“Imu e ristrutturazione, ecco quando si può chiedere una riduzione dell’imposta” — idealista/news

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per lavori di ristrutturazione

 


Con la legge di Bilancio 2024 entrano in vigore nuovi obblighi di comunicazione della variazione della rendita catastale di un immobile a seguito di interventi di ristrutturazione suffragati dal Superbonus, ai fini del calcolo dell’Imu. La sentenza 550/2025 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio (Sezione 7), pronunciata contro il Comune di Roma, potrebbe però gettare una luce diversa sulla questione, aprendo nuovi possibili scenari. La sentenza ha infatti stabilito che, a determinate condizioni previste dalla legge, l’Imu vada pagata non sulla base del valore catastale dell’immobile oggetto di ristrutturazione, ma sul solo valore venale del terreno edificabile su cui l’immobile si trova. Ci spiegano nel dettaglio la questione il commercialista Dott. Silverio Di Girolamo e l’Avv. Cristian Fedreghetti, che hanno assistito Roma Trevi Spa contro Roma Capitale.

Imu e ristrutturazioni nella legge di Bilancio 2024

Nell’ultima legge di Bilancio il Governo ha stabilito l’obbligo, per chi ristruttura un immobile, di aggiornare il valore catastale dopo i valori che ne hanno variato lo stato, ai fini del ricalcolo dell’Imu. Una norma che, sebbene in qualche modo vigente già da oltre vent’anni, mira ad una maggiore stabilità delle casse delle amministrazioni ed è stata aggiornata alla luce dei profondi interventi avvenuti con l’ausilio del Superbonus 110, per i quali vengono ora spinti i controlli tributari. La sentenza 550/2025 della CGT del Lazio di cui ci occupiamo qui non è direttamente collegata ai controlli post-Superbonus, ma 

potrebbe in effetti avere dei riflessi sugli obblighi di aggiornamento dei valori catastali e sui conseguenti versamenti dei tributi comunali, 

sia per quegli immobili oggetto di intervento di ristrutturazione conseguente al Superbonus, sia conseguente a qualsiasi altro tipo di situazione e incentivo.

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Rendita catastale e valore venale: norme per il calcolo dell’Imu

Cardine del calcolo dei tributi locali e oggetto di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate post Superbonus ma non solo è il valore della rendita catastale di un immobile, e della sua eventuale variazione dopo un lavoro di ristrutturazione. La Legge di Bilancio 2024 ha previsto in particolare che l’AdE possa verificare che il contribuente abbia correttamente presentato una dichiarazione di variazione catastale quando i lavori di hanno apportato modifiche strutturali o funzionali agli immobili in oggetto. L’articolo 1 al comma 86 stabilisce in particolare il controllo legato agli interventi di ristrutturazione assistiti dal Superbonus 110; si tratta in ogni caso di un miglioramento della rendita catastale legata al modo in cui l’immobile in oggetto è appunto registrato al catasto comunale, e alla sua categoria di appartenenza. 

Il valore venale è invece il calcolo del potenziale prezzo di vendita di quell’immobile calcolato secondo parametri quanto più possibile oggettivi e oggetto di perizia. 

Il contenzioso tra Comune di Roma e Roma Trevi Spa

Nella causa in questione, un immobile sottoposto a intervento di recupero strutturale importante ha versato al Comune di Roma l’Imu conteggiata sulla base del valore venale del solo terreno su cui si trova l’immobile stesso. 

Il motivo per cui non ha versato un’Imu basata sul valore catastale è che gli interventi di ristrutturazione appartengono alle tipologie individuate dall’articolo 3, comma 1, lettere c), d) e f), del D.P.R. 380/2001

che stabilisce appunto per quali interventi di ristrutturazione si possa applicare questo tipo di calcolo dell’imposta.

Ciononostante, il Comune di Roma ha emesso degli avvisi di accertamento sul pagamento dell’Imu, chiedendo che questa fosse invece versata sulla base del valore catastale dell’immobile pre-lavori. Roma Trevi Spa si è opposta a tale richiesta in tribunale, con l’assistenza di Di Girolamo Consulting e Studio Leone Fedreghetti.

Imu e ristrutturazioni, le sentenze contro il Comune di Roma

“Nonostante gli interventi di ristrutturazione dell’immobile in questione ricadessero nella casistica stabilita dalla legge, il Comune di Roma si è appellata contro la sentenza di primo grado, che ha dato ragione al contribuente, affermando che l’ufficio tributi non abbia ricevuto l’apposito modulo con la comunicazione del valore catastale dell’immobile (il modulo Docfa) ai fini del calcolo Imu, e che per questo motivo l’imposta debba essere calcolata sulla base del valore catastale dell’immobile, – spiega il dott. Silverio Di Girolamo, commercialista dello studio che ha seguito Roma Trevi Spa. – Tuttavia la richiesta dell’amministrazione non è stata accolta dalla CGT in quanto le comunicazioni dei lavori di ristrutturazione erano assolutamente note e mai contestate dal Comune, che quindi si è dimostrato perfettamente a conoscenza del fatto che i lavori in questione ricadessero nel caso di legge che permette di pagare un’Imu basato sul calcolo del valore venale del solo terreno edificabile.

