Ex Ilva, Emiliano contro il decreto del governo: «Rischioso limitare la valutazione del danno sanitario»

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ROMA – «Limitare troppo, come temo si stia facendo, la valutazione di danno sanitario preventivo addirittura trasformandola in una valutazione di impatto sulla salute (questo è quello che il decreto cerca di fare) non cambierà la sostanza delle cose. Noi parliamo di un sito già inquinato, dove la valutazione degli effetti di inquinamento del passato vanno calcolati insieme a quelli dell’inquinamento che si produrrà in futuro con la riattivazione degli impianti. Ci sarà, infatti, un lungo periodo in cui verranno riattivati impianti con il ciclo integrato a carbon fossile e quindi con le identiche caratteristiche a quelle che hanno determinato le imputazioni». Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, durante l’audizione in commissione Industria al Senato sul decreto legge ex Ilva.

All’interno del Dl 3/2025 è confluito, tramite un emendamento del Governo, anche il decreto sulla revisione dell’Aia: questo secondo testo descrive un procedimento in cui la valutazione di merito in ordine al rischio sanitario è rimessa all’Istituto superiore della sanità. Il Dl, inoltre, ha aumentato da 150 a 400 milioni una precedente misura finanziaria a favore di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, con lo scopo di assicurare la continuità produttiva e occupazionale dell’impianto. 

Sono stati sentiti in audizione anche il sindaco di Taranto, i rappresentanti di Arpa Puglia (Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale), Camera di commercio di Brindisi-Taranto, Isde (Associazione medici per l’ambiente) e l’Ordine dei medici della provincia di Taranto.

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«Cercare di sviare dalla valutazione di danno sanitario preventivo cercando in tutti i modi di riattivare l’attività è pericoloso», ha continuato Emiliano, anche perché «si rischia di compromettere la salute dei cittadini». «Il Senato – ha detto Emiliano durante il suo intervento da remoto – avrebbe diritto di legiferare conoscendo piano industriale». Sulla prossima vendita di AdI, Emiliano ha dichiarato che «la cessione della fabbrica dovrebbe riguardare la cessione dell’intero compendio aziendale». E ha aggiunto: «Sono più da dieci anni che ripeto le stesse cose e mi sento noioso dal ripeterle. Le garanzie sulla salute e sull’occupazione devono essere tutelate da questa norma che state per esaminare».

«Bisogna fare in modo – ha continuato il presidente della Regione – che l’insieme delle risorse previste dal decreto siano utilizzate prioritariamente per soddisfare i nuovi crediti vantati dalle aziende dell’indotto. In mancanza di altre risorse state prelevando risorse dal patrimonio destinato, ma la norma dovrebbe anche prevedere un rimpinguamento del patrimonio destinato derivante dalla confisca Riva altrimenti sarebbe facile impugnare la norma perché viola il principio della destinazione alle finalità di ripristino ambientale».

«Questi prelievi – ha concluso Emiliano – devono anche avere un quadro riepilogativo degli impegni finanziari: il provvedimento deve salvaguardare il processo di decontaminazione del sito, perché temo che i 5 milioni residui rischiano di non essere sufficienti a tutti quegli interventi di bonifica delle aree escluse dagli stabilimenti ex Ilva». 

Quanto alla procedura di vendita dell’ex Ilva di Taranto il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha ribadito «l’assoluta necessità di procedere con la cessione dell’intero complesso aziendale con impegni vincolanti in relazione al processo di decarbonizzazione dell’acciaieria, agli interventi di ripristino ambientale e con garanzie solide per la tutela dei lavoratori dell’acciaieria e dell’indotto. In tal senso è auspicabile la presenza pubblica nella nuova compagine che gestirà l’acciaieria o forme di controllo puntuali degli impegni contrattualmente assunti».

«Siamo preoccupati per la nuova richiesta di cassa integrazione formulata da Acciaierie d’Italia in As, per la quale siamo stati convocati il 18 febbraio per avviare l’esame congiunto sul rinnovo per un anno. Se a luglio 2024 al Ministero del Lavoro fu trovato un accordo su un numero massimo di 4.050 cassintegrati nel gruppo, di cui 3.500 a Taranto, partendo da una richiesta di 5.200, stavolta il siderurgico chiede la cassa per 2.955 dipendenti di Taranto». Lo ha detto il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano nel corso dell’audizione nella nona Commissione del Senato nell’ambito dell’esame del disegno di legge n. 1359 (d-l 3/2025 – Continuità produttiva e occupazionale ex Ilva).

«Nonostante la riduzione del numero di lavoratori coinvolti, siamo preoccupati – ha aggiunto – perché la richiesta di cassa straordinaria dimostra che i livelli produttivi attuali, ma anche quelli attesi nel prossimo futuro, non sono ancora sufficienti a garantire l’equilibrio e la sostenibilità finanziaria. Sotto ai cinque milioni di tonnellate di produzione di acciaio, attualmente la fabbrica ne realizza meno della metà, c’è squilibrio nel rapporto costi-ricavi dell’intero ciclo produttivo».

Alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea, ha detto invece il direttore generale di Arpa Puglia, Vito Bruno, «tutti gli atti e le valutazioni tecnico-scientifiche saranno trasferite all’Istituto superiore di sanità affinché, se questo rimane il testo di legge, l’Istituto superiore di sanità possa fare le sue valutazioni portando a compimento un’istruttoria che tenga conto delle attività di ricerca e valutazione scientifica che in questi anni hanno portato a questo risultato».

Il sindaco Melucci: «Nessuna intenzione di decarbonizzazione, non siamo tranquilli»

«L’assenza di richiami certi ai futuri nuovi assetti tecnologici, cioè alla chiusura definitiva del ciclo integrale del sito di Taranto, non ci lascia tranquilli».
Lo ha detto il sindaco di Taranto Rinaldi Melucci in audizione alla Commissione Industria del Senato sugli ultimi decreti che riguardano la continuità produttiva ed occupazionale dell’ex Ilva e il riesame dell’Aia.

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Melucci afferma che non c’è «traccia formale delle intenzioni e delle azioni verso la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico, l’unico scenario che consente l’utilizzo dei fondi europei e va incontro alle esigenze sanitarie ed ambientali della comunità locale. Apprezzeremmo -aggiunge – che i dicasteri competenti assumessero, qui e ora, una responsabilità precisa, nero su bianco, di che ne sarà del cosiddetto patrimonio destinato dell’azienda».
Ma «se circa il tema della continuità aziendale – osserva il primo cittadino – siamo possibilisti, soprattutto in vista del completamento della gara del Governo per cedere i compendi di Acciaierie d’Italia, è sull’impianto delle nuove proposte Aia che restiamo più scettici e chiediamo al Governo dei correttivi di sostanza, anche per non dare segnali ai potenziali acquirenti che la pressione su salute e ambiente si stia nelle intenzioni generali allentando, alla luce delle esigenze della competitività e della sola sostenibilità economica».

Sul riesame Aia, conclude, «bisogna evitare nuovi errori che riaccendano la contrapposizione sociale ed istituzionale, ecco perché le nostre ordinanze restano valide».



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