Il mare dove tutti annegano

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Storie di eurodeputati che non brillano: da Chinnici a Razza. Fuori dalla Sicilia la benzina (elettorale) finisce

Se l’Assemblea regionale non riesce a incidere sui destini della Sicilia, figurarsi il parlamento europeo. Eppure, fino a qualche mese fa, era la meta dei sogni. L’eldorado della politica. Oggi, gli onorevoli eletti fra Bruxelles e Strasburgo, hanno fatto perdere le loro tracce. L’UE è il mare più ambito – ricordate che paroloni e quanti soldi in campagna elettorale? – dove (quasi) tutti “annegano” in termini di visibilità. Non ce ne vogliano, ma la distanza fra il cuore dell’Europa e la più marginale delle isole resta abissale. Qualcuno, come l’ex assessore all’Economia Marco Falcone, ne approfitta per mettere a punto la strategia che lo vuole protagonista all’interno del suo partito, Forza Italia; qualcun altro fa la trottola in giro per convegni; altri ancora, come Caterina Chinnici, faticano a dare prova della loro presenza (il loro impegno, ne siamo certi, non è mai mancato).

L’unico a beneficiare in senso opposto del mancato trasferimento a Bruxelles è Edy Tamajo: gliel’aveva detto Totò Cardinale che non si sarebbe trattato di un buon affare. Infatti l’assessore alle Attività produttive, dopo la richiesta di un passo di lato da parte di Tajani, non ha dovuto rimuginarci più di tanto: oggi, dalla sua Mondello, continua a impensierire Schifani sulla strada verso il bis, lottando a denti stretti per tenersi Carmelo Frittitta a capo del suo dipartimento, e provando a riposizionare il suo partito lontano dalle tentazioni sovraniste.

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La Chinnici, che già nel corso delle precedenti legislature aveva trasmesso un certo senso di lontananza rispetto alle questioni sicule, non è mai stata presentissima, tranne che in campagna elettorale. Nei mesi che precedevano le elezioni era salita persino in auto con l’amico Tajani ed era scesa fino a Taormina, per perorare la causa del ‘no’ alla federazione con Cuffaro. C’è riuscita. Anche se l’ex governatore, uscito dalla porta e rientrato dalla finestra, ha garantito il secondo seggio a Forza Italia. Indovinate un po’ chi è stato a beneficiarne?

L’ultimo segnale di Caterina dei misteri – non è ancora stato svelato, non del tutto, il motivo per cui ha abbandonato il Partito Democratico – è di qualche giorno fa a mezzo social: elogiava i passi avanti dell’UE per i progressi fatti in materia di diritti dei minori. Poi ogni tanto appare nei licei, pronuncia la parola legalità, incontra gente e presenta libri. Ma non puoi fargliene una colpa, no: perché a Bruxelles si parla di criptovalute, di blockchain, di relatori ombra. Parole strane, che suonano ancora più incomprensibili se accostate alle emergenze siciliane (le strade, i rifiuti, la siccità). Che forse la Chinnici avrebbe potuto affrontare solo se eletta presidente. Non c’è andata nemmeno vicina, due anni e mezzo fa. Poi è passata in Forza Italia, nella parrocchia di Schifani (che l’aveva sconfitta in maniera sonora).

Falcone, invece, torna spesso nell’Isola con la scusa della ‘politica’. E’ commissario del partito a Catania e ha ripreso a trattare con Schifani. Anche con la sponda di Tommaso Calderone, deputato a Montecitorio. I primi segnali del riavvicinamento col governatore – che mesi addietro gli aveva sfilato la delega alla Programmazione – è la nomina di due persone a lui vicine negli staff del governatore e dell’assessore Dagnino (che peraltro lo aveva rimpiazzato al Bilancio). Qualche giorno fa c’era stato il pranzo a Mondello, per sancire un riavvicinamento dopo mesi di tensione. Ma per il resto, da Bruxelles e Starsburgo, tutto tace. A parte qualche generico lancio d’agenzia, l’Europa non offre grosse occasioni di ribalta. Anche se Falcone è molto apprezzato all’interno del gruppo del PPE (è stato nominato di recente anche nella commissione speciale per le politiche abitative).

Pure Ruggero Razza è andato in Europa per rilanciarsi. Dopo l’esperienza all’assessorato di piazza Ziino, da plenipotenziario della sanità, e un periodo di riposo forzato, l’esponente di Fratelli d’Italia, delfino di Musumeci, ha ottenuto un’ottima affermazione elettorale. Fare la differenza da quelle parti è un po’ faticoso, ma l’europarlamentare ci prova. Disquisendo spesso di sanità. Per la seconda volta ce l’ha fatta Raffaele Stancanelli, che però è passato dal gruppo di Fratelli d’Italia alla Lega. Dai Conservatori ai Patrioti europei. Da Fitto al generale Vannacci. L’ex fondatore di Diventerà Bellissima, che la coalizione aveva individuato come papabile candidato per il dopo-Musumeci, sa fare il proprio mestiere. Non rifugge dallo studio e dall’apprendimento, si batte per una politica agricola più equa e per soluzioni pragmatiche. Solo che l’UE non ne ha mai fornite davvero, a cominciare dalla PAC che “non sempre risponde alle reali esigenze di chi lavora la terra ogni giorno”.

L’impegno lodevole di molti eurodeputati si scontra in maniera quasi automatica coi meccanismi di un parlamento che, da mero organo consultivo, non può molto. In Europa sono finiti anche il patriota Giuseppe Milazzo (seconda legislatura, la prima era iniziata con FI al fianco di Berlusconi), l’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci (paladino della legalità, eletto col Movimento 5 Stelle), il dem Giuseppe Lupo (che ha sempre grande influenza nelle dinamiche interne del Pd siciliano), e, badate bene, l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Eletto con Avs, è il perfetto interprete per il ruolo di parlamentare europeo. Senza troppe prerogative sul piano amministrativo, senza doversi sporcare le mani a tutti i costi, bravissimo a discutere i temi di politica alta. I suoi post, sui social, servono più ad attaccare il governo Meloni che non a illustrare ai suoi elettori l’attività svolta. Anche perché quella è meno interessante rispetto ai giudizi urbi et orbi sui CCR in Albania o sulle operazioni antimafia dei carabinieri. A volte si scambia il ruolo di eurodeputato con quello di commentatore, a volte si va lì per svernare piuttosto che per ‘rappresentare’. Ma non sarebbe il primo né l’ultimo.





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