Per di più, non esiste nessun obbligo normativo in capo al contribuente che lo vincoli a produrre una Docfa nel momento in cui la tipologia di lavori sia già stata correttamente comunicata, come è il caso. 

Quindi le motivazioni dell’appello si sono rivelate quanto meno deboli, se non fantasiose”.

“La richiesta di Docfa da parte del Comune non aveva ragione di essere in questo caso specifico, – aggiunge l’avvocato Cristian Fedreghetti, – in quanto era perfettamente noto che il fabbricato, un immobile commerciale importante da riconvertire ad uso alberghiero, fosse oggetto di interventi che ricadevano nelle casistiche individuate dal D.P.R.380/2001 art 3 comma 1 lettere c), d) ed f). 

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Si tratta di interventi che, appunto, consentono di chiedere una riduzione dell’Imu da un calcolo basato sul valore catastale dell’immobile a un calcolo basato sul solo terreno edificabile, e in questo caso si trattava di una differenza da diverse centinaia di migliaia di euro. 

Il Comune ha quindi tentato di avanzare una pretesa in questo senso, portando a sostegno delle casistiche in cui il riaccatastamento degli immobili sotto la categoria F (quella degli immobili in fase di riqualificazione) è stata necessaria. Ma si trattava di casi diversi dal nostro, in particolare che chiedevano esenzioni dall’Imu. Nel nostro caso, invece, non è mai stata chiesta una esenzione, ma soltanto una giusta applicazione della legge e un calcolo corretto dell’imposta dovuta. E il Comune non ha potuto richiamare nessuna norma primaria che obbligasse il contribuente alla compilazione della Docfa, ragione per cui la sentenza è stata emessa a suo sfavore”.

Imu e ristrutturazione, perché è importante la sentenza di Roma

“Questa sentenza è importante in primo luogo perché è stato respinto un approccio dell’amministrazione che mette a carico del contribuente oneri non previsti dalla legge, quindi argina pretese tributarie non di diritto, – segnala il dott. Di Girolamo; – e poi perché riconosce che l’ente impositore deve calcolare correttamente i tributi alla luce delle informazioni di cui è a conoscenza, trasferendole in ambito tributario quando la legge lo consente senza ignorarle a fini tributari”.

In altre parole: ci sono casi, come il presente, in cui la differenza tra una modalità di calcolo dell’Imu e l’altra è importante e può avere un certo peso per le casse comunali, ma ciò non deve autorizzare l’amministrazione a interpretare la legge a modo proprio a svantaggio del contribuente, soprattutto quando questo adempie correttamente a tutti gli obblighi previsti dalla normativa.

“La sentenza è interessante sia per il fatto che fa prevalere ragioni di diritto e sostanziali a favore del contribuente, – aggiunge l’avv. Fedreghetti, – sia perché segnala un difetto di comunicazione tra uffici comunali, che può generare appigli per sollevare questioni formali, come quella della Docfa, che possono essere facilmente strumentalizzate. 

Oltretutto è essenziale rifarsi a dei valori quanto più possibile incontestabili quando si parla di parametri per il calcolo delle imposte. 

Non è raro che situazioni ambigue si creino anche in presenza di altri tipi di immobili anche più complessi, come gli opifici, e che il calcolo delle imposte dovute si complichi parecchio a svantaggio del contribuente”.

Possibile riduzione dell’Imu per le ristrutturazioni residenziali

La sentenza contro il Comune di Roma, come si diceva, potrebbe avere riflessi anche in materia di ristrutturazioni residenziali con Superbonus e non solo. Nell’ambito dei controlli avviati dall’Agenzia delle Entrate, ma in generale nello stabilire le imposte dovute durante il periodo dei lavori di recupero edilizio delle unità abitative, soprattutto se si parla di immobili importanti, occorrerà verificare che i lavori in questione non ricadano nella casistica individuata dal D.P.R. 380/2001, il che potrebbe generare notevoli risparmi per i contribuenti. 

“Tuttavia, paradossalmente, – precisa l’avv. Fedreghetti, – in caso di piccole abitazioni che sorgono su ampi terreni potrebbe anche avvenire l’opposto, ovvero che sia il valore venale del terreno edificabile ad essere superiore al valore catastale dell’immobile. Ad ogni modo, dal momento che nel caso di unità abitative tendenzialmente la differenza tra le due modalità di conteggio non crea enormi conseguenze sul gettito tributario, è anche meno probabile che i Comuni contestino la classificazione degli interventi di ristrutturazione. Ad ogni modo, onde evitare brutte sorprese, è sempre meglio munirsi di perizie tecniche di valutazione dei terreni e degli immobili, possibilmente rifacendosi a parametri quanto più possibile incontestabile, ad esempio ai parametri Omi”.

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