Le pratiche di economia circolare nel 2024 hanno generato oltre 16 miliardi di euro di risparmi rispetto ai costi di produzione delle aziende manifatturiere e influenzato positivamente la performance finanziaria delle imprese della Penisola, riducendone il rischio di default. È quanto emerge dal nuovo brief degli analisti di Cassa Depositi e Prestiti (CDP), intitolato Economia circolare: una leva per la competitività delle imprese. Il documento evidenzia come, nel 2024, quasi la metà delle aziende italiane abbia già intrapreso un percorso verso l’economia circolare, con una maggiore concentrazione nel Nord e tra le imprese di grandi dimensioni.
L’Italia si conferma, dunque, leader nell’economia circolare, con una cultura imprenditoriale attenta a prolungare il ciclo di vita dei prodotti, riducendo al minimo la produzione dei rifiuti. Un approccio che si rivela particolarmente cruciale per un Paese fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime (pari al 48% contro la media europea del 22%) e che necessita di ridurre il rischio di interruzione delle catene del valore, per esempio, nel caso di metalli e materie prime critiche.
L’analisi evidenzia come le pratiche di economia circolare hanno generato un risparmio di oltre 16 miliardi di euro per le imprese manifatturiere, ma questo rappresenta solo il 15% del potenziale di risparmio stimato che potrebbe raggiungere 119 miliardi di euro entro il 2030. Tra le azioni più diffuse si trovano il riciclo e l’allungamento del ciclo di vita dei prodotti. Il rapporto CDP sottolinea come il potenziale di crescita sia enorme, soprattutto se le imprese manifatturiere sapranno investire in innovazione, adottando nuove tecnologie, processi produttivi e modelli di business.
Economia circolare: un cambio di paradigma necessario
Sono sempre maggiori le evidenze che dimostrano come il modello economico lineare, basato sul principio “produci, usa e getta”, è diventato insostenibile. In un mondo con risorse limitate e una popolazione in crescita, questo approccio genera infatti un’enorme quantità di rifiuti, inquinamento e spreco di risorse preziose: circa il 90% della perdita globale di biodiversità e della scarsità idrica è riconducibile all’estrazione e la trasformazione di materiali, combustibili e alimenti, che contribuiscono per circa la metà delle emissioni totali di gas serra. Al contrario l’economia circolare, è un modello di produzione e consumo che mira a prolungare il più possibile il valore di materiali e prodotti, riducendo al minimo la produzione di rifiuti, offre un contributo fondamentale sia per una gestione più sostenibile delle risorse, sia per una maggiore resilienza delle catene del valore. Inoltre, aumentare la capacità di riciclo può ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime, soprattutto nel caso di metalli e minerali critici, contribuendo in questo modo a una maggiore sicurezza di approvvigionamento.
Un modello di successo in Europa
L’Italia si posiziona come uno dei paesi più virtuosi in Europa nella transizione verso un’economia circolare: “tale approccio non solo promuove una gestione più sostenibile delle risorse, ma contribuisce anche a rafforzare la resilienza delle catene del valore per un Paese come l’Italia che si posiziona al quinto posto tra i Paesi dell’Unione Europea in termini di dipendenza dalle importazioni (48% contro un valore complessivo UE del 22%). La limitata disponibilità di risorse naturali sul territorio ha spinto il Paese a sviluppare modelli produttivi più efficienti e sostenibili, trasformando una criticità strutturale in un punto di forza” si legge nel documento. Tanto è vero che in dieci anni, dal 2003 al 2023 il tasso di utilizzo di materiali circolari in Italia è cresciuto di 4,8 punti base, il doppio rispetto alla Germania e il quadruplo rispetto alla Francia e alla media dei Paesi dell’UE.
A distinguere l’Italia sono soprattutto tre aree di eccellenza:
- Riciclo dei rifiuti: lo Stivale detiene il primato europeo nel tasso di avvio a riciclo dei rifiuti, sia urbani che speciali, testimoniando un sistema manifatturiero fortemente orientato al recupero dei materiali.
