“Ho avuto un’idea folle. E se tanti esperti impegnati per l’ambiente, per una società più giusta, insomma per uno sviluppo sostenibile, si mettessero insieme per trasformare il Paese nell’ottica delle future generazioni? Ti va di darmi una mano?”
Così Enrico Giovannini, attuale direttore scientifico dell’ASviS, provò a raccontarmi brevemente nel 2015 quello che gli passava per la testa. Sapevo che nell’aria c’era qualcosa di interessante. Sapevo che stavano prendendo forma idee ancora più elaborate. Quello che non sapevo, era che stava per nascere l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che sette anni dopo “l’interesse delle future generazioni” sarebbe entrato nella Costituzione, che sempre più esperti, giuristi, attivisti e giovani avrebbero prestato attenzione al tema e che parallelamente, anche nel resto del mondo, sulla scia dell’Agenda Onu 2030 la questione sarebbe diventata via via più centrale, portando i Paesi delle Nazioni Unite a impegnarsi nel 2024 ufficialmente con una “Dichiarazione per le future generazioni”.
Qualcosa si sta muovendo, il terreno freme in questa nuova direzione sia sul piano nazionale che internazionale. In Italia, il seme che potrà portare i maggiori frutti viene proprio dalla modifica agli articoli 9 e 41 della Costituzione nei suoi principi fondamentali, fortemente voluta dall’ASviS, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 22 febbraio 2022:
Art. 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
Art. 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Sono solo parole scritte su carta? Non proprio. Ce lo testimonia, ad esempio, il “caso Priolo”: a giugno 2024 la Corte costituzionale aveva emesso una storica sentenza, con esplicito riferimento alla modifica costituzionale, per dichiarare illegittimo il decreto Priolo, sancendo che la difesa dell’ambiente e della salute sono valori assoluti anche rispetto all’esigenza dell’attività economica. Di fatto, sono state ribaltate le posizioni rispetto ai casi precedenti, dove veniva anteposto l’interesse delle aziende e dell’occupazione dei dipendenti, come nel caso dell’ex Ilva di Taranto.
Per continuare a dare seguito a questo tipo di segnali positivi, l’ASviS organizza il 21 febbraio un dibattito tra esperte, esperti ed esponenti delle istituzioni, tra cui il presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato e la Ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati, su come tradurre in politiche i nuovi principi costituzionali. All’evento saranno anche presentati il documento ASviS-Ecco Think tank “Il clima in Costituzione” e la campagna di Fondazione Pubblicità Progresso, in collaborazione con l’Alleanza, per sensibilizzare la popolazione italiana sull’importanza storica e sociale della riforma costituzionale.
Attualmente l’opinione pubblica manifesta segnali di sfiducia sulla lungimiranza dell’operato del governo. Secondo i risultati dell’Eurobarometro 2024, solo il 21% degli italiani crede che il governo operi con una visione di lungo periodo, prendendo decisioni valide per i prossimi 20-30 anni, rispetto a una media G20 del 37%. La riforma della Carta rappresenta in questo senso una grande opportunità: come sottolineato da Giuliano Amato nel corso dell’evento ASviS sulla Costituzione dell’anno scorso, il “male dei sistemi politico-istituzionali dei nostri tempi è il presentismo, la visione di corto termine […] I sistemi politici si sono avvitati sulla tutela di interessi presenti. Cosa accadrà domani è poco rilevante ai fini del voto. E questo induce ad avere un orizzonte corto”; con i nuovi articoli, invece, l’orizzonte si allunga e viene data “finalmente all’Italia una posizione di rilievo nell’affermare che terremo conto dell’ambiente come bene comune dell’umanità nelle nostre azioni quotidiane”.
Con l’attuazione dei nuovi principi costituzionali, legislatori e politici si troveranno a dover incorporare il futuro nelle decisioni del presente. Ma da dove partire?
