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Udienza generale in Aula Paolo VI: papa Francesco affida la lettura della catechesi a padre Pierluigi Giroli – foto Reuters
Papa Francesco ha affidato nuovamente la lettura del testo della catechesi a un collaboratore. «Con la mia bronchite non posso ancora, spero che la prossima volta potrò», ha detto ai pellegrini che stamani affollavano l’Aula Paolo VI per l’udienza generale del mercoledì. È riuscito a ritrovare la voce alla fine, quando ha voluto rinnovare personalmente l’appello a pregare e a fare penitenza per la pace: «Non siamo nati per uccidere, ma per far crescere i popoli», ha affermato il Pontefice.
Il testo letto da padre Giroli (come mercoledì scorso). «“È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,11). La nascita di Gesù e la visita dei pastori (Lettura: Lc 2,10-12)»: questo il tema della riflessione del Pontefice, che ha proseguito il ciclo di catechesi che si svolgerà lungo l’intero anno giubilare, “Gesù Cristo nostra speranza”. «Adesso – ha detto a braccio all’inizio dell’intervento – mi permetto di chiedere al sacerdote», che «continui perché con la mia bronchite non posso ancora. Spero per la prossima volta possa». E ha affidato il testo a padre Pierluigi Giroli, officiale della Segreteria di Stato. Ieri sera Francesco era intervenuto a sorpresa al Festival di Sanremo con un videomessaggio registrato nel suo appartamento di Casa Santa Marta per chiedere alla musica di essere strumento di pace. Parole condivise prima dell’esibizione della cantante israeliana Noa e della cantante palestinese Mira Awad, invitate a duettare in ebraico, arabo e inglese sulle note di Imagine di John Lennon. Anche mercoledì scorso aveva affidato la lettura della catechesi a padre Giroli. E domenica, in piazza San Pietro per il Giubileo delle Forze Armate, aveva interrotto la lettura dell’omelia affidandola al maestro delle celebrazioni pontificie a causa della bronchite che non gli dà tregua.
«Preghiamo e facciamo penitenza per la pace». Nonostante la difficoltà a parlare, Francesco ha voluto esprimere di persona il suo appello per la pace alla fine dell’udienza. «Penso a tanti Paesi che sono in guerra. Sorelle, fratelli, preghiamo per la pace, facciamo del tutto per la pace, non dimenticatevi che la guerra è una sconfitta sempre. Noi non siamo nati per uccidere ma per far crescere i popoli», ha detto riprendendo la parola. «Che si trovino cammini di pace. Per favore, nella vostra preghiera quotidiana chiedete la pace», ha chiesto, per «la martoriata Ucraina, quanto soffre! Pensate alla Palestina, a Israele, al Myanmar, al Nord Kivu, Sud Sudan, tanti Paesi in guerra. Per favore preghiamo per la pace, facciamo penitenza per la pace».
Dio? Non si manifesta nel clamore. «Il Figlio di Dio non nasce in un palazzo reale, ma nel retro di una casa, nello spazio dove stanno gli animali. Luca ci mostra così che Dio non viene nel mondo con proclami altisonanti, non si manifesta nel clamore, ma inizia il suo viaggio nell’umiltà. E chi sono i primi testimoni di questo avvenimento? Sono alcuni pastori: uomini con poca cultura, maleodoranti a causa del contatto costante con gli animali, vivono ai margini della società. Eppure essi praticano il mestiere con cui Dio stesso si fa conoscere al suo popolo». È un passo della catechesi dedicata alla nascita di Gesù a Betlemme e alla visita dei pastori, offerta stamani in occasione dell’udienza generale del mercoledì.
La bella notizia? Affidata ai più umili e poveri. Dio sceglie i pastori «come destinatari della più bella notizia mai risuonata nella storia: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”», come si legge in Luca 2,10-12. Il luogo dove andare per incontrare il Messia, dunque, «è una mangiatoia. Accade infatti che, dopo tanta attesa, “per il Salvatore del mondo, per Colui in vista del quale tutte le cose sono state create (cfr Col 1,16), non c’è posto”» prosegue la catechesi attingendo a Benedetto XVI e alla sua Infanzia di Gesù. «I pastori apprendono così che in un luogo umilissimo, riservato agli animali, nasce il Messia tanto atteso e nasce per loro, per essere il loro Salvatore, il loro Pastore. Una notizia che apre i loro cuori alla meraviglia, alla lode e all’annuncio gioioso. “A differenza di tanta gente intenta a fare mille altre cose, i pastori diventano i primi testimoni dell’essenziale, cioè della salvezza che viene donata. Sono i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione”», come ricorda la lettera apostolica Admirabile signum.
L’invito a essere capaci di stupore e lode. Come i pastori. «Fratelli e sorelle, chiediamo anche noi la grazia di essere, come i pastori, capaci di stupore e di lode dinanzi a Dio, e capaci di custodire ciò che Lui ci ha affidato: i talenti, i carismi, la nostra vocazione e le persone che ci mette accanto. Chiediamo al Signore – è stato l’invito conclusivo – di saper scorgere nella debolezza la forza straordinaria del Dio Bambino, che viene per rinnovare il mondo e trasformare la nostra vita col suo disegno pieno di speranza per l’umanità intera»
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