- Produttività delle risorse: l’Italia si colloca al quarto posto nell’UE per la capacità di generare valore economico per unità di consumo di materia, superata solo da Paesi Bassi, Lussemburgo e Irlanda.
- Utilizzo di materiali circolari: nel 2023, l’Italia ha quasi raddoppiato la media UE nell’utilizzo di materiali provenienti da riciclo (20,8% contro 11,8%), superando anche le principali economie europee.
La circolarità come strategia vincente per aziende italiane
Uno degli asset distintivi dell’Italia è la gestione dei rifiuti, che però rappresenta solo una delle dimensioni dell’economia circolare, le cui strategie possono riguardare tutte e tre le fasi del processo di produzione e consumo, ovvero:
- Sviluppo: le aziende possono sviluppare prodotti più duraturi, facilmente riparabili, aggiornabili, rigenerabili o riciclabili, attraverso processi innovativi orientati alla sostenibilità.
- Utilizzo: vengono introdotti modelli di business basati sul concetto di “prodotto come servizio”, che consentono di massimizzare la vita utile e l’intensità di utilizzo dei prodotti, sfruttati da più clienti durante il loro ciclo di vita.
- Post-utilizzo: i prodotti a fine vita vengono trasformati e valorizzati in nuovi beni o input, riducendo i rifiuti attraverso, ad esempio, la logistica inversa, con un impatto positivo anche sui costi di smaltimento. La logica inversa prevede infatti un processo opposto a quello della catena di distribuzione, in cui i consumatori restituiscono i prodotti ricevuti al produttore o al rivenditore attraverso lo stesso percorso della catena di fornitura. L’obiettivo è massimizzare il valore dei prodotti restituiti e ridurre al minimo i costi associati alla loro gestione e trattamento.
Attualmente, sia in Europa che in Italia, le pratiche di economia circolare più consolidate si concentrano sulla fase di post-utilizzo, riflettendo la storica attenzione alla gestione dei rifiuti.
Complessivamente, il 42% delle imprese italiane ha già adottato almeno una misura di economia circolare e un ulteriore 22% intende farlo in futuro. Queste imprese sono maggiormente concentrate in Lombardia, Piemonte e Veneto, evidenziando una maggiore sensibilità al tema nelle regioni del Nord Italia.
Tra le pratiche più diffuse, il riciclo è quella predominante, con un tasso di adozione medio del 60%. Le imprese italiane mostrano una forte propensione a reinserire gli scarti nel proprio ciclo produttivo come materie prime seconde e, quando ciò non è possibile, a creare reti di imprese per il loro riutilizzo in altre aziende. Il settore degli imballaggi si distingue per l’eccellenza nel riciclo, superando la media europea e anticipando gli obiettivi UE per il 2025.
Anche le pratiche legate alla progettazione del prodotto sono ben diffuse, con oltre due imprese su cinque che le adottano. In questo ambito, le piccole e medie imprese, forti della tradizione artigiana italiana, giocano un ruolo importante. Nel settore dell’arredo, ad esempio, si stanno già applicando principi di design circolare.
