Che cosa fare per migliorare la competitività delle imprese? Ecco le idee di FdI, PD e Azione per la manifattura italiana

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La manifattura italiana è in crisi e ha bisogno di politiche di supporto che siano mirate ed efficaci per migliorare competitività e competenze. La leva pubblica, attraverso gli incentivi, è fondamentale. Di questo hanno discusso, nel corso della tavola rotonda “La visione della politica sulla manifattura italiana, tra crisi economica, transizione tecnologica e green e cross-skilling del capitale umano”, che si è svolta nella giornata di chiusura della fiera A&T di Torino, Daniela Ruffino, deputata di Azione; Elena Chiorino, Vicepresidente della Regione Piemonte ed esponente di Fratelli d’Italia; Lorenzo Basso, Senatore del PD.

Dalla discussione, moderata dal presidente del Competence Center CIM4.0, al di là dei diversi approcci delle forze politiche, sono emerse tre priorità: promuovere la formazione continua e personalizzata sull’effettivo bisogno degli imprenditori e della forza lavoro; rimuovere gli ostacoli burocratici che impediscono alle imprese di usufruire degli incentivi fiscali per gli investimenti in tecnologie digitali e green; intervenire affinché le risorse del PNRR non finiscano per diventare un’opportunità persa.

Incentivare la transizione digitale e green delle imprese: le proposte di Azione e del PD per riallocare le risorse del PNRR non utilizzate

Dagli interventi è emersa una comunanza di visione sulla necessità di rimuovere i vincoli burocratici che ostacolano la fruizione degli incentivi a supporto degli investimenti delle imprese.

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Daniela Ruffino è tornata sulla proposta di Azione per un nuovo Piano Industria 4.0 con lo spostamento di 2 miliardi di euro dai fondi di Transizione 5.0.

La proposta di Azione, di cui abbiamo parlato nel dettaglio in questo articolo, prevede di rilanciare il Piano Transizione 4.0 trasformandolo in un nuovo “Piano Industria 4.0” con una dotazione di 4,2 miliardi: i 2,2 previsti dalla Legge di Bilancio a cui sommarne 2 dai fondi del PNRR per Transizione 5.0 che rischiano di rimanere inutilizzati.

Grazie a queste risorse, il nuovo Piano Industria 4.0 proposto da Azione prevederebbe l’introduzione di un credito d’imposta con un’aliquota unica al 33%, applicabile senza limiti massimi di investimento, indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa, per acquisto di beni strumentali, attività di ricerca e sviluppo e formazione.

“Ciò ci consentirebbe di rafforzare lo strumento del credito d’imposta, meno attrattivo rispetto al vecchio iperammortamento”, ha spiegato Ruffino, sottolineando la necessità di fornire alle imprese un orizzonte pluriennale per la programmazione degli investimenti.

Sulla necessità di reindirizzare le risorse, snellendo le procedure per accedere agli incentivi, è intervenuto anche Lorenzo Basso, deputato del Partito Democratico e imprenditore.

“Dobbiamo riprendere lo spirito originario del Piano Industria 4.0, quindi misure automatiche e certezza dell’incentivo. Per gli imprenditori il tema non è tanto l’intensità dell’incentivo, ma è avere la sicurezza che quanto si prende un finanziamento quello arrivi, sia certo e non contestabile. Se recupereremo quella logica le imprese parteciperanno ai bandi”, ha commentato.

L’urgenza del momento è però, secondo Basso e Ruffino, non perdere le risorse del PNRR allocate a quei progetti che non saranno portati a termine entro la scadenza del 2026.

“C’è una miriade di progetti che non sta andando a buon fine e questo è un problema che deve essere affrontato subito, attraverso una mappatura che consenta di riallocare le risorse che, già oggi, sappiamo che non saranno utilizzate”, ha aggiunto Basso.

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Risorse che invece lo Stato potrebbe investire in due aree di intervento in grado di promuovere la competitività del Paese. La prima, spiega Basso, riguarda le infrastrutture critiche e necessarie al sistema logistico, che oggi si stanno rilevando insufficienti e adeguate a supportare la competitività del Paese.

“Il nostro sistema infrastrutturale dà prova di non reggere flusso merci e persone nel nostro Paese. Ci sono importanti opere che stanno arrivando al loro fine vita e non possiamo pensare di affrontare questi interventi come normale manutenzione. È quindi necessario rinegoziare con l’Europa per poter utilizzare parte dei fondi del PNRR che andrebbero dispersi in questa direzione”.

