La sostenibilità c’è ma non si deve vedere troppo nel piano d’azione per il 2025 presentato ieri, 12 febbraio, dalla Commissione europea. Il programma di lavoro dell’esecutivo Ue, infatti, mette in prima linea – così come già accaduto nei giorni scorsi con la cosiddetta “Bussola della Competitività” – crescita e sburocratizzazione, parlando di “un’Europa più audace, più semplice, più veloce”.
Il programma di lavoro di questo primo anno del suo mandato, recita ancora il documento “riflette la necessità di maggiori opportunità, innovazione e crescita per i nostri cittadini e le nostre imprese, promuovendo in ultima analisi un’UE più sicura e prospera”.
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Il Green Deal resta indietro
L’elenco delle iniziative, riportato in un allegato, lascia nelle retrovie il Green Deal senza però disconoscerlo: è il prezzo da pagare a una maggioranza in Europarlamento e a una composizione della Commissione che tiene dentro forze che sulla decarbonizzazione e sulle norme adottate nella passata legislatura per realizzarla la pensano in maniera diametralmente opposta.
Questo fa sì che Ursula von der Leyen e il programma dei lavori appena varato si muovano su un filo sottile che parla ad esempio del primo pacchetto Omnibus di semplificazioni “nei campi della rendicontazione finanziaria sostenibile, della due diligence sulla sostenibilità e della tassonomia”, in arrivo tra pochi giorni, e poco più avanti ricorda che “al centro del piano collaborativo per la decarbonizzazione e la competitività c’è il Clean Industrial Deal, che aprirà la strada a un obiettivo proposto di riduzione delle emissioni del 90% per il 2040”.
Se dunque l’ambizioso obiettivo intermedio tra la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e il “net zero” al 2050 è ormai fissato, l’aggettivo collaborativo è una significativa concessione a chi ha criticato la Commissione nella passata legislatura per aver “imposto” regole troppo stringenti. “Il Clean Industrial Deal, si legge nell’allegato, aiuterà l’Europa a raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo, migliorando al contempo l’accesso all’energia a prezzi accessibili, creando mercati guida e incrementando la domanda e l’offerta di materiali, prodotti e servizi circolari, oltre a rafforzare la sicurezza economica”.
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La parola chiave della nuova Commissione è “semplificare”
Ma la costante del piano annuale 2025 è semplificare. “Altre iniziative, come l’Industrial Decarbonisation Accelerator Act, semplificheranno la concessione di permessi, le autorizzazioni e i requisiti di rendicontazione” spiega la nota, che poi rassicura le piccole e medie imprese che “una nuova definizione di piccole mid-cap alleggerirà il carico normativo” (“middle-size capitalization” o mid-cap indica le società quotate caratterizzate da media capitalizzazione).
Semplificazioni in vista anche per l’agricoltura, la difesa e altri ambiti, dunque, “per far funzionare meglio e più velocemente le politiche e le leggi dell’UE per rafforzare la competitività”. A garantire una “crescita sostenibile” sarà per l’appunto il Competitiveness Compass, mentre una Vision for Agriculture and Food, l’Ocean Pact e una Strategia europea per la resilienza idrica affronteranno il tema della sicurezza alimentare, della salute dei mari e della sicurezza idrica generati dagli “impatti dei cambiamenti climatici”.
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Una storia diversa da quella raccontata dalla Commissione
“L’UE deve mantenere la rotta” del contrasto della crisi climatica, della biodiversità e dell’inquinamento, auspica in una nota l’European Environmnetal Bureau (EEB). Il segretario generale dell’associazione, Patrik ten Brink, fa notare che nonostante le rassicurazioni di Von der Leyen sul rispetto degli obiettivi del Green Deal, la road map tracciata dalla Commissione “racconta una storia diversa”, perché in realtà “sta riducendo le priorità di obiettivi per i quali è ancora necessario il massimo impegno, in particolare l’ambizione di Inquinamento zero”.
L’EEB teme che il continuo rimando alla necessità di semplificare nasconda in realtà l’intenzione di cedere alle forti spinte che alcuni governi e diverse lobby imprenditoriali stanno esercitando per deregolamentare. Cosa che “non farebbe altro che minare la certezza normativa e la prevedibilità per le imprese, indebolire la competitività a lungo termine guidata dalla sostenibilità ed erodere il benessere e la fiducia dei cittadini” conclude Patrik ten Brink.
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