“Non Solo Piedi Buoni” – L’intervista a Diego Colamarino

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Mi chiamo Diego e sono un centrocampista del Bibbiena under 16. Il giorno più bello della mia vita da calciatore è stato quando arrivò la notizia che l’Arezzo mi voleva: avevo 10 anni e giocavo nel Bibbiena, la squadra vicino a casa mia. Mi ricordo la festa che mi fecero i compagni e l’allenatore del Bibbiena il giorno del mio ultimo allenamento prima di passare all’Arezzo: mi regalarono un nuovo completino da calcio per fare bella figura nello squadrone del capoluogo, e poi facemmo festa in pizzeria; ricordo la felicità del mio babbo quel giorno, che telefonò a tutti i suoi familiari a Napoli per raccontargli di questo mio exploit calcistico sognando insieme a me un futuro da calciatore professionista. Il giorno più brutto della mia vita da calciatore è stato invece tre anni più tardi, quando i dirigenti dell’Arezzo mi dissero che me ne dovevo andare. Mi dissero che ero troppo mingherlino e che non andavo più bene per loro. I miei sogni quel giorno andarono in frantumi: piansi per diversi giorni, ripensando anche a tutti i sacrifici che io e il mio babbo avevamo fatto; babbo tutti i pomeriggi usciva dal suo lavoro come cuoco per accompagnarmi agli allenamenti ad Arezzo, aspettarmi, e poi riportarmi a casa in Casentino e tornare al ristorante a lavorare. In quel benservito che mi dette l’Arezzo tre anni fa toccai con mano lo strapotere sempre crescente della fisicità nel calcio giovanile. Oggi i centrocampisti piccolini non li vogliono più, come se Pirlo, Iniesta e Xavi fossero stati dei campioni di un altro sport anziché del calcio. Un mio amico che ha fatto dei provini per delle squadre di serie A prima di essere scartato e di finire a giocare nel Montevarchi mi ha raccontato che prima ancora che iniziasse l’allenamento di prova in questi tre squadroni gli staff tecnici dei vari provini gli chiedevano di mettersi in mutande e di mostrare la robustezza e la muscolatura. Io su questo strapotere della fisicità sulla tecnica e sull’agilità non sono per niente d’accordo. Ma fatto sta che l’Arezzo mi scartò. Io però non ho buttato via la mia passione per il calcio. Ho scelto, dopo una parentesi in una squadra vicina, di tornare al Bibbiena, la squadra della mia infanzia. E lì ho ritrovato finalmente il piacere e il divertimento di giocare a pallone. Il mio Bibbiena è una società seria ma non ossessionata per i risultati, dove l’obiettivo è vincere ma anche divertirci e stare insieme.      

Questo ritorno nel Bibbiena dopo tanti anni di lontananza sta diventando per me una bella occasione per tornare alle radici e riscoprire il bello del nostro Casentino. Sono fortunato che il Bibbiena abbia aspettato proprio il mio ritorno a casa per iniziare il progetto della Figc che ha gemellato la nostra squadra Allievi B con il Parco delle Foreste Casentinesi. Oggi insieme al mio compagno di squadra Timo sono stato a visitare il paesino di Moggiona, uno dei pochissimi paesini che si trovano dentro il territorio del Parco. Si tratta di un gruppo di case molto antiche, nato mille anni fa, dove ai tempi d’oro abitavano 700 persone, molti dei quali artigiani e fabbricanti di ceste per la vendemmia dell’uva, mentre ora di abitanti ne sono rimasti una settantina, di cui solo due bambini. Anche se molto spopolato, è comunque un paesino ben tenuto e pieno di villeggianti durante l’estate. A raccontarcelo e a farcelo conoscere è stato il professor Danilo, un vecchio insegnante di matematica in pensione che ora abita a fondovalle ma che in questo paesino contornato dai monti e dai boschi ci è nato e ci ha fatto le scuole elementari: “Ai miei tempi, negli anni 50, era una scuola così familiare che per andare in bagno si poteva uscire da scuola e fare un salto velocissimo a casa nel proprio bagno preferito, e poi tornare sui banchi in quattro e quattr’otto”, ci ha raccontato Danilo, spiegandoci anche che nelle stradette del paesino di Moggiona (immerso nel bosco com’è) non di rado passeggiano cervi e anche branchi di lupi. “I lupi sono difficilissimi da vedere dal vivo, perché hanno molta paura dell’uomo, io pur vivendo qui li ho visti da vicino solo due volte – ci ha detto Danilo – in compenso di lupi ne vedo tanti grazie alle telecamere nascoste che gli studiosi del Parco piazzano nei boschi qui intorno”. Il vecchio prof innamorato di Moggiona ci ha fatto vedere dei video spettacolari sui movimenti dei lupi qui intorno al paese. Danilo ci ha raccontato che di cervi e cinghiali uccisi dai lupi ce ne sono diversi, ma ci ha detto anche che i ritmi naturali di riproduzione delle prede fanno sì che la popolazione dei vari animali selvatici rimanga immutata. Abbiamo camminato per due ore in mezzo a un freddo tagliente, ma Danilo sembrava inesauribile: ci ha raccontato anche della seconda guerra mondiale, della strage di civili fatta dai nazisti pure in questo paesino, del passaggio del fronte, dei tanti ordigni e residuati bellici trovati nei boschi negli anni successivi. “Volete sapere qual è il mio sogno?”, ci ha detto Danilo prima di salutarci: “Il mio sogno è che qualcuno dopo di me continui a prendersi cura di questo paesino. E forse questo mio sogno si sta già realizzando, perché da qualche anno è venuto ad abitare qui un ragazzo arrivato dall’isola d’Elba che pur essendo senza lavoro e vivendo veramente con poco si è innamorato di Moggiona e mi sta già aiutando ad accogliere le persone come voi che vogliono ascoltare le storie dei lupi e dei vecchi moggionesi”. Io non penso che diventerò mai né uno studioso di scienze né un abitante irriducibile di Moggiona. Però piano piano sto imparando ad apprezzare il bello di queste foreste intorno a casa nostra, e dei paesi fatati cresciuti sulla montagna tanti secoli fa, e di questi personaggi fuori dal tempo (come il ragazzo arrivato misteriosamente dall’isola d’Elba) che andando controcorrente scelgono di vivere qui per preservare l’unicità del nostro bellissimo “cortile di casa”. Anche noi del Bibbiena al nostro cortile magico del Parco ci teniamo tanto, e speriamo di continuare a fare la nostra parte per renderlo sempre più bello.

A cura di Tommaso Giani

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