Altre risorse del PNRR, spiega Basso, potrebbero invece essere riallocate per il rifinanziamento dei Competence Center, per proseguire nell’obiettivo di “creare un’interfaccia unica per le imprese” per guidarle e accompagnarle nell’accesso alle tecnologie e le competenze necessarie all’innovazione e alle opportunità di finanziamento.

“Punti su cui i Competence Center hanno lavorato in questi anni, anche se con diversi risultati. Importante è capire che non serve un Competence Center per regione, perché questi centri devono rivolgersi alle imprese di tutta Italia”, ha commentato Basso.

Formare le competenze per la transizione: il ruolo chiave di Competence Center e della formazione continua

Proprio i centri di competenza, ricordiamo, sono protagonisti di una delle misure proposte nel “nuovo Piano Industria 4.0” proposto da Azione che li vede in prima linea, insieme ai Digital Innovation Hub, nella certificazione delle competenze acquisite in ambito di formazione 4.0.

Sul ruolo dei Competence Center e dell’ecosistema (nazionale e regionale) del trasferimento tecnologico è intervenuta anche Elena Chiorino di Fratelli d’Italia, che ha rimarcato il ruolo svolto dal Governo per riportare la formazione al centro del dibattito politico, sia a livello nazionale che regionale.

“Fortunatamente nel nostro Paese si è tornato a parlare di formazione, anche se dobbiamo ancora compiere il passo successivo: accendere i riflettori sull’importanza della formazione continua. Un tema su cui, negli scorsi anni, le imprese sono state lasciate da sole. La formazione non deve essere un costo per l’imprenditore”, ha commentato.

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Ma la formazione, precisa l’esponente di Fratelli d’Italia, deve essere erogata “su misura”, rispondendo a quelle che sono le necessità di imprese e lavoratori.

“Esempio virtuoso di come concretizzare questo impegno sono le Accademie di Filiera, che coinvolgono il mondo imprenditoriale, sindacale e degli enti formativi per attuare una formazione precisa e puntuale e su misura che abiliti competitività per l’impresa e il lavoratore”, ha aggiunto.

Un percorso che quindi vuole coinvolgere vari attori dell’ecosistema, seguendo una linea non di contrasto ma di accompagnamento.

“Bisogna superare la logica, ancora troppo presente, del conflitto sociale e del contrasto: c’è capacità competitiva dove ci sono competenze adeguate e ci sono competenze adeguate laddove c’è formazione” ha aggiunto.

La sfida della competitività con Stati Uniti e Cina

Sul tema della competitività, nel confronto con le grandi potenze mondiali, è intervenuto anche Basso, che ha sottolineato la necessità di guardare a Cina e Usa con attenzione e pragmatismo.

“La Cina produce 3,5 milioni di laureati STEM all’anno, quattro volte di più degli Stati Uniti e dell’Unione Europea nel suo insieme, il che implica una competizione numerica difficile da sostenere. Pertanto, dobbiamo fare i conti con i nostri limiti, valorizzando i nostri punti di forza e facendo scelte strategiche, perché non ci sarà possibile competere su tutto”, ha commentato.

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In quest’ottica Basso ha evidenziato due importanti filoni strategici. Il primo riguarda la necessità di trasmettere il know-how delle aziende alle nuove generazioni, promuovendo la contaminazione delle competenze e dei punti di forza che caratterizzano la formazione e il lavoro nel settore pubblico e privato, superando una segregazione che ha ostacolato la crescita in passato.

La seconda linea strategica riguarda la partecipazione attiva ai grandi progetti europei, indispensabile per competere con potenze globali come Cina, Stati Uniti, ma anche con Paesi emergenti come India e Pakistan”.

“In particolare, nel campo dell’intelligenza artificiale, è essenziale che l’Italia non si limiti a progettualità nazionali ma collabori a livello europeo per avere un impatto significativo”, ha aggiunto Basso.

“Per promuovere la competitività delle imprese è necessario anche affrontare il discorso energia. Speriamo che il Governo si decida presto a fare dei passi in avanti sul nucleare”, ha aggiunto Ruffino.

“È indispensabile supportare le PMI con politiche strutturate per affrontare le sfide che la nostra manifattura ha davanti. Dobbiamo rendere le nostre PMI competitive e al tempo stesso dare loro la capacità di aggregazione”, ha concluso Chiarino.




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