Secondo l’ASviS, innanzitutto, come sottolineato nelle diverse pubblicazioni e in particolare nel Rapporto “Coltivare ora il nostro futuro”, il Parlamento potrebbe approvare rapidamente il disegno di legge sulla valutazione d’impatto intergenerazionale delle nuove normative, ex ante ed ex post, già esistente in Austria e in Germania, mentre il governo potrebbe creare un Istituto di studi sul futuro (qui alcuni esempi in altri Paesi del mondo), o nominare un inviato o un’inviata speciale per le future generazioni come farà l’Onu. In Italia, già nel 2021, l’Associazione Giovani Unesco propose attraverso un manifesto l’adozione di una legge, sulla base del modello del Galles del Well-being of Future Generations Act del 2015, per introdurre la figura del Commissario per le future generazioni. L’obiettivo era quello di aiutare gli enti pubblici a pensare a lungo termine e a prendere decisioni che non compromettessero le possibilità di sviluppo delle generazioni future, coinvolgendo nei processi decisionali anche i giovani. A livello europeo, alla fine del 2024, è stato nominato per la prima volta un Commissario per l’equità intergenerazionale, la cultura, i giovani e lo sport. Si tratta del 35enne maltese Glenn Micallef, che tra i suoi incarichi dovrà preparare una strategia sull’equità intergenerazionale per garantire che gli interessi delle generazioni presenti e future siano rispettati durante l’elaborazione delle politiche e delle leggi, e assicurarsi che le voci delle giovani e dei giovani siano ascoltate nella costruzione del futuro dell’Europa.
Tra i possibili strumenti di recepimento normativo della riforma costituzionale c’è poi la Legge sul clima, di cui gli altri grandi Paesi dell’Unione europea si sono già dotati, che tra le misure sancisca l’obiettivo di neutralità climatica al 2050, fissi un budget di carbonio per i diversi comparti economici, istituisca un Consiglio scientifico indipendente per il clima per assistere i decisori pubblici e definisca un percorso temporale per l’eliminazione dei Sussidi ambientalmente dannosi. Senza un’azione strutturata sul clima, infatti, le generazioni future si ritroveranno costrette ad affrontare le conseguenze ambientali più pesanti e irreversibili.
Non sorprende, sulla base di questa consapevolezza assunta da cittadine e cittadini di tutto il mondo (soprattutto giovani), il numero crescente di casi di climate change litigation, ovvero di contenziosi relativi al cambiamento climatico, nei confronti di enti pubblici così come di imprese. Il database del Sabin center for climate change law contiene attualmente 3.695 cause climatiche, la maggior parte negli Stati Uniti e presentate soprattutto dal 2015, a seguito degli Accordi di Parigi.
In Pakistan, ad esempio, nel 2015 l’Alta Corte di Lahore ha ordinato al governo pakistano di nominare, a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini, una Commissione per il cambiamento climatico prevista da un programma che era stato lasciato cadere, portando effettivamente qualche anno dopo all’istituzione della Commissione. In Olanda nel 2019, con il caso Urgenda, la Corte suprema ha imposto al governo olandese di ridurre le emissioni del 25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2019. Negli Stati Uniti, nel 2020, 16 giovani hanno vinto una causa costituzionale contro lo Stato del Montana – la prima nella storia degli Usa ad aver richiamato la Costituzione -, in cui avevano sostenuto che il sistema energetico basato sui combustibili fossili del Montana stava degradando ed esaurendo le risorse pubbliche tutelate dalla Costituzione, tra cui l’atmosfera, i fiumi e i laghi, i pesci e la fauna selvatica. In Germania, nel 2021, la Corte costituzionale federale ha sancito che la legge tedesca sulla protezione del clima viola i diritti fondamentali dei giovani e delle generazioni future e deve pertanto essere migliorata. In Italia, sempre nel 2021, più di 200 ricorrenti (compreso il climatologo Luca Mercalli) e 24 associazioni tra cui A sud onlus, con la campagna “Giudizio universale”, hanno deciso di citare in giudizio lo Stato italiano per inadempienza climatica. Dopo una sentenza di primo grado giudicata dai promotori “deludente e in controtendenza rispetto ai trend di altri Paesi europei”, i ricorrenti hanno presentato l’appello contro la decisione, allegando agli atti rapporti scientifici, e ora l’azione legale ha davanti altri mesi di attesa per conoscere l’esito. Recentissima, di gennaio 2025, la vittoria delle organizzazioni ambientaliste Uplift e Greenpeace Uk che avevano avviato una causa legale contro il governo del Regno Unito: secondo la Court of Session scozzese, nell’autorizzare i giacimenti di petrolio e gas Rosebank e Jackdaw in Scozia, il governo britannico non ha valutato a dovere il loro impatto sul clima. Infine, si segnalano casi giudiziari più lontani dalla nostra esperienza giuridica, come in Ecuador (caso Los Cedros), dove viene riconosciuta la tutela dei “diritti della natura”, o in Sud America, dove viene riconosciuta alla natura la titolarità di diritti soggettivi (qui un articolo sulla personalità giuridica della natura).
