Ucraina, così l’Europa cerca di uscire dalla morsa di Trump

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – Ansa

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«Non è un tradimento» la decisione di Donald Trump di far iniziare subito i negoziati con Mosca sull’Ucraina, si affretta ad afferma Pete Hegseth arrivando al quartier generale della Nato a Bruxelles. Il segretario alla Difesa Usa ricorda pure che nessun altro Paese ha assunto un impegno più grande per sostenere l’Ucraina di quello degli Stati Uniti d’America, pari a 300 miliardi di dollari.

Ma per l’Unione Europea – dopo una mezza giornata di imbarazzato silenzio dalla notizia della telefonata tra Casa Bianca e Cremlino – il negoziato aperto da Washington con Mosca, scavalcando Kiev e tutte le capitale europee, se non è un “tradimento” è qualcosa di molto simile.

L’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas, dopo aver incontrato il ministro della Difesa di Kiev Rusten Umerov, scrive sui social che gli ucraini «non rinunceranno alla loro libertà e al loro territorio». E l’Europa «continuerà a sostenere l’Ucraina nella sua lotta». Negli stessi minuti è un portavoce della Commissione europea a precisare che tra Ursula von der Leyen e Donald Trump «non c’è stato alcun coordinamento» per quanto riguarda la telefonata a Putin. E poi, arrivando al quartier generale Nato per il primo vertice ministeriale dell’anno, Kallas aggiunge: «Non è una buona tattica negoziale concedere tutto ancora prima che le trattative siano iniziate. L’appeasement non ha mai funzionato».

Unione Europea scavalcata e ignara di tutto, ma «nessun accordo preso alle nostre spalle» sull’Ucraina «funzionerà». Qualsiasi «soluzione rapida sull’Ucraina è un affare sporco» e «non funzionerà. Non fermerà le uccisioni, la guerra continuerà» ha concluso l’Alta rappresentante Ue Kaja Kallas. Ma il punto per l’Ue e i Ventisette è che aver speso, dal 24 febbraio 2022 a oggi, a sostegno dell’Ucraina 134 miliardi di euro, 48,3 miliardi destinati al sostegno militare sembra non portare a nessun riconoscimento politico.

Se infatti il Cremlino ieri ha fatto sapere che Kiev «in un modo o nell’altro» sarà coinvolta nei negoziati tra Mosca, l’Europa «deve parlare con Washington per salvare il proprio posto nei negoziati» sull’Ucraina, affermava il portavoce Dmitrij Peskov.

La telefonata tra Trump e Putin sembra aver già aperto un fossato nelle relazioni atlantiche. Dopo che il leader Usa ha definito non «realistica» una annessione dell’Ucraina alla Nato, a Bruxelles il segretario della Difesa Hegseth è stato più esplicito sui punti di partenza degli Stati Uniti per la negoziazione: l’Ucraina non potrà tornare ai confini pre-2014 (invasione della Crimea), non potrà unirsi alla Nato e qualsiasi forza di mantenimento della pace non sarà coperta dalla clausola di mutua difesa della Nato. Questo significa che gli Stati Uniti non interverranno in caso di uno scontro con le forze di Mosca. «Gli americani sono parte attiva» della Nato, ha aggiunto Hegseth, ma il 5% della spesa per la difesa «è fondamentale». E gli Stati Uniti non possono essere il «garante permanente» della sicurezza per cui l’Occidente si deve «svegliare».

Il segretario generale della Nato Mark Rutte assicura la presenza di una chiara «convergenza» tra gli Usa e gli alleati per una soluzione «duratura» del conflitto. L’impegno per l’adesione futura dell’Ucraina deciso al summit di Washington del 2024, non significa che «i negoziati di pace debbano necessariamente concludersi con l’ingresso nella Nato», affermava il segretario Nato. E in chiusura di vertice precisa che è necessario passare a «una mentalità da tempo di guerra». Per questo gli alleati che spendono meno del 2% del Pil per la difesa devono farlo entro l’estate e «chi è già al 2% deve prepararsi a superarlo, puntando ben oltre il 3%». Tensioni per ora sotto traccia, ma pronte ad esplodere: spaccare la Nato tra Usa ed Europa sul destino dell’Ucraina «sarebbe il regalo più grande che si può fare a Putin», affermava infatti il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto.

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Un confronto che, superata la sorpresa a Bruxelles, riprenderà più aspro oggi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, con l’Ue a reclamare un posto al tavolo per non dover assistere a una parte d’Europa spartita fra le due superpotenze.





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