Curarsi fuori regione costa 5 miliardi

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Cinque miliardi di euro. Eā€™ il valore record toccato nel 2022 dalla mobilitĆ  sanitaria interregionale, superiore del 18,6% a quello del 2021 (4,25 miliardi). Mai si era arrivati a cifre cosƬ alte. I dati forniti dalla Fondazione Gimbe confermano anche il peggioramento dello squilibrio tra Nord e Sud, con un flusso enorme di pazienti che dal Mezzogiorno vanno a curarsi in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che si confermano le Regioni piĆ¹ attrattive. Ā«Questi numeri ā€“ afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe ā€“ certificano che la mobilitĆ  sanitaria non ĆØ piĆ¹ una libera scelta del cittadino, ma una necessitĆ  imposta dalle profonde diseguaglianze nellā€™offerta dei servizi sanitari regionali. Sempre piĆ¹ persone sono costrette a spostarsi per ricevere cure adeguate, con costi economici, psicologici e sociali insostenibiliĀ».
Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto raccolgono da sole il 94,1% del saldo attivo della mobilitĆ  sanitaria, ovvero la differenza tra risorse ricevute per curare pazienti provenienti da altre Regioni e quelle versate per i propri cittadini che si sono spostati altrove. La Lombardia incassa 623 milioni, seguita da Emilia Romagna (525) e Veneto (198).
A pagare il prezzo piĆ¹ alto sono invece nellā€™ordine Campania (-308), Calabria (-304) e Sicilia (-241), che con Abruzzo, Lazio e Puglia rappresentano il 78,8% del saldo passivo. Ā«Il divario tra Nord e Sud non ĆØ piĆ¹ solo una criticitĆ , ma una frattura strutturale del Servizio Sanitario Nazionale ā€“ avverte Cartabellotta ā€“ che rischia di aggravarsi con la recente approvazione della legge sullā€™autonomia differenziata. Una riforma che, senza adeguati correttivi, finirĆ  per cristallizzare e legittimare le diseguaglianze, trasformando il diritto alla tutela della salute in un privilegio legato al Cap di residenzaĀ».
Lombardia meta top – I pazienti vanno a curarsi soprattutto in Lombardia (22,8%), Emilia-Romagna (17,1%) e Veneto (10,7%), seguite da Lazio (8,6%), Piemonte (6,1%) e Toscana (6,0%). Al contrario, a generare i maggiori debiti per cure ricevute dai propri residenti in altre Regioni, sono Lazio (11,8%), Campania (9,6%) e Lombardia (8,9%), che da sole rappresentano quasi un terzo della mobilitĆ  passiva, con un esborso superiore ai 400 milioni di euro ciascuna. Seguono Puglia, Calabria e Sicilia, che nel 2022 hanno visto il proprio saldo negativo aggravarsi ulteriormente, superando i 300 milioni di euro rispetto al 2021.
Ā«Tra Nord e Sud non cā€™ĆØ piĆ¹ solo un divario, ma unā€™enorme frattura strutturale ā€“ prosegue Cartabellotta -. Le uniche Regioni con un saldo positivo superiore a 100 milioni di euro si trovano tutte al Nord, mentre quelle con un saldo negativo maggiore di 100 milioni sono concentrate nel Mezzogiorno, con lā€™unica eccezione del Lazio. Peraltro, le nostre analisi dimostrano la stretta correlazione tra adempimenti Lea e saldi di mobilitĆ  sanitariaĀ». Infatti, le prime cinque Regioni per punteggio totale Lea rientrano tra le prime sei per saldo di mobilitĆ , mentre quasi tutte le Regioni con un punteggio totale Lea inferiore alla media nazionale registrano saldi di mobilitĆ  negativi. Ā«Peraltro ā€“ spiega Cartabellotta ā€“ la mobilitĆ  sanitaria rappresenta solo la punta dellā€™iceberg delle diseguaglianze regionali: infatti, considerato che riguarda per oltre due terzi i ricoveri ospedalieri, non rende conto della qualitĆ  dellā€™assistenza territoriale e socio-sanitaria, ambiti in cui il divario Nord-Sud ĆØ ancora piĆ¹ marcatoĀ».
Boom della sanitĆ  privata. Oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche fuori Regione finisce nelle casse della sanitĆ  privata accreditata: ā‚¬ 1.879 milioni (54,4%), contro i ā‚¬ 1.573 milioni (45,6%) destinati alle strutture pubbliche. Ā«La crescita del privato accreditato nella mobilitĆ  sanitaria ā€“ sottolinea Cartabellotta ā€“ ĆØ un indicatore sia dellā€™indebolimento del servizio pubblico, sia dellā€™offerta che della capacitĆ  attrattiva del privato, seppur molto diversa tra le varie RegioniĀ». Infatti, le strutture private assorbono oltre il 60% della mobilitĆ  attiva in Molise (90,6%), Lombardia (71,4%), Puglia (70,7%) e Lazio (62,4%). In altre, invece, il privato ha una capacitĆ  attrattiva inferiore al 20%: Valle Dā€™Aosta (16,9%), Umbria (15,5%), Liguria (11,9%), Provincia autonoma di Bolzano (9,9%) e Basilicata (8,9%).
Un problema sociale – Lo spostamento dei pazienti verso altre Regioni per ricevere cure in regime di ricovero ĆØ una necessitĆ  dettata dallā€™assenza di unā€™offerta sanitaria adeguata. Ā«Per molti cittadini, questo significa affrontare lunghi spostamenti, con disagi pesanti per chi ĆØ malato e costi significativi per le famiglie, sia in termini economici che di tempo e qualitĆ  di vitaĀ». Relativamente alla specialistica ambulatoriale erogata in mobilitĆ , oltre il 93% ĆØ riconducibile a tre categorie: prestazioni terapeutiche (33,9%), diagnostica strumentale (31,6%) e prestazioni di laboratorio (27,9%). Ā«La mobilitĆ  sanitaria, che riflette solo in parte le diseguaglianze regionali, ĆØ un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che evidenzia profonde disparitĆ  nel diritto alla tutela della salute. Rappresenta dunque un segnale di allarme, che impone interventi urgenti – conclude Cartabellotta – Garantire il diritto alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale significa evitare che intere aree del Paese continuino a esportare pazienti e miliardi di euro, mentre altre consolidano i propri poli dā€™eccellenza, spesso rappresentati da strutture private accreditate. In assenza di investimenti mirati e coraggiose riforme, in particolare su Piani di rientro e commissariamenti, la mobilitĆ  sanitaria finirĆ  per penalizzare sempre piĆ¹ i cittadini piĆ¹ fragili. Infine, senza adeguate misure correttive, lā€™autonomia differenziata affosserĆ  definitivamente la sanitĆ  del Mezzogiorno Ā».





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