Un Rapporto del Grantham research institute di giugno 2024, come abbiamo raccontato in un articolo su FUTURAnetwork, sottolinea che molte delle cause più recenti a livello globale mirano a responsabilizzare governi e aziende rispetto alle loro azioni climatiche. Lo stesso Ipcc ha certificato l’importanza di questo tipo di azioni giudicandole “capaci di influenzare l’ambizione sul taglio delle emissioni climalteranti”. Il documento del Grantham research institute rileva una tendenza crescente nell’uso di argomenti legati ai diritti umani nelle cause sul clima, così come delle cause di “climate-washing” contro le aziende, di quelle che rispondono al principio “chi inquina paga” e di quelle di “corporate framework”, tese a garantire che le imprese allineino le loro politiche e i processi di governance agli obiettivi climatici. Per il futuro si prevede un aumento delle controversie post-catastrofe e un crescente interesse per l’ecocidio e il diritto penale, date le nuove legislazioni in Belgio e le proposte di direttive Ue sui crimini ambientali.
Insomma, gli interessi ambientali e delle future generazioni stanno animando associazioni e attivisti e scuotendo governi e imprese in ogni parte del globo. Con il Patto sul futuro e la Dichiarazione per le future generazioni, 148 Paesi delle Nazioni Unite, inclusa l’Italia, hanno assunto l’impegno di rafforzare e adattare la cooperazione internazionale (ad esempio riformando il Consiglio di sicurezza dell’Onu) per far fronte non solo alle sfide attuali ma anche future. I due documenti, scaturiti dal Summit sul futuro di settembre 2024, intendono garantire la pace, la sicurezza e il rispetto dei diritti umani, contrastare il cambiamento climatico ed eliminare ogni forma di disuguaglianza, nonché aumentare la partecipazione giovanile nei processi decisionali e mettere al centro a livello internazionale i diritti anche di chi ancora non è nato, ovvero di chi erediterà la terra.
Spetterà ora ai governi attuare questi impegni con azioni concrete. L’Italia non può più prescindere da un forte ripensamento degli attuali strumenti normativi e giuridici, sia per coerenza con gli impegni assunti a livello internazionale, sia nel rispetto dei nuovi principi costituzionali. Anche perché, come sta accadendo già in altri Paesi, giovani, attivisti e organizzazioni della società civile premeranno sempre più affinché vengano prese misure negli interessi delle future generazioni. Sarà dunque necessario modificare le procedure di verifica di costituzionalità delle nuove norme e i processi decisionali del governo per assicurarsi che non vengano formulate nuove leggi che contengano al loro interno norme anticostituzionali, che obbligherebbero la Corte a esprimersi su ricorsi che citano esplicitamente i nuovi principi.
In gioco ci sono non solo la solidarietà intergenerazionale, che va ad affiancare quella intragenerazionale, e la coerenza del nostro Paese con i suoi stessi principi, ma anche la costruzione di un’Europa che, ponendo la tutela delle nuove generazioni e l’impegno per un futuro sostenibile al centro delle proprie azioni, sappia porsi come alternativa al modello di Trump.
Copertina: Unsplash
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