Il “Salva-Milano” passa tra veti e spaccature: scontro in Consiglio. Il decreto edilizio incagliato in Senato divide destra e sinistra. La Lega si smarca, Pd in tensione
Lo scorso lunedì a Palazzo Marino due consiglieri della Lega, Alessandro Verri e Annarosa Racca, hanno votato contro l’ordine del giorno per “esprimere sostegno” al cosiddetto decreto “Salva-Milano” ancora incagliato in Senato. Nonostante, in Senato, la Lega e il suo capo-ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini siano a favore. Il resto del centrodestra non ha partecipato al voto – molto lontani i tempi delle buone amministrazioni Albertini e Moratti, anche in materia si urbanistica – a ulteriore dimostrazione che a Milano la destra non ha ancora capito la posta in gioco: non la politichetta che evidentemente ha per unico orizzonte (tirare qualche pedata alla giunta Sala), ma il futuro della città. Un futuro che dipende dalla ripresa di un’economia minacciata da tanti fattori, e passa ovviamente molto dalla buona salute del settore edilizio. Se il centrodestra milanese provasse ad ascoltare una parte non trascurabile del suo elettorato tradizionale, nonché la voce dei costruttori e dei player immobiliari, forse sarebbe meno distratto al momento di votare. Con l’opposizione al “Salva-Milano”, così tanto per fare, la destra invece va al traino della sinistra più conservativa, quella contraria a ogni sviluppo di Milano che non sia una improponibile visione di stop all’iniziativa privata e aggravio della mano pubblica e alla quale, alla fine, rischierà di consegnare anche il prossimo sindaco. Tutto questo senza considerare che l’opposizione di una parte della sinistra contro il provvedimento di “interpretazione autentica” del groviglio di leggi sull’edilizia chiesto da quasi un anno da Pd, Azione e centristi contro il dilagare di opinabili inchieste della procura è di natura tutta politica.
Lunedì l’ordine del giorno a sostegno del provvedimento in Senato è passato, ma con fatica, con 22 voti. Perché oltre ai voti del centrodestra, ci sono stati ben cinque volti contrari nella maggioranza: i verdi Carlo Monguzzi, Tommaso Gorini e Francesca Cucchiara, l’ex Lista Sala ora Gruppo misto Enrico Fedrighini e anche il Pd Alessandro Giungi.
Scontro politico, s’è detto: “Sì, nei partiti progressisti ci sono contraddizioni, ha detto la capogruppo del Pd Beatrice Uguccioni, prima firmataria dell’odg. Scontro aggravato dal fatto che, in realtà, le inchieste della procura (“non ci sono fatti corruttivi”, ha ribadito per l’ennesima volta Beppe Sala) mirano a mettere in discussione leggi e anche regolamenti comunali (ma questo non è il ruolo della magistratura, o no?) e sono utilizzate ormai da mesi per uno scontro tutto politico nella sinistra, milanese e nazionale. Che mira a minare, ora e nel futuro, la parte riformista del Pd e i suoi possibili alleati. Basta leggere le parole di chi lunedì ha votato no: “Il vero merito delle inchieste della procura e del dibattito intorno al Salva-Milano è stato quello di portare finalmente sotto la lente della politica e dell’opinione pubblica il problema di una legislazione urbanistica caratterizzata da una stratificazione di norme che ha creato contraddizioni e lasciato spazio alle ambiguità”. Ma il dibattito politico dovrebbe evitare di usare strumentalmente, o farsi guidare, dalle iniziative della magistratura, mentre la sinistra di Milano sembra ormai tornata ai tempi in cui manifestava (insieme alla destra col cappio) con Brosio sotto il Palazzo di giustizia. Sul futuro urbanistico di Milano destra e sinistra dovrebbero fare politica, per cambiare le leggi nel caso, non demagogia giustizialista. Ma a sinistra si sentono solo slogan velleitari, e a destra silenzio.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link