“Rubavo in casa per scommettere”

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FANO (Pesaro e Urbino)

“Ho iniziato a scommettere a 13 anni, ma durante la pandemia la situazione è esplosa. Al gioco ho associato la cocaina, chiuso in casa. E sono iniziati i danni veri, senza che me ne accorgessi. Spendevo tutto quello che avevo nella carta di credito, ho iniziato a fare furti in casa perché avevo bisogno di soldi. Non era vita. Pensi che puoi uscirne da solo, invece non bisogna avere paura di chiedere aiuto”. Luca (nome di fantasia) ha 32 anni e da sette mesi è uno dei diciotto pazienti della comunità “Nuove dipendenze” di Fano, l’unica residenziale nelle Marche nata nel 2008 per ospitare i ludopatici e gestita dalla cooperativa Polo9. Negli anni ha accolto centinaia di persone e le liste di attesa si allungano sempre più. Luca giocava a calcio nel settore giovanile di una società professionistica. Vitto, alloggio, allenamenti. Paghetta settimanale dalla famiglia. I compagni più grandi si fermano al centro scommesse, lui inizia a fare lo stesso. A soli 13 anni. “All’inizio giocavo per piacere. E vincevo. La vedevo come una fortuna. Il gioco però non porta benefici, solo problemi”, racconta. Ha gli occhi lucidi. Sa cosa ha passato, inizia a essere consapevole dei problemi che aveva e che ora sta affrontando, con un percorso.

Al suo fianco ci sono Alessia Guidi e Carolina Lazzari, rispettivamente responsabile della comunità e referente dei gruppi giochi d’azzardo. Ogni giorno un’équipe multidisciplinare composta da otto persone segue i pazienti come Luca: ci sono educatori, medici, psichiatri e psicoterapeuti. Colazione da routine e poi via ai lavori: pulizie, gestione della casa, lavatrici, cucina. Ma anche attività culturali e ricreative, come arte, pittura, canto e pellegrinaggio.

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“Nel gruppo tutti si alternano nelle varie mansioni”, spiegano Guidi e Lazzari. Ma il momento più difficile è il tempo libero, quello che una volta era speso nel gioco. “Ora come gestisco il vuoto? I pazienti si chiedono questo, non accettano la noia”. Luca comincia a capire come e cosa fare. “Mi sento migliore, mi godo le piccole cose della vita – dice –. Una volta, invece, non mi accorgevo di ciò che facevo, ma fortunatamente la famiglia non mi ha mai abbandonato. Ho una malattia e devo curarla”. Quanto è difficile accorgersi della dipendenza? “Mi vergognavo di dirlo in giro, ma da soli non si va da nessuna parte. Il gioco copre un vuoto, i problemi, ma non deve essere così”. Ora, a 32 anni, con ancora tanta vita davanti, Luca ha soltanto un pensiero. “Si va in comunità perché si vuole stare meglio dopo – aggiuge –. Meglio non stare con gli amici, i conoscenti e i familiari per un periodo limitato, per poi esserci in futuro e godere appieno della vita. Mia mamma non sta benissimo, voglio rivederla. Così come i nipotini che stanno crescendo”.

Quanto è diventato grave il problema del gioco d’azzardo? “Stiamo parlando di una piaga sociale – spiega Guidi –. Noi facciamo il trattamento tramite le segnalazioni dei Sert. Ospitiamo i pazienti da due settimane a diciotto mesi, per poi arrivare al reinserimento sociale anche con un amministratore di sostegno, che gestisce le loro spese. Non dobbiamo più pensare al tossicodipendente di una volta, emarginato dalla società. Spesso ora si tratta di persone integrate, come ingegneri o dipendenti con un ottimo lavoro. Ma la dipendenza entra dove ci sono problemi personali: conflitti familiari, lutti, disturbi della personalità, ansia, depressione”.

La presidente di Polo9, Novella Pesaresi, racconta l’impegno costante nella lotta al gioco d’azzardo patologico nelle province di Fermo, Ancona e Pesaro e Urbino. “Lavoriamo in questo ambito da cinquant’anni e facciamo parte del direttivo Conagga, Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo – dice –. Collaboriamo con il Ddp sia per progetti che per la prevenzione, dalle scuole ai circoli e dalle città ai paesini nelle aree interne. Il problema è presente fin dalle scuole medie. Nella terza età, essendo più vulnerabili, le persone si indebitano e spendono le pensioni anche in poche ore. E ora sul web è più facile cadere nella trappola, ma si crea un circolo vizioso, con una rincorsa alla perdita. Per gli adulti ci sono temi come il riscatto sociale: dopo avere fallito nella vita, le persone pensano di poter avere successo nel gioco, mentre per i giovanissimi è una corsa al soldo facile”.

Nicholas Masetti



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