di Lorenzo Cremonesi
Il leader prova a tranquillizzare il Paese. Ma ai suoi: non mi rassegnerò a intese deboli
Ciò che temevano i dirigenti del governo ucraino è avvenuto: il maggior alleato negozia direttamente col peggior nemico e Kiev è costretta ad adattarsi. Volodymyr Zelensky da tempo chiedeva a Donald Trump di non avviare negoziati con Vladimir Putin senza prima coordinare una chiara strategia comune. «No alle trattative per l’Ucraina alle spalle dell’Ucraina», continuava a ripetere sin dal giorno della vittoria elettorale del candidato repubblicano. «Ma adesso proprio questo sta facendo Trump: parla personalmente col presidente russo e soltanto dopo notifica quello ucraino; a tutti gli effetti intensifica il canale diretto con il Cremlino, che del resto ben sappiamo già esisteva. Di conseguenza, Zelensky sarà costretto a lavorare sulle difensiva. Ma una cosa resta chiara: non è pronto a cedere per intese deboli destinate a fallire nel prossimo futuro sotto le mire imperiali di Mosca», ci dicono fonti nel palazzo presidenziale ucraino.
La preoccupazione è palese. Ma non è il tempo delle rimostranze. Il presidente ucraino è ormai rodato da questi lunghi, tragici tre anni di conflitto, sin dai primissimi giorni dell’aggressione voluta da Putin, quando sembrava scontata la vittoria russa. E così, dopo avere udite le parole trionfanti di Trump a commento della sua ora e mezza di telefonata con Putin, Zelensky è stato ben contento di annunciare al mondo e al pubblico ucraino di avere avuto a sua volta una «lunga conversazione» col presidente Usa. «Abbiamo parlato delle possibilità di raggiungere la pace, della nostra volontà di lavorare assieme. E abbiamo parlato anche delle nostre capacità tecnologiche nella produzione di nuovi droni», ha detto. Sono parole mirate soprattutto a tranquillizzare il suo Paese prostrato dalla guerra, dalla crisi economica, stanco dei bombardamenti indiscriminati sulle città, della penuria energetica, dello stillicidio quotidiano di soldati uccisi e feriti. Ma anche parole che vorrebbero evitare le scintille della protesta, della rabbia dei reduci e delle famiglie dei caduti, che chiedono comunque a Zelensky di non «svendere» la sovranità ucraina all’ego di Trump e alle ambizioni territoriali dello Zar di Mosca.
Una qualche speranza viene anche dalle conversazioni ieri di Zelensky a Kiev con il Segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent. Il tema è noto: l’amministrazione Trump esige l’accesso privilegiato alle «terre rare» ucraine, molte delle quali si trovano nel Donbass occupato dai russi. «Abbiamo parlato della nostra cooperazione economica e sulla condivisione delle risorse. Trump ha fornito i dettagli dei nostri scambi con Putin», ha detto Zelensky. Vista da Kiev la cosa può essere raccontata come una garanzia dell’impegno americano a difendere la sovranità ucraina.
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Meno bene sono invece accolte le dichiarazioni del Segretario alla Difesa Usa, Peter Hegeseth, il quale esclude che l’Ucraina possa entrare nella Nato e definisce «irrealistiche» le pretese ucraine di recuperare tutti i territori occupati. Però, tutto sommato, sono cose note. Lo stesso Zelensky ormai si dice aperto a «concessioni territoriali» alla Russia in cambio di una pace garantita dagli alleati. È comunque evidente che la situazione è in movimento. «Le prossime tre settimane saranno cruciali», ci dicono dall’ufficio presidenziale a Kiev. Zelensky sarà alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco da venerdì e tra gli altri vedrà il vice presidente Usa J.D. Vance e il Segretario di Stato Marco Rubio. E commenta: «Sono speranzoso, mi attendo risultati positivi». Più avanti dovrebbe andare a Washington, a meno che lo stesso Trump non venga a trovarlo a Kiev di ritorno da Mosca.
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