«Energia e transizione digitale un piano per rilanciare il Paese»

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«Un tavolo dove il governo, i partiti di maggioranza e opposizione possano concentrarsi sulla crisi economica». Per parlare di investimenti, lavoro e costo dell’energia. L’ha chiesto Carlo Calenda. «Fratelli d’Italia e Forza Italia si sono detti d’accordo, dall’opposizione nessuna risposta». Spiega il leader di Azione: «C’è un’emergenza economica ignorata: siamo a crescita zero, gli investimenti sono completamente fermi, anche le domande di prestito da parte degli imprenditori calano. Eppoi ci sono da fronteggiare la crisi dell’auto, i dazi di Trump e i prezzi dell’energia, che già nel 2024 erano il doppio di quelli francesi e il 70 per cento di quelli spagnoli. Basterebbe parlare con le aziende per saperlo». E invece? «Invece le forze politiche continuano a parlare di giustizia, servizi segreti e Albania e le opposizioni passano da una mozione di sfiducia all’altra. Tutte bocciate e tutte inutili».

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Fatta la premessa, qual è la soluzione?

«Abbiamo chiesto al governo di convocare le opposizioni e affrontare questa crisi assieme. Aspettiamo solo la data. Noi, intanto, abbiamo presentato “un piano di politica industriale“, una serie di proposte da portare avanti assieme, perché le priorità su questo tema non sono né di destra né di sinistra».

In che consiste?

«Si fonda su due pilastri per rilanciare il sistema: la transizione digitale delle imprese e l’energia».

Partiamo dal primo fronte.

« Transizione 5.0, con i suoi 6,3 miliardi di dotazione, non viene utilizzato perché troppo complicato. Allora chiediamo di riallocare tutto su Industria 4.0 per permettere alle imprese di investire in innovazione, dai macchinari ai sistemi di Ia, con lo Stato che finanzia un terzo dell’investimento».

Perché tornare a Industria 4.0?

«Perché il meccanismo ha funzionato e non si capisce perché si sia voluto smantellarlo. Si premiavano, con un credito fiscale, gli imprenditori che investivano senza dover presentare piani e contropiani. Chiediamo alla Ue di spostare i soldi su Industria 4.0, che ha avuto un moltiplicatore di crescita, di generazione di Pil, altissimo: da a 2,5 a 24 volte l’investimento pubblico a seconda della dimensione di impresa».

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Tra i settori indietro sulla transizione c’è l’auto.

«Da tre anni dico, inascoltato, che Stellantis sarebbe entrata in una crisi drammatica. Ho letto gli impegni in Italia presi dall’azienda e c’è una questione fondamentale ancora aperta: i nuovi modelli arriveranno troppo tardi. Non possiamo permetterci anche quest’anno una produzione di 450mila veicoli. Il tutto mentre il gruppo in America, per paura dei dazi di Trump, investe 5 miliardi per riaprire un vecchio stabilimento».

Qui, però, il governo può poco.

«Bisogna chiedere all’azienda di anticipare il lancio dei modelli, potenziando la produzione di motorizzazioni ibride e termiche. E, perché no, anche riportare in Italia alcune vetture a marchio italiano come aveva promesso Elkann. Gliene chiederò conto in Parlamento».

Nel piano il secondo pilastro è l’energia.

«Parto da una considerazione: ci sono aziende delle rinnovabili che fanno utili intorno al 50 per cento che neanche la Ferrari riesce a toccare. E fanno tutti questi soldi perché ci sono stati in passato 220 miliardi di incentivi totali. Ancora oggi noi paghiamo in bolletta 10 miliardi ogni anno».

Quindi?

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«Noi abbiamo sovvenzionato queste imprese che poi alla Borsa elettrica guadagnano ulteriori enormi margini. La soluzione è fissare un prezzo equo per evitare speculazioni fatte sulla pelle di cittadini e imprese. Lo stesso dovrebbe valere per l’energia da idroelettrico, che ha suoi impianti completamente ammortizzati e oggi vende un megawattora a 140 euro producendolo a 15 euro».

È impossibile disaccopiare il prezzo dell’energia.

«Non è detto. Per esempio, si può seguire il modello francese: attraverso il Gse si può portare fuori dalla Borsa questa energia e venderla alle imprese con contratti a lungo termine a un prezzo calmierato, ma comunque in grado di garantire margini ai produttori. Altrimenti le industrie chiuderanno».

E il nucleare?

«Si può – e su questo c’è già un’apertura da parte di Fratelli d’Italia e Forza Italia – far ripartire la macchina in sei mesi. USA e Gran Bretagna stanno pesantemente investendo sul nucleare e anche la Germania riaprirà le centrali dopo le elezioni».

Sul fronte fiscale?

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«Nel piano chiediamo di detassare le imprese degli under 35 e di allargare l’Ires premiale. Ma la nostra battaglia resta sempre quella di detassare tutti i giovani sotto i 25 anni per evitare che scappino all’estero. Costa meno dell’accorpamento delle aliquote».

Il tavolo bipartisan è il preludio a nuovi equilibri parlamentari?

«No, restiamo all’opposizione. Anzi restiamo dove ci hanno collocato gli elettori: al Centro. E qui vorremo lavorare con altre forze per creare uno schieramento liberale che non sia un’appendice né della sinistra né della destra».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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