Vantaggi e prospettive dell’economia circolare per le imprese
Il concetto di circolarità si sta rivelando una leva strategica per la competitività delle imprese italiane, che ne riconoscono i vantaggi economici sempre più evidenti. Come evidenziato dall’agenzia di rating Cerved, le aziende che adottano strategie di economia circolare mostrano un profilo economico-finanziario migliore rispetto alle imprese tradizionali. I benefici si concretizzano in diversi ambiti: il primo riguarda la riduzione dei costi e aumento della competitività: le imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni, rilevano vantaggi concreti in termini di riduzione dei rifiuti generati nei processi produttivi, minore utilizzo di materie prime (spesso sostituite con materiali riciclati) e miglioramento della qualità del prodotto; c’è poi, come anticipato, un risparmio economico significativo, che allo stato attuale potrebbe essere sfruttato di più e mostra dunque ampi margini di crescita; il miglioramento del merito creditizio: le imprese più virtuose mostrano una maggiore generazione di cassa da destinare all’investimento (superiore di 1,5 volte rispetto alle imprese tradizionali), un minore ricorso all’indebitamento (-6%) e maggiori flussi di cassa in rapporto all’indebitamento lordo (+314 punti base). Inoltre, hanno una maggiore capacità di coprire i costi del debito tramite il risultato operativo (+24%) e una minore probabilità di default, indipendentemente dalla dimensione aziendale (differenziale di 80 punti base nel caso delle grandi imprese e di oltre 200 nel caso delle PMI). Infine, le imprese circolari mostrano un elevato potenziale innovativo, poiché l’utilizzo efficiente delle risorse, il trattamento e la trasformazione dei rifiuti richiedono innovazioni di processo e di prodotto.
Più investimenti per accelerare il percorso virtuoso dell’Italia
Negli ultimi cinque anni, a livello globale, sono stati investiti 334 miliardi di dollari nell’economia circolare, attraverso diverse classi di asset, con un aumento esponenziale delle obbligazioni societarie e sovrane emesse a supporto di questa transizione. Un trend incoraggiante che testimonia una crescente consapevolezza dell’importanza di un modello economico sostenibile.
Tuttavia, l’Italia, pur vantando un ottimo punto di partenza in termini di circolarità, si trova in una posizione di svantaggio rispetto ad altri Paesi europei leader. Infatti, risulta essere uno dei paesi con i minori investimenti nei settori chiave dell’economia circolare, come riciclo, riparazione, riutilizzo, noleggio e leasing, superata in negativo solo dalla Spagna. Questa carenza di investimenti, come evidenziato da recenti studi e report (Energy & Strategy Report, Politecnico di Milano, Dicembre 2023; Osservatorio Energy & Strategy, Circular Economy Report 2023, Politecnico di Milano), incide negativamente sulla capacità del paese di migliorare ulteriormente le proprie performance e di cogliere appieno le opportunità offerte dall’economia circolare.
Un’analisi più approfondita rivela che le aziende italiane impegnate nella transizione verso un’economia circolare, per lo più, effettuano investimenti di piccola taglia, inferiori ai 50 mila euro, con tempi di ritorno generalmente brevi. Questa tendenza, se da un lato può essere una risposta pragmatica al difficile contesto economico degli ultimi anni, dall’altro riflette la struttura imprenditoriale italiana, caratterizzata da una prevalenza di piccole e microimprese con una limitata capacità di investimento.
Dal documento di Cassa emerge come la transizione verso un’economia circolare non sia solo una questione ambientale, ma anche un’opportunità strategica per le imprese italiane per migliorare la propria competitività, ridurre i costi di produzione e creare nuovi modelli di business. Per questo motivo, è fondamentale che il sistema paese nel suo complesso, dalle istituzioni finanziarie ai decisori politici, si mobiliti per incentivare e supportare investimenti più consistenti nell’economia circolare.
Tanto è vero che per accelerare questa transizione, CDP sottolinea anche la necessità di un maggiore sostegno pubblico, attraverso programmi di finanziamento per investimenti in macchinari, tecnologie e asset immateriali. Un ruolo chiave spetta anche alla finanza sostenibile, con un maggiore accesso al credito per le PMI grazie all’operatività degli Istituti Nazionali di Promozione. L’economia circolare rappresenta un’opportunità strategica per le imprese italiane, che possono ottenere vantaggi economici, finanziari e ambientali. Per sbloccare il pieno potenziale di questo modello economico, è necessario un impegno congiunto di imprese, istituzioni e cittadini, con investimenti in innovazione e supporto alle PMI.
In conclusione, l’Italia, pur avendo un solido punto di partenza, rischia di perdere terreno nel panorama internazionale dell’economia circolare se non sarà in grado di colmare il gap di investimenti che la separa dai suoi principali competitor europei.
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