoisolanti. Un materiale che può essere introdotto nel mercato della moda come imbottitura ma può avere molte altre applicazioni.
Noi, per esempio, abbiamo realizzato i cuscini da seduta per nastro azzurro al foro italico di Roma per il rugby sei nazioni. Attualmente siamo impegnati in alcuni progetti con grandi nomi del fashion per realizzare scalpi per giacche, sarebbe a dire dei film imbottiti che si mettono all’interno dei capi di abbigliamento.
Come vi è venuta l’idea?
Il mio socio Ali Benkouhail ed io, entrambi nati nel 1998, fin da giovanissimi abbiamo sempre partecipato alle giornate di raccolta di rifiuti organizzate nel nostro comune in provincia di Modena, Castelfranco Emilia. Un giorno studiavamo in biblioteca e durante una pausa il nostro sguardo si è fermato su una gazza ladra che giocava con un mozzicone di sigaretta. In quel momento ci siamo messi in testa di risolvere il problema di questo rifiuto che, benché di piccole dimensioni, reca grandi danni all’ambiente innanzitutto perché i 2/3 dei fumatori lo gettano a terra.
Quando siete partiti?
Ci siamo costituiti a marzo del 2022 con il proposito di vendere una campagna volta al recupero dei mozziconi di sigaretta che abbiamo chiamato Riciccami.
I dati che abbiamo raccolto sono molto significativi e ci hanno convinto che eravamo sulla strada giusta. Secondo l’Istat il 41,6% di questo rifiuto viene disperso nell’ambiente creando danni perché contiene sostanze tossiche. Per esempio, se finisce a contatto con l’acqua può contaminarne fino a 1000 litri. Inoltre, secondo un report dell’UNEP, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il 40% dei rifiuti trovati nelle spiagge del Mar Mediterraneo sono mozziconi di sigaretta. Solo in Italia ogni anno se ne producono 72 miliardi per un totale di circa 22 mila tonnellate di rifiuto. Certi numeri danno la misura del problema.
Dai dati al brevetto: come ci siete arrivati?
Abbiamo messo su un piccolo team composto da un gruppo di amici che studiavano all’Università di Modena. A noi si è unito Simone Vivacqua, laureato in Economia e marketing, e Mario Villano, ingegnere meccanico. Incuriositi, ci siamo messi a cercare nelle banche dati dell’università se ci fossero studi esistenti per il riciclo dei mozziconi di sigaretta, selezionando quelli con le performance migliori. Abbiamo coinvolto un chimico industriale, Alessandro Brusa, e il professore Paolo Pozzi con i quali abbiamo perfezionato il processo testandolo nel mio garage.
Abbiamo messo a punto dei macchinari in grado di risolvere il problema principale, cioè la separazione della carta dal filtro. Andando nel dettaglio, con il nostro processo la cenere diventa compost, il passaggio su un rullo magnetico toglie la lamina d’acciaio inox che c’è nei filtri di sigaretta, riciclandola. Separiamo i diversi componenti e passiamo il filtro in una cella di lavaggio dove viene depurato con un solvente organico che viene distillato e riutilizzato. I residui tossici vengono gestiti come rifiuto pericoloso smaltito da un’azienda terza. Alla fine rimane un materiale simile al cotone, l’acetato di cellulosa, che noi usiamo, appunto, come imbottitura.
Nel frattempo sarete usciti dal garage…
Grazie al percorso di accelerazione Hubble promosso da Nana Bianca e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze abbiamo attrezzato un capannone con i nostri macchinari che al momento lavorano su piccola scala. Grazie al loro investimento e a quello di due investitori privati, abbiamo anche ottenuto l’autorizzazione da Arpae. Ora stiamo lavorando a un secondo round di finanziamento che ci consentirà di industrializzare il processo consentendoci di espanderci su tutto il territorio nazionale.
Siete approdati al programma Ecosister Accelerator. Che aspettative avete?
In questo momento siamo concentrati sull’attività di validazione tecnica e sulle performance dell’impianto e del processo anche da un punto di vista chimico. Ci interessa di sicuro un supporto per preparare e strutturare la raccolta di capitali ma non solo. Vorremmo approfittare della rete delle università e dei laboratori di ricerca per avere un supporto sul piano scientifico. Abbiamo già partecipato a programmi di questo tipo e ne siamo sempre usciti arricchiti anche dal confronto con altri startupper, da mentor e da professionisti del settore.
Come si vede Human Maple tra qualche anno?
Abbiamo una roadmap ben precisa che prevede l’apertura di quattro nuovi impianti nel 2028. Nel 2040 contiamo però di diventare un vero e proprio polo all’avanguardia per il riciclo dei materiali e per la sostenibilità.
Che consiglio darebbe a chi sogna di fare startup come voi?
È difficile rispondere a questa domanda. Il consiglio che mi sento di dare è quello di essere curiosi perché, per quanto mi riguarda, è stata la curiosità a muovermi verso il mondo che non conoscevo prima. E poi di non ascoltare quelli che dicono che è già stato inventato tutto.
Non è vero. Ci sono ancora tanti problemi da risolvere e, per chi ama l’innovazione, ci sono molte possibilità per fare impresa. L’ecosistema italiano si sta muovendo e sta crescendo quindi io consiglio di provarci e di non precludersi nessuna strada.
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